I nuovi delitti contro l’ambiente introdotti dalla legge 68/2015: l’inquinamento ambientale
- Tipologia:
Tesi di Laurea di secondo livello / magistrale
- Anno accademico:
2018/2019
- Relatore:
- Prof. giovanni De santis
- Università:
Università degli Studi di Bergamo
- Facoltà:
Giurisprudenza
- Corso:
Giurisprudenza
- Cattedra:
diritto penale dell'economia e del lavoro
- Lingua:
- Italiano
- Pagine:
- 118
- Formato:
- Protezione:
- DRM Adobe
- Dimensione:
- 1.96 Mb
Descrizione I nuovi delitti contro l’ambiente introdotti dalla legge 68/2015: l’inquinamento ambientale
L’ambiente costituisce un bene giuridico unitario di valore costituzionale primario. Le complesse vicende che hanno interessato la materia ambientale nel suo naturale evolversi, non sono certo rimaste estranee al legislatore, determinando l’emanazione, dopo una serie di leggi speciali, del d. Lgs. 3 aprile 2006, n 152, noto comunemente come testo unico ambientale, il quale ha raggruppato in cinque macro-tematiche la consistente pluralità di testi normativi previgenti, conformandosi ed ispirandosi alla normativa comunitaria. Tuttavia, l’impianto normativo così come impostato appariva ancora colmo di vistose incongruenze e non poche contraddizioni. Da qui la necessità di approntare un efficiente, efficace ma anche innovativo sistema di repressione, volto a punire in maniera coerente e calibrata, tutte quelle fattispecie che andassero a ledere il bene “ambiente”. La riforma della legge n. 68/2015 ha cercato di porsi questi primari obiettivi, non di agevole raggiungimento, in quanto occorreva superare la pluralità di normative disorganiche sparse in diversi testi di legge i quali rendevano estremamente difficoltosa la percezione di esse, sia da parte del cittadino che da parte dell’interprete nonché superare il tradizionale utilizzo di figure contravvenzionali, in favore dello strumento più repressivo del delitto, che meglio esprime il disvalore delle violazioni legate all’ambiente. Tale provvedimento presenta certamente valide prese di posizione, ma altresì alcune zone d’ombra, purtroppo non eliminate in occasione del faticoso iter parlamentare di approvazione. Trattasi, tra le altre, dei miglioramenti strutturali che richiedevano le singole fattispecie incriminatrici sotto lo specifico profilo di una meticolosa descrizione della condotta ed una migliore individuazione dell’evento, nonché di una precisa identificazione e conseguente portata del bene giuridico tutelato. Da ultimo sul versante sanzionatorio si assiste ad un coacervo indistinto di sanzioni penali, tra pene detentive, pecuniarie, confisca e ripristino dello stato dei luoghi. Tuttavia, nonostante lo iato che si avverte tra la descrizione delle fattispecie criminose più gravi e l’apparato sanzionatorio sì imponente ma di non facile irrogazione, la riforma da tempo invocata, ha consentito di condurre importanti indagini da parte della polizia giudiziaria delle varie forze di polizia, culminati con evidenti risultati operativi che hanno consentito di fermare attività di ecomafiosi, ecocriminali e inquinatori seriali. Dall’analisi dei dati pubblicati sul rapporto ecomafia 2018 di Legambiente, emerge un quadro per un certo verso preoccupante, per la pervasività dell’azione della criminalità ambientale in tutto il paese, ma per altro verso rassicurante, poiché il sistema giudiziario utilizza sempre di più i nuovi strumenti di contrasto a disposizione degli inquirenti contro l’illegalità ambientale, facendo emergere sostanzialmente un’azione di repressione sempre più incisiva.