Figlio di Dio di Cormac McCarthy edito da Einaudi

Figlio di Dio

Editore:

Einaudi

Collana:
Super ET
Traduttore:
Montanari R.
Data di Pubblicazione:
22 gennaio 2008
EAN:

9788806168957

ISBN:

8806168959

Pagine:
168
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
Acquistabile con o la

Descrizione Figlio di Dio

Lester Ballard, il protagonista di questo romanzo, è uno dei tanti "poveri bianchi" che popolano le catapecchie e i cortili del Sud rurale, le campagne fuori del tempo dove la Storia è scandita dai linciaggi e dalle pubbliche impiccagioni, dove la promiscuità e l'incesto sono la regola, dove la miseria e l'abiezione rendono incongrua, quasi surreale, la sporadica comparsa di un'aula di tribunale o di una stanza di ospedale. Nello spazio di una breve gelida stagione, Ballard, il contadino solitario, amante della caccia e del whisky fatto in casa, si trasforma in un animale da preda: da feticista a stupratore, ad assassino, a necrofilo. Le scorribande sempre piú sanguinose di questo serial killer controcorrente hanno come cornice la natura violenta e il paesaggio incantato delle montagne del Tennessee, e a commentarle è un coro di personaggi che, come sempre, attinge a quel museo degli orrori che è l'immaginazione di uno scrittore peraltro capace di insospettate, improvvise delicatezze.

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Recensioni degli utenti

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4 di 5 su 6 recensioni

EssenzialeDi m. Christian-17 maggio 2012

McCarthy non si smentisce anche in questo libro. Tipici scenari apocalittici, soliti personaggi che ispirano violenza, solita scrittura introspettiva e sublime. Le avventure di Lester Ballard, uomo che vaga senza meta nel deserto, che vive mangiando polvere e nutrendosi di un'efferata crudeltà. L'uomo che si trasforma in belva. La natura che si realizza nella sua più oscura essenza. Le miserie umane portate fino all'inverosimile. In poche parole: lo stile perfetto di McCarthy.

Tema raccapricciante, ma scritto in modo divinoDi F. Walter-9 marzo 2012

E' difficile spingere il lettore ad affezionarsi a un maniaco, feticista, addirittura necrofilo, ma questo romanzo straordinario ci riesce. Lester Ballard è un personaggio per cui è impossibile provare anche la minima empatia, all'inizio del romanzo è un pericoloso squilibrato con tendenze asociali; poi diviene un eremita dalle abitudini inqualificabili, omicida a sangue freddo; infine una creatura primeva ed amorale, una sorta di insetto che striscia in gallerie buie ed allagate, in cui semina macabri cimeli. C'è tutta la negatività possibile in questo libro. La perversione umana, la devastante ed inarrestabile forza di una natura descritta da McCarthy con la solita magnificenza, i più bassi istinti animaleschi ed una montante pazzia che porta, gradino dopo gradino, ad un sempre più rivoltante ed allucinato inferno terrestre. Se possibile, un McCarthy ancora più crudo del solito.

Figlio di DioDi v. Federico-4 agosto 2011

Con Maccarthy continua il mio crudele rapporto di amore-odio. Ma lì, tra praterie, case fatiscenti, forre e dirupi, lì ti ci porta, alla grande. E tra elementi ignoti come quelli della frase che riporto. Non so se sia più bravo Cormac a trovare peromischi o il traduttore a citare le macchie di stramonio. Ma che diavolo sono? Un brano da Spoon River, senza la "pietas" di Lee Masters. Qui c'è solo desolazione e ricerca di arrivare all'oggi, che tanto il domani non è previsto. Non ci sono buoni, non ci sono personaggi cattivamente positivi. Solo il dolore. Il freddo. L'angoscia di un sesso non vissuto. La follia (follia?) di Ballard, anche lui figlio di Dio, ma per quale motivo vive su questa terra? Per ammazzare cani? Per ammazzare umani? Per arrivare a quel domani che non c'è? Rubare orologi per venderli per comprare whisky per ubriacarsi per cercare qualcuno a cui rubare l'orologio. Siamo sull'altro versante dell'inutile quotidianità. Anche qui senza speranza. Ma con tanta casualità. Si muore per un'ora d'amore.

