Fotografia 2.0. Flickr.com: l'intelligenza visiva collettiva

23 giugno 2009, dopo 74 anni di servizio, Kodak ha deciso di pensionare la sua più storica pellicola a colori invertibile: la Kodachrome. Sin dal 1935 si era imposta come la pellicola prediletta dai fotografi professionisti e dal mondo del cinema, grazie alla magnifica resa dei colori e una grana quasi impercettibile. Ha contribuito alla sua scomparsa il particolare trattamento di sviluppo, che poteva essere effettuato solo da Kodak stessa; la pellicola, una volta impressa, doveva essere spedita ai laboratori specializzati e potevano volerci 20-30 giorni (in Italia, 2-3 negli Stati Uniti), prima di ricevere lo sviluppo. Inoltre, la Kodachrome rappresenta ora meno dell'1% del fatturato del gruppo. Non siamo ancora giunti alla totale scomparsa della fotografia analogica in favore della tecnologia digitale, anzi per una pellicola che se ne va, Kodak ne introduce nel mercato tre dedicate alla fotografia in bianco e nero. La riflessione di Steve McCurry dimostra una certa frustrazione di fronte al nuovo mezzo espressivo; frustrazione legittima se si pensa che questo fotografo ha legato indissolubilmente la sua opera alla pellicola. La sua più famosa immagine, Afghan Girl, è stata scattata proprio con la Kodachrome. Il saggio affronta nella sua prima parte il passaggio di testimone tra la fotografia analogica e digitale, mettendo a nudo due realtà che non sono così distanti tra loro quanto si può credere. Vedremo che i due sistemi sono concettualmente identici e condividono un cuore analogo ma non ci soffermeremo solo alle differenze tecniche, perché il vero cambiamento è sociale. La seconda riflessione cui ci conduce questo saggio è la capacità di condivisione possibile grazie alla digitalizzazione dell'immagine. Ci troveremo probabilmente discordi dall'idea di McCurry, che interpreta negativamente il rapporto tra fotografia e web: «La gente ha fretta di veder riprodotta l'immagine appena scattata, la vuole scaricare sul computer, la vuole spedire via internet a un amico». Internet permette una condivisione dell'immagine senza confini temporali e spaziali e permette a chiunque di contribuire a un immenso archivio collettivo della storia fotografica dell'umanità. Archivio non più solo a disposizione di una ristretta cerchia di persone ma disponibile all'intera collettività. La seconda parte del saggio è dedicata alla più importante comunità on-line di fotografia: Flickr. Un esperimento prima di tutto sociologico, che ha rivoluzionato il concetto di immagine sociale, di album e archivio fotografico. Flickr è la consacrazione della fotografia user-generated, generata cioè dall'utente stesso, ed esempio di quella rivoluzione chiamata Web 2.0 che positivamente o negativamente sta cambiando i media tradizionali. Dedicheremo un ultimo sguardo a Flickr The Commons, un interessante spazio dedicato agli archivi pubblici e privati del mondo, che possono avvalersi di una straordinaria memoria storica collaborativa, per catalogare e descrivere milioni di immagini. La digitalizzazione dell'immagine ha incredibilmente aumentato il nostro uso quotidiano della fotografia, basti pensare alle fotocamere incluse nei telefoni cellulari; ciò, però, non è bilanciato da un'attenzione teorica altrettanto capillare. Il saggio si pone l'obiettivo di colmare questo gap lasciato da un'esigua produzione letteraria sull'argomento. Non è un testo tecnico che illustra come adoperare o perfezionare l'uso di alcuni dispositivi ma una riflessione sulla fotografia nell'era del Web 2.0. Il titolo "Fotografia 2.0” è provocatorio se si legge secondo una logica informatica, perché si dovrebbe pensare a un miglioramento del sistema rispetto al precedente o, meglio, a una nuova release che risolve i problemi e migliora la release precedente.