Carcere, educazione e immigrazione: i diritti dei detenuti di maria casamassima

Carcere, educazione e immigrazione: i diritti dei detenuti

Tipologia:

Tesi di Laurea di primo livello

Anno accademico:

2008/2009

Relatore:
Massimiliano Fiorucci
Correlatore:
Donatello Santarone
Corso:

Scienze dell'Educazione

Cattedra:

Metodologia dell'educazione interculturale

Lingua:
Italiano
Pagine:
374
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
5.41 Mb

Descrizione Carcere, educazione e immigrazione: i diritti dei detenuti

La situazione delle carceri in Italia è piuttosto preoccupante, non soltanto per il noto problema del sovraffollamento ma anche, e soprattutto, per la non curanza delle norme atte alla salvaguardia della dignità umana. Nella nostra Costituzione all'articolo 27 comma 3 è chiaro che le pene non possono essere contrarie al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Nell'ordinamento penitenziario del luglio 1975 viene fatta chiarezza su ciò che si intende per "tendere alla rieducazione”. Ulteriori aggiustamenti volti a migliorare la vita dei detenuti conducono all'o.p. del 2000, dove viene confermata la necessità dell'individualizzazione del trattamento, ovvero ogni intervento è tenuto a essere elaborato e programmato dopo un'attenta valutazione della personalità del detenuto. Tutto ciò si scontra con una realtà che, relegando gran parte dei problemi sociali al carcere, finisce nel caos più totale che troppo spesso produce mostri. Il trattamento rieducativo è molto lontano dall'essere considerato la regola all'interno degli istituti italiani. La scarsa apertura delle istituzioni penitenziarie e delle singole direzioni al proprio ambiente, nonché la ridotta presenza sul territorio di associazioni sensibili al tema della reclusione e la mancanza di infrastrutture sono tra i principali fattori che limitano l'organizzazione e la realizzazione di attività culturali e ricreative in carcere. Se consideriamo, poi, che per la settima volta l'Italia è sotto la lente del Consiglio Europeo per la prevenzione della tortura (costituitosi nel 1987) e che, nonostante i vari casi di pestaggi in carcere e abusi di potere dimostrati, il mese scorso è stato bocciato in Parlamento l'emendamento che avrebbe introdotto il reato di tortura in Italia (che da 22 anni l'ONU obbliga a introdurre tra i reati penali); il senso d'umanità sembrerebbe non essere proprio di casa. Pensiamo, ad esempio, a quello che nel Duemila è accaduto nel carcere di S.Sebstiano a Sassari: in seguito a una rivolta da parte dei detenuti rimasti senza viveri per qualche giorno, più di 80 agenti di squadre speciali hanno avuto nei confronti dei detenuti atteggiamenti a dir poco crudeli incitati dall'ispettore Ettore Tomassi: parliamo di secchiate d'acqua gelida, facce sbattute contro i muri, detenuti fatti denudare e trascinati per i capelli, celle e immagini sacre distrutte. Un centinaio in tutto quelli che hanno subito maltrattamenti, dei quali quaranta trovati con pesanti segni di violenza sul corpo. Tutto confermato negli atti che la Procura della Repubblica di Sassari ha depositato a conclusione dell'inchiesta giudiziaria. Ma non finisce qui: ci sono i pestaggi avvenuti a Biella nella famosa cella liscia. Inchiesta che si è conclusa nel 2002 (due anni dopo dalle accuse) con 57 indagati, tra medici e guardie carcerarie. Dopo i pestaggi i detenuti venivano portati in infermeria accompagnati da gruppi di sette agenti che dovevano controllare che il detenuto dichiarasse di essere caduto; e poi, ancora, il caso della cella x a Bolzano, dove i detenuti venivano picchiati senza apparente motivo e rinchiusi in questa cella nudi e senza riscaldamento. L'associazione Antigone dichiara che solo nel 2005 sarebbero 300 i casi di detenuti morti nelle carceri italiane; di questi, 60 sono i suicidi. Inoltre, l'associazione ricorda una serie di eventi critici, tra cui quello del carcere di S.Vittore, a milano, dove un imputato extracomunitario di religione islamica aveva denunciato di essere stato costretto a pregare per gli agenti, insultare Allah, il Corano e l'Islam. Ad Avezzano nel 2004 un detenuto marocchino venne trovato impiccato nella cella. Il magistrato inquirente escluse l'ipotesi di suicidio e ipotizzò la morte per pestaggio. Casi simili negli istituti di Caltanissetta, Firenze, Forlì, Roma e Napoli. Per Patrizio Gonnella, gli abusi iniziano già al momento dell'arresto con insulti e maltrattamenti. A Ferrara il 25 settembre 2006 un diciottenne moriva per soffocamento. Testimoni fanno riferimento a violenze subite da una pattuglia della polizia durante l'arresto. Uno dei casi più eclatanti che troviamo in un articolo del Manifesto, di Giacomo Russo Spena, del 24 marzo 2008 è quello di Marcello Lonzi, il quale nel 2003 venne trovato morto, all'età di 29 anni, coperto di sangue e con il volto tumefatto. Secondo l'autopsia la morte sarebbe avvenuta a seguito di arresto cardiaco, quindi per cause naturali. In realtà, sul giovane c'erano segni di vere e proprie vergate, striature viola sulla pelle gonfia e rialzata, ecchimosi, che potevano essere state fatte solo con un manganello. Il caso risulta archiviato. Viene ricordato anche il caso di un internato dell'ospedale psichiatrico di Aversa, al quale all'età di diciassette anni era stata diagnosticata una schizofrenia paranoidea, trovato impiccato il 4 febbraio 2008. Gli episodi di semplici maltrattamenti sono ancor più numerosi. Le vittime prescelte, gli immigrati.

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