Il suonatore

Una terra deserta che suggerisce il tempo di un "day after", un’umanità di ombre desolate che ricorda il mondo di morti viventi della waste land di Eliot, un rifugio sprofondato nel sottosuolo che conserva tra la polvere e le ragnatele le memorie di una vita non vissuta, scatole di latta, di cartone, di plastica, entro le quali trema ancora qualche lieve palpito di un passato seppellito come non fosse stato: questa la geometria simbolica nelle prime note di Il suonatore. Il movimento musicale dei ricordi in cui ritrovarsi ha una tonalità ancipite, ora luminosa ora oscura, sempre al limite di un collasso della ricerca nella nostalgia, del pensiero nel dubbio sul pensiero, della definizione reale nell’evanescenza indistinta. Lo stesso movimento spaziale che caratterizza Il suonatore, dalla superficie al sottosuolo allo spazio aperto, si ritrova in uno dei racconti brevi, più figurativi, della raccolta: Fuga. L’estraneità e la condanna eguale, nella prigionia come nella libertà, sono la sigla di questi personaggi che ricordano le figure in gabbia di Francis Bacon con il loro tormento.