Intorno al concetto di comico in Henri Bergson di Emanuele Francesconi

Intorno al concetto di comico in Henri Bergson

Tipologia:

Tesi vecchio ordinamento

Anno accademico:

2001/2002

Relatore:
Salvatore Limongi
Correlatore:
Donato Piegari
Facoltà:

Psicologia

Corso:

Psicologia

Cattedra:

Storia della filosofia contemporanea

Lingua:
Italiano
Pagine:
112
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
0.98 Mb

Descrizione Intorno al concetto di comico in Henri Bergson

Bergson presenta le sue prime riflessioni sul riso e la comicità, esponendo al liceo Clemort-Ferrand una conferenza intitolata il riso. Di cosa si ride? Perché si ride, edita poi dal Moniteur du Puy-de-Dôme (1884). Nel 1889, scriverà infine nella “Revue de Paris” tre articoli sul comico e il riso, che in seguito verranno ripubblicati con il seguente titolo: il riso. Saggio sul significato del comico (1900). Che cos’è il comico? Per Bergson tutto ciò che si presenta come maldestro, come non agile, frutto d’automatismo cieco anzichè di vivente duttilità, suscita il riso e fonda il comico. Tuttavia questa è soltanto una esemplificazione della teoria bergsoniana. Il comico, infatti, non è soltanto atto a suscitare il riso. Tale fenomeno, in realtà, è assai più complesso, poichè è legato a una molteplicità di fattori. Tanto è vero che il comico riguarda la relazione tra lo spirito e il corpo, la memoria immaginativa e la memoria automatica, l’attenzione e la distrazione. Nella mia tesi cercherò di descrivere dettagliatamente le osservazioni di Bergson attorno al comico, per lungo tempo consegnate all’oblio e spesso trascurate persino da coloro che si sono interessati allo studio generale della filosofia bergsoniana. Nel primo capitolo, cercherò di dimostrare che, per Bergson, il comico è strettamente legato alla rigidità e all’automatismo del corpo. Per svolgere questo compito considererò soprattutto Materia e memoria (1896). Questo capitolo risponde quindi alla domanda: che cos’è il corpo per Bergson? Materia e memoria, in quanto riassume le tesi teoriche del saggio dell’89, è il punto di partenza teorico per valutare con coerenza le tesi bergsoniane attorno al comico. Bergson, in Materia e memoria, oltre al corpo, descrive anche la percezione, l’affezione, la pura percezione, la memoria-abitudine e la memoria-spontanea. Vedremo che tutti questi fenomeni sono collegati al comico. Nel primo capitolo, inoltre, prenderò in esame i seguenti testi di Bergson: Saggio sui dati immediati della coscienza (1889), Il riso, il possibile e il reale (1920) e Introduzione alla metafisica (1903). Tenterò, poi, di confrontare le tematiche di Bergson con quelle del bergsonismo. In particolare farò riferimento a Deleuze, Hyppolite, Jankèlèvitch, Mathieu, Migliaccio, Paduano, Pessina, Rovatti, Simmel, Sossi e Veronesi. Nella seconda parte della tesi, invece, descriverò il riso. Questo capitolo risponde alla domanda: che cos’è il riso per Bergson? Bergson, in questo saggio, compie delle osservazioni intorno al comico delle forme, dei gesti, dei movimenti e delle situazioni. Per Bergson, inoltre, esistono tre procedimenti principali che riguardano il comico: la ripetizione, l’inversione e l’interferenza di serie. Questi meccanismi sono facilmente riscontrabili nelle commedie di Molière e di Labiche. La commedia è dunque la situazione per eccellenza in cui è possibile notare la presenza del comico, perchè esso si manifesta tramite gli attori. Nel primo e nel secondo capitolo, per sottolineare tale aspetto, ho nominato spesso: La scuola delle mogli (1662), L’amore medico (1665), Il medico per forza (1666), Tartufo (1667), L’avaro (1668), Il signor di Pourceaugnac (1669) e L’ammalato immaginario (1673). Bergson, in più, ne il riso, si occupa di altri aspetti legati al comico, come per esempio, l’immaginazione, la suggestione e il sogno. Il terzo capitolo della tesi risponde alla seguente domanda: che cos’è il riso? Questa sezione della tesi si pone come obiettivo di compiere una rassegna storiografica delle varie teorie sul riso presenti nella letteratura biblica, filosofica, estetica, psicologica e medica. Mi occuperò di Aristotele, Platone, Kant, Schopenhauer, Hobbes, Freud. Di particolare interesse psicologico risultano le osservazioni di Kris in Il riso come processo espressivo (1939), di Fry in Una dolce follia (1963) e di Farnè in Guarir dal ridere (1995). Per scrivere questa tesi ho impiegato dodici mesi e ho consultato attentamente almeno centocinquanta testi. In tutta la mia trattazione traspare di continuo questo assunto: la filosofia è una disciplina che è strettamente legata alla psicologia, poichè entrambe studiano il complesso dei caratteri distintivi del modo di pensare e di sentire di un singolo individuo o di una collettività. Inoltre, gli stessi problemi che spesso ha tentato di affrontare la filosofia, oggi cercano di essere spiegati dalla psicologia. Questo fatto, per esempio, si è verificato con il comico. Con ciò non intendo affermare che la psicologia è una disciplina che ha un grosso debito nei confronti della filosofia. Però ritengo che lo psicologo possa imparare molto dai filosofi.

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