Sviluppo, occupazione e competitività in aree svantaggiate: un confronto fra Italia e Germania  di Silvestro Santoro

Sviluppo, occupazione e competitività in aree svantaggiate: un confronto fra Italia e Germania

Tipologia:

Tesi di dottorato

Anno accademico:

2009/2010

Lingua:
Italiano
Pagine:
245
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
1.88 Mb

Descrizione Sviluppo, occupazione e competitività in aree svantaggiate: un confronto fra Italia e Germania

La tesi analizza, in chiave comparata, i problemi economici e occupazionali a carattere regionale che caratterizzano due dei maggiori Paesi europei, Italia e Germania, e le politiche di riequilibrio e di sostegno e promozione dell'occupazione messe in campo per affrontarli. Gli squilibri regionali di questi due Paesi presentano sufficienti elementi in comune da giustificare uno studio comparato. Interessante materia di comparazione è, inoltre, la recente evoluzione delle rispettive discipline nazionali del lavoro verso una maggiore flessibilità, così come la loro influenza sulla struttura e le dinamiche del mercato del lavoro nelle due aree in ritardo relativo di sviluppo. Il lavoro prende l'avvio da una riflessione sulle teorie della modernizzazione elaborate in ambito socio-economico a partire dagli anni '50 con riferimento alle condizioni di arretratezza dei cosiddetti Paesi del Terzo Mondo, per poi concentrarsi sul caso del Mezzogiorno d'Italia, paradigmatico nell'analisi delle condizioni di arretratezza relativa ad aree deboli all'interno di Paesi avanzati. La tesi passa in rassegna gli approcci teorici del vecchio e del nuovo meridionalismo, cogliendone le interrelazioni sia con le trasformazioni socioeconomiche del Mezzogiorno sia con le diverse fasi delle politiche di intervento straordinario. La svolta degli anni Novanta apre una nuova fase sia nel dibattito che nelle politiche. La stessa ricchezza analitica della letteratura meridionalista e la disponibilità di una mole cospicua di ricerche sul campo finiscono per problematizzare l'oggetto stesso della questione, generando insofferenza per le categorie analitiche utilizzate per leggere il ritardo del Mezzogiorno. Le osservazioni critiche mettono in discussione l'oggetto di analisi, vale a dire il Mezzogiorno come polo di un dualismo storico irrisolto, mentre sul fronte delle politiche il paradigma dello sviluppo locale si pone come alternativa strategica al modello di sviluppo dall'alto incentrato su logiche verticistiche, sia di organizzazione dell'economia che delle politiche pubbliche, che aveva dominato i decenni precedenti. In chiave comparativa, non mancando di porre in risalto le specificità storiche del caso, lo studio evidenzia come nel caso tedesco siano rinvenibili analogie rispetto al caso italiano nell'evoluzione del quadro teorico e degli interventi governativi ad esso ispirato. Ifatti, analogamente a quanto accaduto nel caso italiano, nell'intento di risolvere il problema del divario est-ovest, si passa da una fase, per così dire, attendista, in cui la semplice riunificazione politica e istituzionale si ritiene una condizione sufficiente a stimolare lo sviluppo delle aree deboli, a politiche più direttamente indirizzate a favorirne lo sviluppo. Nel caso specifico, si tratta di politiche miranti a favorire la transizione da un'economia socialista pianificata a una capitalista di libero mercato. Politiche concretizzatesi in ingenti trasferimenti pubblici a est a sostengo sia dei redditi che degli investimenti. Fatto questo che da un confronto con il caso italiano ha finito per alimentare lo spettro per la Germania Est di divenire un'economia sostanzialmente dipendente dall'esterno, di essere affetta, come è stato detto, dalla "sindrome del Mezzogiorno”. Nella sua seconda parte, lo studio analizza se e in che misura le politiche di sviluppo siano risultate idonee a far fronte alle problematiche occupazionali tipiche delle aree in ritardo relativo di sviluppo. La ricerca focalizza, poi, la sua attenzione sulle difficoltà oggi riscontrate nell'elaborare politiche di intervento capaci di coniugare l'obiettivo di una maggiore crescita economica con quello di maggiori livelli occupazionali. L'esperienza degli ultimi decenni, nella fase definita dagli economisti di Jobless Growth, ha suggerito come il semplice stimolo della crescita economica costituisca una condizione necessaria ma non sufficiente a perseguire obiettivi di pieno impiego e a combattere la disoccupazione. Da qui l'introduzione di riforme alle istituzioni di governo del mercato del lavoro nell'intento di intensificare gli effetti occupazionali della crescita. La metodologia adottata ha previsto sia una rassegna ampia della letteratura, che gli ultimi decenni ha affrontato i problemi esaminati, sia l'analisi dei dati istituzionali (Istat, Eurostat, Oecd, Bundesagentur für Arbeit e Statistisches Bundesamt) riguardanti i principali indicatori economici e sociali, sia l'andamento del mercato del lavoro lungo un arco temporale che per l'Italia inizia dal secondo dopoguerra e per la Germania dagli anni Ottanta per arrivare ai giorni nostri. Per l'analisi delle politiche ci si è basati sia sulla lettura della normativa nazionale ed europea in materia di politiche per lo sviluppo e di politiche per l'occupazione sia sull'ampio dibattito che si è sviluppato in materia nei due Paesi e nella comunità.

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