Logica della ragione e logica del mito in Lévi-Strauss di Andrea Franceschi

Logica della ragione e logica del mito in Lévi-Strauss

Tipologia:

Tesi di Laurea di secondo livello / magistrale

Anno accademico:

2008/2009

Relatore:
Giancarlo M.G. Scoditti
Correlatore:
Marta Fattori
Facoltà:

Filosofia

Corso:

Filosofia

Cattedra:

Etnologia

Lingua:
Italiano
Pagine:
307
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
3.97 Mb

Descrizione Logica della ragione e logica del mito in Lévi-Strauss

Nel corso della storia della nostra civiltà i miti, a partire da quelli greco-romani, sono stati spesso considerati come qualcosa di illogico e di irrazionale. Assumere un tale atteggiamento, tuttavia, non significa ancora essere in grado di penetrare nella natura e di formulare le leggi di un fenomeno ampiamente diffuso presso i popoli antichi e anche oggi presso quei popoli che, chiamati tradizionalmente ‘primitivi', possiedono solo una cultura orale e che costituiscono l'oggetto di studio dell'etnologia. Nonostante ciò, solo nel ventesimo secolo alcuni autori occidentali, pochi per la verità, hanno provato a mettere da parte il presupposto che il mito debba per forza essere espressione di una forma di pensiero inferiore a quella rappresentata dalla razionalità con cui, in un modo o nell'altro, l'Occidente si è perlopiù identificato. Nel campo dell'etnologia, il francese Claude Lévi-Strauss (1908), che ha esteso il metodo strutturale, già applicato con successo nella linguistica, allo studio delle mitologie delle popolazioni orali, è tra i pochi ad aver affermato, e senza mezzi termini, che il mito è logico. Lévi-Strauss, infatti, sostiene di essere riuscito a dimostrare, una volta per tutte, che le culture orali mettono in campo, nelle loro diverse manifestazioni e in particolare nei miti, una logica non meno complessa e coerente di quella a fondamento delle scienze occidentali. Ma questo tentativo è effettivamente riuscito? È quello che cercherò di determinare in questa tesi. Per farlo, è necessario fissare, tuttavia, un termine di riferimento per cosa si debba intendere in generale con ‘logico' e logica. A ben vedere, tanto accettata è la retorica della contrapposizione tra il logos e il mito (interpretata nei termini di un'opposizione tra ‘bene' e ‘male' o tra ‘superiore' e ‘inferiore'), quanto poi in realtà la definizione di questo logos è mutevole secondo gli autori. Dovendo scegliere un autore di riferimento, ho optato per il filosofo Immanuel Kant, la cui concezione di una logica generale, come puramente formale e costituente un campo autonomo di leggi a cui ogni concetto deve conformarsi per non diventare nullo, mi sembra particolarmente adatta a testare il senso della possibile logicità dei miti. Certo, in questo lavoro affronterò il problema della natura dei miti, attraverso l'opera di Lévi-Strauss ma la concezione kantiana della logica mi servirà anche a questo: a mettere a fuoco, per somiglianza o per contrasto, il concetto di logica (peraltro spesso sfuggente) in azione nel pensiero dell'etnologo francese nel momento in cui attribuisce ai miti che analizza una natura logica. Per questo la tesi si dividerà in due parti, la prima dedicata a Kant e la seconda a Lévi-Strauss. Nella prima parte, nel primo paragrafo, ricostruirò il concetto di logica in Kant, distinguendo tra logica formale e logica trascendentale e iniziando ad analizzare il sistema kantiano delle facoltà. Nel secondo paragrafo, metterò a confronto i diversi gruppi triadici presenti nel sistema kantiano, cercando di individuare la triade di funzioni fondamentali che, in un modo di volta in volta differente, si realizza in ognuno di tali gruppi. I testi kantiani utilizzati in questi primi due paragrafi saranno la Critica della ragion pura e la Logica Jäsche. Nel terzo paragrafo, invece, analizzerò i tre princìpi che Kant chiama ‘analogie dell'esperienza' e di cui tratta nell'Analitica dei princìpi della Critica della ragion pura e mostrerò come anche questi princìpi – fondamentali per la determinazione di un'esperienza oggettiva – esprimano la stessa triade di funzioni già rintracciata e all'opera, ad esempio, nei tre criteri di verità della logica formale. Nel quarto, poi, cercherò di individuare un'analoga triade di princìpi nell'ambito della ragione. Nel quinto e sesto paragrafo indagherò sui problemi, così importanti nel caso dei miti, legati all'espressione dei concetti mediante immagini e al funzionamento di operazioni come l'analogia e l'associazione delle rappresentazioni nella prospettiva kantiana. Con il settimo paragrafo si chiude la parte di questo lavoro consacrata a Kant e si apre quella dedicata a Lévi-Strauss. In tale paragrafo inizierò a occuparmi del problema dell'interpretazione del mito esaminando attentamente il modo in cui l'etnologo francese lo imposta, soprattutto nel saggio del 1955 La structure des mythes, manifesto del metodo strutturale applicato ai miti. Un'ipotesi guiderà, però, questo esame: quella secondo la quale un'analisi dei miti che voglia metterne in luce la logica, e per di più una logica altrettanto valida di quella scientifica, deve, in primo luogo, riuscire a scomporre i racconti mitici in maniera precisa ed esauriente, altrimenti la prova che si intende fornire sarebbe inficiata dalla natura ambigua delle componenti messe in luce dall'analisi.

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