Il suono e le forme nella poesia di Ungaretti. Un'analisi delle figure foniche di Davide Dal Maso

Il suono e le forme nella poesia di Ungaretti. Un'analisi delle figure foniche

Tipologia:

Tesi vecchio ordinamento

Anno accademico:

2000/2001

Relatore:
Tina Matarrese
Corso:

Lettere moderne

Cattedra:

Storia della lingua italiana

Lingua:
Italiano
Pagine:
114
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
1.47 Mb

Descrizione Il suono e le forme nella poesia di Ungaretti. Un'analisi delle figure foniche

Com’è noto, i profondi cambiamenti socio-culturali che intervennero tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento determinarono un forte movimento di messa in discussione dei valori civili e culturali della tradizione precedente. Tale critica investì ogni ambito artistico-culturale d’ogni parte d’Europa. In campo letterario si tradusse nel sostanziale rifiuto delle tematiche e degli stili ottocenteschi e nella progressiva frantumazione degli istituti tradizionali. La “realtà in crisi” divenne, quindi, anche “crisi di linguaggio”. La poesia, in particolare, visse un periodo di forte disagio espressivo (abbandono del linguaggio aulico, graduale sfaldamento delle forme metriche classiche, dissoluzione della convenzionale struttura logico-sintattica del discorso, desemantizzazione del messaggio poetico) e fu il progressivo superamento di questa crisi che portò alla definizione del linguaggio poetico novecentesco. In Italia un primo, decisivo passo avanti verso la ricostruzione di un linguaggio autenticamente poetico, che fosse allo stesso tempo “nuovo”, adeguato all’epoca moderna, fu compiuto, in primo luogo, grazie a Ungaretti. Per la sua ricerca Ungaretti scelse d’intraprendere una strada razionale, lucida, basata sulla τέχνη, sul raffinato e difficile “mestiere” di poeta, sulla retorica. In questa ricerca, che implicò, dunque, anche la riscoperta e la rimotivazione dalle radici dei procedimenti retorici, a mio avviso giocarono un ruolo importantissimo le figure che investono il costituente base del discorso poetico, la sostanza dell’espressione, il suono. Ungaretti, infatti, come del resto molta poesia del Novecento, nella quale si osserva una «generale tendenza a rafforzare l’impasto sonoro del linguaggio poetico», impiega numerose figure foniche (allitterazione, assonanza, disseminazione fonica, per citare le più evidenti) che arricchiscono di significati la parola, la «arretrano di millenni» verso l’originale «purezza» cercata e contribuiscono a strutturare con forza (razionale) l’atto di conoscenza (irrazionale) che è la poesia. Dell’importanza del lato fonico della sua poesia ci informa l’autore stesso in più punti (per fare un solo esempio: «mi sembrava […] che la parola avesse qualche relazione con l’udito; mi sembrava che il ritmo fisico, danza, passo […] e il ritmo dell’anima [… ] cercassero, per i poeti, nelle parole, cioè in oggetti sonori, il loro ordine») e lo testimoniano benissimo le pubbliche letture che egli teneva spesso, leggendo con enfasi, scandendo, sillabando quasi i suoi testi e dando massimo rilievo alla singola parola, al singolo fonema, al silenzio stesso. Se poi, come abbiamo visto, la poesia ungarettiana vuole comunicare più di quanto le (logore) parole riescano a dire, è facile intuire che la struttura del testo, la forma, divenga portatrice di un messaggio ulteriore, di un «discorso alternativo» che il poeta veicola grazie anche al suono delle parole, alla “musica” della lingua, in cui tale senso aggiuntivo può trovare il suo «ordine». Quanto e in che modo abbiano contribuito a strutturare il discorso poetico e come abbiano influito sull’efficacia espressiva dell’opera ungarettiana anche le «preoccupazioni d’indole musicale» è l’oggetto di questa tesi.

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