L'estetica del senso di Alberto Finelli

L'estetica del senso

Tipologia:

Tesi di Laurea di secondo livello / magistrale

Anno accademico:

2009/2010

Relatore:
Romano Gasparotti
Correlatore:
Bernardino Luino
Facoltà:

grafica

Corso:

grafica

Cattedra:

Fenomenologia dell' immagine

Lingua:
Italiano
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
1.37 Mb

Descrizione L'estetica del senso

Il contenuto e la forma, intersecandosi e convergendo, danno luogo al titolo della seguente tesi: L’estetica del senso. Fulcro del testo è stato lo studio dell’immagine e della sua eteronomia. Ho cercato di enucleare quelli che sono stati i maggiori pensieri filosofici su di essa (in particolare) e sull’arte (in generale). Da Platone a Nietzsche ci si trova perennemente a contatto con la questione della verità, il cui rapporto con l’arte diviene la trama conduttrice degli undici capitoli di questo testo. Sin dall’inizio ho cercato di riagganciarmi alla tesi del triennio Il tempo della forma, la quale muove dall’incrocio e dall’intreccio tra l’analisi e l’interpretazione delle teorie sulla forma di Wölfflin, degli studi sulla prospettiva come “forma simbolica” di Panofsky e sullo spazio figurativo, dal Rinascimento al Cubismo, di Francastel e delle riflessioni sulla “prospettiva rovesciata” di Florenskij. Collegandomi quindi al problema della rappresentazione dello spazio, il primo capitolo "Mimesis" affronta la qualità mimetica dell’immagine in uno stretto parallelismo con quella che è la sua etimologia greca e latina. La base del pensiero filosofico trattato nel corso dei primi tre capitoli è poi costituita da Platone, Aristotele e Plotino. Prendendo come punto di riferimento "La filosofia delle immagini" (1997) di Jean-Jacques Wunenburger, il quarto capitolo "L’estetica del senso" agisce da canale di biforcazione. Accanto al percorso filosofico si dischiude anche quello semiotico (de Saussure, Barthes, Ricœur): mentre il primo concerne la ricerca di un possibile senso dell’immagine, il secondo ci conduce verso l’osservazione di una sua possibile estetica. Fondamentale è la dimostrazione della molteplicità di aspetti presenti in una singola immagine. Il campo d’interesse si dilata ed in seguito alla spiegazione del pensiero di Kant (diagramma poetico, capitolo V) diviene necessaria una trattazione dell’ermeneutica e della fenomenologia quali ulteriori approcci critici fondamentali (ermeneutica/fenomenologia, capitolo VI). Momento cardine è il passaggio dall’aut aut della logica diairetica platonica all’et et kantiano attraverso cui la non contraddittoria e immunitaria identità di un oggetto viene sfaldata e l’oggetto si offre al soggetto nella sua pura indeterminatezza che non va considerata come l’opposto della molteplice determinatezza degli oggetti. Ciò ci collega al tentativo heideggeriano ("Alétheia", capitolo VII) di ricondurre l’opera d’arte alla questione della verità come alétheia. L’opera d’arte viene intesa come ciò che ci consente di conoscere la cosa nella sua verità, cioè nel suo originario non nascondimento. Ma la diversa utilizzazione del termine verità, intesa quale adaequatio o quale alétheia, ci porterà a scoprire alcune discrepanze tra la concezione aristotelica dell’arte e quella heideggeriana. Il capitolo VIII è dedicato alla trattazione del pensiero filosofico di Hegel, che viene poi riesaminato attraverso la lettura che di lui ne farà Jacques Derrida ("Parergon", capitolo IX). Oltre al suo intervento nella disputa tra Heidegger e Schapiro in merito al dipinto di Van Gogh ritraente degli zoccoli, grande attenzione verrà data alla distinzione che Derrida pone tra ergon e parergon nell’opera d’arte. A tal proposito ci collegheremo all’osservazione dell’opera di Marcel Duchamp. A Magritte viene dedicato il capitolo X, ed in particolare alla sua considerazione del concetto di mimesis proprio dell’immagine pittorica. L’ultimo capitolo è "La fin de l’hymne", dall’omonimo saggio del 1991 di Jean-Crhristophe Bailly. Il pensiero di Adorno e Lukács sull’arte organica – non organica, e l’interpretazione di Peter Bürger sull’operato delle avanguardie aiutano maggiormente a fornirci di un apparato critico conscio della moltitudine dei diversi fattori implicati nella lettura di un’opera d’arte, ove ergon e parergon si trovano costantemente slegati e intrecciati insieme. L’analisi del lavoro di Beuys, poi, ci aiuta a dare “alla teoria una lezione di modestia. La teoria è eteronoma sia rispetto alla produzione, sia rispetto all’esperienza della ricezione. Essa può concettualizzare ciò che è estetico (e questo non è poco); ma non può, partendo da se stessa, dare dei criteri”.

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