I soliti ignoti. Scritti sulla letteratura siciliana sommersa del Novecento di Salvatore Ferlita edito da Flaccovio Dario

I soliti ignoti. Scritti sulla letteratura siciliana sommersa del Novecento

Collana:
Gialloteca
Data di Pubblicazione:
2005
EAN:

9788877586285

ISBN:

8877586281

Pagine:
142
Formato:
brossura
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Descrizione I soliti ignoti. Scritti sulla letteratura siciliana sommersa del Novecento

Scrittori e poeti siciliani che hanno fatto grande la letteratura italiana ed europea del Novecento: Pirandello, Vittorini, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Quasimodo, Piccolo, Sciascia. E fin qui, nulla di nuovo. Ma cosa accadrebbe se, accanto a questi nomi noti, riaffiorassero quelli di alcuni autori sommersi, già pubblicati dalle case editrici che contano, pluripremiati, stimati dai grandi critici, eppure relegati in un cono d'ombra, ingiustamente condannati all'oblio? Di certo si rimescolerebbero le carte. E alla fine, una nuova geografia e una nuova storia della letteratura isolana del secolo appena trascorso prenderebbero forma. È quanto avviene in questa raccolta di saggi.

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4 di 5 su 2 recensioni

I soliti ignotiDi S. Roberto-15 luglio 2011

E' una saggio vicino alla sensilibità di un romanzo, l'amore per la propria isola selvaggia, mai doma, che si riconcilia col senso primigenio della ricerca di lettere: non la luce su luce, a sfiorare l'innotata minuzia di un complesso e già noto disegno ma lo sguardo indiscreto, al rigore dell'occhio nudato, ove dipinto è il nero del buio, dell'irrilevanza presunta, del nulla apparente. Ivi tendere le mani, scavare sfiorando fino ad afferrarla meraviglia celata. Come il finale di "Scirocco", capolavoro lontano di Romualdo Romano: Bussavano disperatamente alla farmacia, la radio urlava, io non scrivevo e non pensavo: temevo di premere un solo tasto della macchina, perché mi sembrava di sentir dire "è pronto" e io non ero pronto, non ero mai pronto, non sarei mai stato pronto, perché ero poeta e non facevo poesie, ero giornalista e non scrivevo sui giornali, ero asino e non ragliavo mai! Allora presi un foglio bianco, lo infilai nella macchina e con mano sicura e tranquilla pressai i tasti e scrissi nel mezzo: "Fine".

L'isola che non c'èDi T. Alessandro-12 settembre 2010

È un’isola all’orizzonte scomparsa la Sicilia di Salvatore Ferlita. È un’isola d’inchiostri sbiaditi, stinti dal sole, levigati dal vento. Spessa di carta, giace ingiallita dimentica, coperta scura d’oblio. Non reca per dono luoghi arrossati, coste bagnate, valli vulcaniche bensì nomi d’autori: nomi soliti ignoti, le cui storie restano da scrivere almeno quanto sono da leggere. V’è quella di Angelo Fiore, scrittore scorticato nell’anima e disperso tra stanze malridotte d’albergo, e quella di Antonio Russello, che ha cassetti colmi d’inediti ed allievi che non lo dimenticano. E c’è Salvatore Fiume, scrittore-pittore di una Gioconda di Comiso, e Pasqualino Fortunato, evocatore profetico di un mondo barricato di fiabe; Carmelo Samonà, che scrive di voci non ispessite da corpi, e Sebastiano Addamo, enciclopedista fidato di morti; Edoardo Cacciatore, poeta discusso che discute poeti, e Matteo Blunda, manierista che ha sbagliato di secolo. Libro che reca in dono altri libri (alcuni dai titoli bellissimi: “Il discorso a meraviglia”; “Un caso di coscienza”; “Diario di un metafisico”; “L’inglese ha visto la bifora”; “La luna si mangia i morti”) , “I soliti ignoti” di Salvatore Ferlita riconcilia col senso primigenio della ricerca di lettere: non la luce su luce, a sfiorare l’innotata minuzia di un complesso e già noto disegno ma lo sguardo indiscreto, al rigore dell’occhio nudato, ove dipinto è il nero del buio, dell’irrilevanza presunta, del nulla apparente. Ivi tendere le mani, scavare sfiorando fino ad afferrarla meraviglia celata. Come il finale di “Scirocco”, capolavoro lontano di Romualdo Romano: «Bussavano disperatamente alla farmacia, la radio urlava, io non scrivevo e non pensavo: temevo di premere un solo tasto della macchina, perché mi sembrava di sentir dire “è pronto” e io non ero pronto, non ero mai pronto, non sarei mai stato pronto, perché ero poeta e non facevo poesie, ero giornalista e non scrivevo sui giornali, ero asino e non ragliavo mai! Allora presi un foglio bianco, lo infilai nella macchina e con mano sicura e tranquilla pressai i tasti e scrissi nel mezzo: “Fine”».