La scatola dei calzini perduti di Vauro Senesi edito da Piemme

La scatola dei calzini perduti

Editore:

Piemme

Collana:
Bestseller
Data di Pubblicazione:
7 giugno 2011
EAN:

9788856620252

ISBN:

8856620251

Pagine:
295
Formato:
brossura
Argomento:
Migrazioni, immigrazione, emigrazione
Acquistabile con la

Descrizione La scatola dei calzini perduti

Gli strilli di un bambino infrangono l'atmosfera di un grande magazzino alla vigilia delle feste. E dall'enorme costume rosso di Babbo Natale riemerge Madut, il ragazzo del Sudan, l'uomo nero. In fuga dalla sua terra in fiamme, figlio di una popolazione di pastori, i dinka, Madut è giunto attraverso strade insolite e rocambolesche fino a Roma, per trovare il suo angolo di quotidianità in una lavanderia a gettone. Nella Città Eterna di Madut sogni e speranze, risate e dolori, desideri e negazioni si mescolano, si incontrano, si scontrano. Storie di immigrati e di prostitute, di poliziotti e di preti, in un balletto di vite che va in scena sul palcoscenico di una metropoli dal volto bonario ma densa di insidie, soprattutto se hai la pelle di un altro colore. Una voce poetica e forte, appassionata e suggestiva. Una riuscita alchimia di relazioni e personaggi che sa tratteggiare vicende straordinarie e minuscole, esistenze sospese tra passato e presente, tra qui e altrove, che si fondono e si confondono con quelle del nostro Paese. Tutte insieme, nella scatola che custodisce i calzini spaiati che Madut ritrova nei cestelli della sua lavanderia.

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3 di 5 su 1 recensione

L'altra faccia dell'immigrazioneDi t. giacomo-24 agosto 2010

Non tutti sanno che il giornalista e vignettista satirico Vauro Senesi (noto semplicemente come "Vauro") collabora da tempo con Emergency e si reca spesso negli ospedali dell'Ong, specialmente in Afghanistan e Sudan. "La scatola dei calzini perduti", come gli altri romanzi di Vauro, è arricchita dall'insolita conoscenza di popoli lontani e della loro concezione di vita che l'autore ha potuto formare durante i suoi numerosi viaggi. Proprio dal Sudan proviene Madut, giovane della tribù dei dinka che, dopo essere sopravvissuto agli orrori della guerra civile, vive come immigrato clandestino a Roma Madut, che osserva i comportamenti dei "rossicci" con l'ingenua saggezza di chi non è cresciuto nel chiassoso Occidente, è molto colpito dalle calzature che tutti portano per spostarsi, tanto da conservare come reliquie in un'apposita scatola i calzini che i clienti lasciano nelle lavatrici. Il giovane, arrivato a Roma in aereo per cantare davanti al Papa e fuggito per le vie della capitale quasi senza motivo, non è consapevole della sua pericolosa situazione e offre quindi un inedito punto di vista sui vari emarginati della società italiana, soffermandosi anche su particolari episodi di solidarietà e razzismo molto realistici e significativi. Rimasto completamente solo e autonomo, a Madut basta anche un insignificante particolare, un odore ad esmpio, per rievocare il suo lontano e sereno passato di pastore. Parallelamente alla trama, originale ma non coinvolgente, si sviluppa così un lungo flashback che ripercorre i ricordi felici e quelli terribili di Madut, fino all'incontro con Padre Carlo, che lo accoglierà nella sua missione e gli insegnerà la lingua italiana. Dal confronto tra presente e passato emerge il pensiero di Madut, frutto della sua cultura: il giovane cerca sempre una causa esterna a ciò che gli succede: nonostante la conversione al cattolicesimo crede che tutta la realtà sia popolata da spiriti e spesso ha un ruolo passivo nelle relazioni con i suoi conoscenti. La rassegnata pacatezza di Madut lo porterà ad essere coivolto in loschi affari e il finale si presenta quindi come una conclusione "naturale" per un immigrato nell'Italia odierna; eppure dopo aver letto il romanzo si è portati a pensare che la storia (e anche la nostrà realtà) sia sbagliata, priva di giustizia, e forse è ciò che Vauro vuole comunicare.