Civiltà e Religioni

Il culto di Homónoia (=Concordia) è testimoniato a partire dal IV sec. a.C., come riflesso dell’importanza che l’ideale di pacificazione tra fazioni e tra póleis assunse nel dibattito politico a partire dalle ultime fasi della Guerra del Peloponneso. Questo aspetto è stato ampiamente studiato, ma per risalire alle origini del termine homónoia, che affianca e aggiorna il più antico homophrosýne, intendiamo esplorare un aspetto finora poco considerato, ovvero la connotazione psicologica di questo concetto. Diversi elementi suggeriscono che il termine homónoia sia un neologismo creato nell’ambiente dei sofisti per indicare lo stato di perfetta concordanza tra la componente noetica e volitiva dell’individuo, uno stato di perfetta concordanza che dalla sfera individuale poteva estendersi e applicarsi a qualsiasi sfera relazionale.

Scopo del contributo è analizzare il rapporto tra narrazione mitica e finalità d’uso espresso da una classe di gemme magiche, raffiguranti una Fenice radiata, cui fanno da corona una schiera di animali dalle prerogative solari. In esse il racconto mitico dell’Uccello radiato trova una nuova dimensione narrativa: se da un lato la sua valenza rigenerativa sembra dilatarsi in una prospettiva cosmica e universale, dall’altro essa si canalizza in una dimensione specificatamente pratica, legata al potere salutare del decano Chnoubis. Il tutto si compie nell’officina creativa del mago, abile nel coniugare le narrazioni mitiche e le richieste di un cliente, desideroso di ottenere protezione e cure.

Gli scritti dello sayh Abu ‘Abd ar-Rahman al-Sulami (325/932-412/1021) sono una delle fonti principali sulle dottrine e le pratiche spirituali del Sufismo dei primi secoli. L’epoca di Sulami segue quella dei maestri del terzo secolo dell’ègira: Gunayd di Bagdad, al-Muhasibi, Bayazid Bistami. Egli nacque a Nisapur da una famiglia di origini arabe e trascorse gran parte della sua vita a vagare per il mondo islamico per ricercare la scienza tra i sapienti più conosciuti. Vengono attribuite allo sayh un centinaio di opere, tra queste le sue celebri Tabaqat as-Sufyya, le “Categorie dei Sufi”, una delle prime raccolte di biografie di maestri sufi; quindi, il suo commento coranico chiamato Haqa ’iq al-Tafsir, le “Realtà interiori dell’esegesi” e la Risala al-Malamatiyya, “L’epistola della Gente del Biasimo”. In quest’opera Sulami descrive le pratiche e i principi di quel gruppo di asceti che a Nisapur diedero vita ad una corrente spirituale dalle caratteristiche molto particolari, che seguitò a emergere in varie circostanze ed in luoghi e tempi diversi. I Malamatiyya, o Malamati, erano così chiamati a causa della disciplina ferrea che li conduceva spesso ad attirare il biasimo della gente comune, appositamente per umiliare la propria anima inferiore, ispirati dal versetto coranico: «Iddio susciterà uomini che Egli amerà come essi Lo ameranno, umili con i credenti, fieri con i miscredenti, impavidi di fronte ad ogni biasimo» (Corano v:54).

The devotion to Michael the Archangel emerged in the Eastern area of the Roman Empire in the first centuries C.E. In the 5th century, the Michaelic cult “migrated” to the Western shores of the Mediterranean. One of its first settlements was a cave-sanctuary located on the promontory of Gargano in Apulia, Italy (800 m above the sea level), perceived as a “Holy Mountain” by the inhabitants, at least since the Roman age, if not even before. In the High Middle Ages, the cave-sanctuary of St. Michael became the destination of an extraordinary phenomenon of pilgrimage, strongly supported by the Longobards. The pilgrims flowing to Gargano experienced a religious and cultural connection not only with the supernatural agent(s), but also with the natural and manmade environment of this spatial context.
The aim of this contribution is to assess some of the religious phenomena which took place on mount Gargano and, more specifically, to discuss the connections of this peculiar landscape with St. Michael the Archangel.

The twelfth-century theological debates which developed into Latin Europe were deeply connected with the Mediterranean cultural and religious framework. Beside the contact with Islam, it was the confrontation with the Greek-speaking world that influenced the Latin Church’s development of the discussion on several crucial issues, such as the Trinity and the two natures of Christ. The dialogues between Greek and Latin Church were the framework of the activity of Burgundio da Pisa and Ugo Eteriano. Both these figures, originating from Pisa, played a crucial role in the transfer of theological and philosophical texts from Greek into Latin, but they were also directly involved in the history of the doctrinal confrontation between the Churches of Rome and Constantinople. The essay deals with these aspects, suggesting the need to replace Burgundio’s and Ugo’s intellectual engagement in the broader framework of the interreligious connections of the twelfth-century Mediterranean area.