Mai tardi. Diario di un alpino in Russia di Nuto Revelli edito da Einaudi

Mai tardi. Diario di un alpino in Russia

Editore:

Einaudi

Data di Pubblicazione:
2 giugno 2020
EAN:

9788806246662

ISBN:

8806246666

Pagine:
224
Formato:
brossura
Argomenti:
Storia del 20. Secolo dal 1900 al 2000, Seconda Guerra Mondiale
Acquistabile con la

Descrizione Mai tardi. Diario di un alpino in Russia

Di questo libro Alessandro Galante Garrone ha scritto: "Non è solo e non è tanto uno spietato e rovente atto di accusa contro le cricche degli alti papaveri politici e militari, la criminale imprevidenza e impreparazione, le vergogne dei profittatori nelle retrovie, la prepotenza disumana e sprezzante dell'alleato tedesco. E' prima di tutto la tragedia dei "poveri cristi" gettati allo sbaraglio, beffati, traditi e che pure, nello sfacelo immane di un esercito e poi di uno Stato riscoprono in sé le ragioni profonde della dignità del vivere."

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4 di 5 su 2 recensioni

Cronaca di giorni terribiliDi M. Renzo-22 aprile 2023

Nuto Revelli, uscito dallAccademia Militare di Modena con il grado di sottotenente, assegnato alla fanteria nel corpo degli Alpini, nel 1942 partì volontario per il fronte russo con la Seconda Divisione Alpina Tridentina, inquadrato nel battaglione Tirano del 5 reggimento alpini. Già sulla tradotta per raggiungere i campi di battaglia cominciò a dubitare delle tronfie parole e delle promesse del fascismo, scoprì quanto il nostro alleato tedesco ci disprezzasse, ebbe modo di vedere la triste sorte degli ebrei. Di questi giorni di viaggio, della permanenza in prima linea e della lunga tragica ritirata conservò un diario pressoché giornaliero, scritto con calligrafia minutissima onde risparmiare spazio. A differenza del Sergente nella neve di Mario Rigoni Stern che racconta dello stesso periodo di tempo e dei medesimi luoghi ed eventi, ma in forma di romanzo, pur conservando i fatti nellesatto accadimento, il diario è naturalmente più succinto, ma anche più immediato, con i periodi snocciolati a raffica che mostrano latroce realtà delle cose, senza lasciare spazio a interpretazioni e a riflessioni, solo ciò di cui Revelli fu testimone, una cronaca tesa, asciutta che riesce a rendere con grande efficacia la tragedia di quei giorni. Proprio per questo, appunto perché è una cronaca dei fatti, è di grande impatto sul lettore che vive le continue delusioni per la disorganizzazione del nostro esercito, per le ruberie pressoché istituzionalizzate, per lincapacità di molti dei comandanti, per la retorica che prevale pressoché sempre sulla logica. Ne esce un quadro aspro, dolente, monta nel lettore la stessa rabbia che doveva aver provato Revelli, unita alla delusione per essersi accorto di aver sempre vissuto prima nella menzogna imposta da un regime in disfacimento. Soprattutto la ritirata nella neve, con un freddo polare, fa diventare i superstiti, il cui numero si assottiglia sempre di più, dei dannati che si aggirano in un girone dantesco, in una bolgia in cui le colonne degli sbandati si ostacolano a vicenda e dove resiste ormai in pochi lumana pietà. E un si salvi chi può in una marcia che lascia dietro di sé veicoli incidentati, armi e zaini, corpi e anche morenti, a cui non è possibile prestare il minimo soccorso. In questo quadro è inevitabile che non si creda più al fascismo, lo si consideri colpevole dello sfacelo, si comincino a odiare i profittatori che sono presenti anche in quei tragici giorni, monti un odio implacabile nei confronti dei tedeschi, che considerano i nostri soldati semplicemente dei servi, nei cui confronti usare a piacimento tante prepotenze. Nuto Revelli riuscirà a uscire dalla sacca in cui lui e gli altri erano accerchiati, tornerà in Italia e già nel 1946, a guerra finita e dopo unesperienza di grande Partigianato, prenderà di nuovo in mano questo diario e lo farà pubblicare con il titolo Mai tardi Diario di un alpino in Russia, perché tutti, soprattutto quelli che non cerano, non solo potessero, ma dovessero sapere. Da leggere.

Mai tardiDi b. alfio-3 novembre 2010

Documento straordinario sulla campagna di Russia nella seconda guerra mondiale. Il racconto della ritirata è struggente perché si capisce l’umanità dell’ufficiale coscienzioso che soffre per ciascuno dei suoi compagni che lascia sul terreno, per ciascun ragazzo sotto la sua responsabilità che non tornerà mai più a casa. E su tutto la frase “Ricordare e raccontare”, ripetuta ossessivamente fra gli ufficiali e fra la truppa. Ricordare e raccontare chi aveva mandato tanti ragazzi a soffrire e a farsi macellare per il proprio tornaconto politico, chi aveva speculato sulla guerra, rubando e guadagnando a spese di chi moriva al fronte.