Figlio di DioDi C. Luigi-1 novembre 2010

Uno dei primi pensieri durante la lettura è stato: che spasso! La prima parte è divertente e narrata in maniera interessante. Sembra che un tizio si stia facendo una chiaccherata con te seduto al bar, rispondendo alle tue domande con quello che sa a riguardo di alcune storie. Dalla seconda parte il copione cambia. Prende corpo una crudezza difficile da metabolizzare. I giri di parole non esistono, Cormac ti dice quello che non avresti pensato neanche potesse essere mai scritto. Lester Ballard è caratterizzato in maniera eccelsa. Molte sensazioni ha suscitato in me questo libro. Ho provato anche pena per lo stile di vita di Lester. Preferisco non aggiungere altro.

I mostri del sonno della ragioneDi s. gianfranco-14 luglio 2010

Da quando nel 1981 Thomas Harris ha pubblicato Red Dragon, celebrando la figura del serial killer degustatore di carne umana, raffinato intellettuale e dotato di astuzia diabolica, schermi e scaffali rigurgitano di cloni del dottor Annibal Lecter, come se l’immaginario collettivo non aspettasse che questo archetipo. Quanto poi risponda a verità è un’altra faccenda. Nei fatti, i deviati mentali che provano gusto a uccidere in genere sono disgraziati favoriti dalle circostanze e dalla sprovvedutezza degli inquirenti. O almeno questo era il caso, sinché non si sono create strutture preposte alle indagini sui crimini seriali. Resta che, per qualche ragione, la figura dell’assassino colto, astuto e feroce affascina. Dev’essere per questo che Il figlio di Dio (Child of God), malgrado le lodi della critica, alla sua uscita nel 1973, vendette poco. In Italia poi, è arrivato solo nel 2000. Perché il sozzo e animalesco Lester Ballard, le cui infami gesta il libro descrive, è esattamente l’opposto del forbito antieroe di Harris. Anni ’60 a Sevier County, Tennessee. Il giovane Ballard, figlio di genitori spariti chissà dove viene sfrattato dalla catapecchia tra i boschi in cui vive miseramente. Ciò innesca una catena di eventi che lo porteranno, quasi per caso, a commettere ogni tipo di efferatezza (omicidi, necrofilia, pedofilia). Ma ci vorrà del tempo prima che uno sceriffo riesca a mettergli le mani addosso. Pare che McCarthy si sia ispirato a un non precisato personaggio realmente esistito. In ogni caso, luoghi e individui sono descritti accuratamente. Il loro unico retaggio culturale è il Ku Klux Klan. La gente vive in una situazione preindustriale, cacciando e trafficando whisky distillato illegalmente. Le case sono circondate dall’immondizia. L’incesto è nell’aria che si respira. Come in altri suoi romanzi, l’autore ci dice che da una simile degradazione non possono che scaturire mostri. E quando uccidono e infieriscono, come Ballard, è più per un concatenarsi di circostanze che per volontà di far male. Del resto, Ballard resta un figlio di Dio, come tutti - ed è un’accezione ironica, per significare che chiunque potrebbe diventare come lui. Romanzo aspro, dunque, che non risparmia situazioni sgradevoli. Ma al solito, impreziosito dalla scrittura potente di McCarthy. Resta un dubbio: sono troppi i romanzi e i film che descrivono certa provincia americana come l’anticamera dell’inferno, da non far sorgere il dubbio che non ci sia – o non ci sia stato – qualcosa di vero.

La mala erba non muore maiDi f. livio-7 luglio 2010

Prendete il più abietto degli esseri umani, mettetegli in mano un fucile a pallettoni, e dotatelo di un inestinguibile istinto di sopravvivenza. Allo stesso tempo cercate di guardare al suo interno, alla disperazione che strazia quotidianamente il suo spirito perverso, ai suoi tentativi di dare un senso a ciò che lo circonda. Fate tutto questo ed ancora non sarete neanche lontanamente riusciti ad equiparare il risultato ottenuto da McCarthy con “Figlio di dio”. Un’epopea circolare in cui vittime e carnefici si (con)fondono raccontata con uno stile tanto scorrevole quanto disincantato.