«Senza malizia e senza ipucrisì». Olindo Guerrini fra lingua e dialetto edito da Longo Angelo
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«Senza malizia e senza ipucrisì». Olindo Guerrini fra lingua e dialetto

Editore:

Longo Angelo

Collana:
Il portico
Data di Pubblicazione:
30 marzo 2018
EAN:

9788893500050

ISBN:

8893500051

Pagine:
166
Formato:
brossura
Argomenti:
Letteratura, storia e critica: narrativa, romanzieri e scrittori di prosa, Letteratura, storia e critica: poesia e poeti
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Descrizione «Senza malizia e senza ipucrisì». Olindo Guerrini fra lingua e dialetto

Il volume raccoglie i testi degli interventi presentati al Convegno tenuto a Ravenna nelle giornate del 21 e 22 ottobre 2016. Fino a ieri trascurate, con pochissime eccezioni, o oggetto, perlopiù, di curiosità superficiale e aneddotica - in contrasto con una mai intermessa fortuna novecentesca, prevalentemente locale, dei testi o di alcuni testi - la personalità e l'opera di Olindo Guerrini e delle sue molteplici maschere hanno conosciuto negli ultimi anni una rinnovata attenzione storiografica e critica. Fra gli argomenti trattati nei saggi qui raccolti, il ruolo di rilievo che all'autore di "Postuma" spetta nel quadro delle polemiche veriste dell'Ottocento e la più trascurata ma non marginale esperienza della prosa: polemica, erudita, narrativa, umoristica, giornalistica, divulgativa, epistolare. Un'applicazione particolare è riservata al Guerrini dialettale, a una dialettalità estesa anche alla «bassezza» e alla «sudiceria» petroniane di Argia Sbolenfi. Passando al romagnolo, con l'invito a distinguere la «romagnolità autentica» dello scrittore di Sant'Alberto dalle generiche, divulgate «stereotipie romagnole», i Sonetti romagnoli sono esaminati da un duplice punto di vista: attraverso i rapporti, da una parte, col modello di un «poeta della realtà» ottocentesco della statura di Giuseppe Gioachino Belli, guardando, dall'altra, ai debiti contratti nei loro confronti da uno dei massimi poeti dialettali contemporanei, Raffaello Baldini. Perché, come ha scritto Luigi Meneghello, «la parola del dialetto è sempre incavicchiata alla realtà, per la ragione che è la cosa stessa, appercepita prima che imparassimo a ragionare [...]. Ma questo nòcciolo di materia primordiale [...] contiene forze incontrollabili proprio perché esiste in una sfera pre-logica dove le associazioni sono libere e fondamentalmente folli. Il dialetto è dunque per certi versi realtà e per altri versi follia».

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