L’evoluzione della funzione della pena di Rosanna Trisolini

L’evoluzione della funzione della pena

Tipologia:

Tesi di Laurea di secondo livello / magistrale

Anno accademico:

2016/2017

Relatore:
Fabio Foglia manzillo
Corso:

Giurisprudenza

Cattedra:

diritto penale

Lingua:
Italiano
Pagine:
110
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
3.38 Mb

Descrizione L’evoluzione della funzione della pena

Il lavoro svolto si pone l’obiettivo di analizzare come il concetto di “funzione della pena” sia cambiato nel corso del tempo. Il concetto di pena, primo capitolo, vuole analizzare le principali teorie della pena: retributiva e preventiva. Per avere una situazione chiara e completa sono partita da molto lontano. Sino alla seconda metà del 1700 le prigioni non erano difatti concepite come istituzioni totali, finalizzate alla pacifica e fruttuosa convivenza di tutte le componenti del mondo carcerario e al recupero sociale dei detenuti, ma erano considerate come meri strumenti di afflizione e contenimento dei reclusi. L'origine delle moderne istituzioni penitenziarie risale, infatti, all'epoca dell'illuminismo, quando, abbandonate, le pene corporali e ridotto il ricorso alla pena capitale, il carcere comincia a divenire lo strumento principale per colpire i trasgressori della legge penale. Solo intorno agli inizi dell'800 la pena privativa della libertà, o pena carceraria, diventò “la pena". La stesura di questo capitolo è stata affrontata come excursus storico fino a giungere al 1929 dove durante i lavori della commissione internazionale penale e penitenziaria venne ufficialmente riconosciuta l’esistenza di un diritto penitenziario. il secondo capitolo quadro normativo, affronta l’evoluzione della funzione della pena dal punto di vista normativo. Alla base vi è la costituzione che direttamente e indirettamente regola la materia penitenziaria. Tra i principi fondamentali troviamo l’inviolabilità dei diritti dell’uomo, e che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, questo articolo, posso affermare che è stato alla base del presente lavoro. Nello stesso capitolo vi è il riferimento alle fonti sovranazionali e alle leggi ordinarie che regolano la materia penitenziaria. Il terzo capitolo il trattamento penitenziario è la parte più rilevante del lavoro di tesi. Con l'approvazione dell'art. 27 della costituzione si afferma il principio che le sanzioni dello stato devono essere rieducative, e quindi tutto il complesso regime di soggezione speciale del condannato trova ragione e fondamento giuridico unicamente nella necessità di rieducarlo per il suo reinserimento nella società. Da questo assunto nasce il trattamento penitenziario. Tra gli elementi del trattamento ho analizzato l’istruzione, le attività culturali e ricreative, il lavoro, la religione, i contatti con la famiglia, i colloqui e la corrispondenza epistolare e infine il diritto alla salute. Nel paragrafo riguardante le attività lavorative ho voluto riportare alcune realtà concrete a cui diversi detenuti degli istituti penitenziari della lombardia partecipano. il quarto capitolo misure alternative come prospettiva di rieducazione rappresenta la parte moderna della nostra legislazione penitenziaria dal ’75 in poi, la condanna non è più fissa e immutabile, stabilita dal giudice della cognizione, ma può essere rimodulata dal tribunale di sorveglianza in ragione dei progressi che il soggetto ha compiuto all’interno dell’istituto nel percorso riabilitativo e di altri requisiti stabiliti dalle norme. Tra le misure alternative analizzate mi sono soffermata sull’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare, la sospensione condizionale della pena, la liberazione anticipata. Anche se non rientra ancora tra le misure alternative vere e proprie ho voluto anche trattare l’argomento della giustizia riparativa che fornisce nuove modalità di intervento applicabili allo schema socio-riabilitativo, che a sua volta tende ad una rivalutazione della vittima del reato nell’interno dell’esecuzione penale. con il quinto capitolo società senza sbarre ho preso spunto da quanto detto nell’ultima commissione degli stati generai dell’esecuzione penale. Il tono per alcuni tratti è molto forte e diretto. Il titolo non è casuale, è molto sentito. Spesso le sbarre non sono nel carcere ma fuori, infatti tra i propositi vi è quello di cambiare l’opinione della gente comune che ha del carcere e di tutto quello ciò che vi ruota attorno. Una frase che mi ha molto colpito durante il lavoro è stata “la conoscenza avvicina sempre le persone e allontana le paure”, nulla di più vero tutti abbiamo paura dell’ignoto. Questa paura la vedo sui volti della gente quando dico che sono un agente di polizia penitenziaria e subito dopo comincia l’interrogatorio con domande assurde a volte dettate dalla non conoscenza o dai luoghi comuni. La commissione degli stati generali dell’esecuzione penale ha lanciato alcune idee affinché la società possa aprirsi alla realtà penitenziaria o viceversa, dipende da quale angolazione vogliamo guardare la questione.

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