Signatura rerum. Sul metodo di Giorgio Agamben edito da Bollati Boringhieri
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Signatura rerum. Sul metodo

Collana:
Temi
Edizione:
4
Data di Pubblicazione:
3 aprile 2008
EAN:

9788833918587

ISBN:

8833918580

Pagine:
128
Formato:
brossura
Argomenti:
Filosofia: metafisica e ontologia, Filosofia: epistemologia e teoria della conoscenza
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Descrizione Signatura rerum. Sul metodo

«Il nono libro del trattato di Paracelso Sulla natura delle cose s'intitola De signatura rerum naturalium (Sulla segnatura delle cose naturali). L'idea che che tutte le cose portino un segno che manifesta e rivela le loro qualità invisibili è il nucleo originale dell'episteme paracelsiana. [...]In questo senso, se - come scrive Paracelso - "tutte le cose, erbe, semi, pietre, radici dischiudono nelle loro qualità, forme e figure ciò che è in esse", se "vengono tutte conosciute attraverso il loro signatum", allora "la signatura è la scienza attraverso cui tutto ciò che è nascosto viene trovato e senza quest'arte non si può fare nulla di profondo". Questa scienza è tuttavia, come ogni sapere, una conseguenza del peccato, perché Adamo nell'Eden era assolutamente "non-segnato" e tale sarebbe rimasto se non fosse "caduto nella natura", che non "lascia nulla non-segnato"». Così inizia questo libro di Agamben dedicato ai problemi del metodo e diviso in tre parti, corrispondenti ad altrettante riflessioni su tre aspetti specifici: a) il concetto di paradigma; b) la teoria delle segnature; c) la relazione fra storia e archeologia. Spunto per queste considerazioni è l'indagine sul metodo di uno studioso come Michel Foucault, sul quale Agamben dichiara di aver avuto occasione, negli ultimi anni, di apprendere molto. Così, accanto alla riflessione sul pensiero di Paracelso, il volume costituisce anche una nuova lettura del grande filosofo francese e della sua archeologia del sapere.

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4 di 5 su 1 recensione

Signatura rerumDi c. Giovanni-9 ottobre 2010

Libro composto da tre saggi: "Che cos'è un paradigma?", "Teoria delle segnature" e "Archeologia filosofica", che tuttavia sono giustapposti di proposito, non solo a causa dei richiami e delle corrispondenze che vi può rinvenire il lettore, ma perché sono anche attraversati tutti dalla costante attenzione verso punti di passaggio o di snodo del pensiero costituiti dai concetti già presentati nei titoli. Il paradigma, forma conoscitiva analogica che, in qualità di exemplum, muove dalla singolarità alla singolarità, permetterebbe così una forma di conscenza ulteriore rispetto all'induzione e alla deduzione; anzi, "Solo nella prospettiva del metodo paradigmatico" soggiunge l'autore "il circolo ermeneutico che definisce il procedimento conoscitivo delle scienze umane acquista il suo senso proprio" (p. 28), come del resto egli testimonia con un'affascinante serie di citazioni da Foucault a Warburg a Heidegger. Alla nozione di segnatura Agamben si appressa con un procedimento storico e argomentativo a moto spiraliforme, a lui tanto congeniale; tra i segni e le cose stanno le segnature: sono le segnature che fanno parlare i segni e li connettono al mondo, altrimenti non comunicante, degli oggetti; e lo studioso attravera con leggerezza qualli che considera possibile campi applicativi del suo ritrovato, da certe aporie foucaultiane alla linguistica, dall'ontologia alla storiografia. La storia torna con evidenza ad imporsi all'attenzione di Agamben nel terzo saggio, che non a caso dunque parte dalla Seconda Inattuale di Nietzsche: anche in esso, peraltro, e con maggior chiarezza, fin dal titolo, il punto di riferimento è il pensiero foucaultiano. Benché sia riduttivo configurare i tre saggi come una semplice rimeditazione della filosofia di Michel Foucault o il mero tentativo di sciogliere taluni nodi aporetici che in essa possano ravvisarsi, è innegabile che, di là dalla ricchezza di riferimenti evocati dallo studioso italiano, proprio il richiamo a Foucault resti quello più continuo e costante. Come suole accadere in Agamben, le conquiste concettuali avvengono più per lampi, accostamenti e suggestioni, ma sono declinate sia sul piano teoretico, sia su quello storico (per esempio con l'esegesi di testi filosofici) sia con l'applicazione ad aree in apparenza non connesse direttamente col discorso affrontato, come le questioni iconologiche evocate da Aby Warburg. L'opera, cioè, al pari dei concetti che scevera, si pone in una zona di confine, che dunque, lungi dal dover coinvolgere il solo filosofo, si vuole porre come feconda d'interessi anche per lo studioso di letteratura e di scienze umane.