Per questo. Alle radici di una morte annunciata. Articoli 1999-2006 di Anna Politkovskaja edito da Adelphi

Per questo. Alle radici di una morte annunciata. Articoli 1999-2006

Editore:

Adelphi

Collana:
Gli Adelphi
Traduttore:
Zonghetti C.
Data di Pubblicazione:
26 maggio 2022
EAN:

9788845937101

ISBN:

8845937100

Pagine:
516
Formato:
brossura
Argomenti:
Controllo politico e libertà, Reportage e raccolte giornalistiche
Disponibile anche in E-Book
Acquistabile con la

Descrizione Per questo. Alle radici di una morte annunciata. Articoli 1999-2006

Di tutti i libri di Anna Politkovskaja, questo è il più tragico e potente: un documento straordinario dove i suoi articoli apparsi sulla «Novaja gazeta», testi ancora inediti, promemoria personali e testimonianze confluiscono in una sorta di ininterrotto reportage sulla Russia che preparò e seguì l'ascesa al potere di Vladimir Putin - dall'ottobre 1999 a fine settembre 2006, pochi giorni prima della morte avvenuta il 7 ottobre nell'androne di casa per mano di un killer. Per Anna Politkovskaja l'unico giornalismo possibile era un giornalismo «sanitario» - così lei lo definiva -, teso a proclamare una verità che si imprime nella memoria anche grazie al vigore dello stile, al senso dello humour, all'alta percettività nello scandagliare l'anima di vincitori e vinti.

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4 di 5 su 1 recensione

Per questoDi p. raffaele-6 aprile 2011

Per quanto mi sforzi, a questo libro non riesco a dare più di 4 Adelphi sceglie di titolare questa raccolta di scritti di Anna Politkovskaja "Per Questo" a sottointendere che per queste parole, ma anche per le altre scritte nel corso della sua vita, la giornalista della "Novaja Gazeta" sia morta. Ammetto che ad un certo punto della lettura e di lì in avanti un pensiero cinico si è insinuato in me: consideravo che l'efficienza della mafiapolitica russa sia di gran lunga minore della mafiapolitica di casa nostra. In fondo hanno lasciato alla Politkovskaja molto tempo per scrivere, per denunciare, hanno dovuto tentare più volte prima di riuscire ad ucciderla e così a zittirla definitivamente... O forse no. Chissà se in Russia si fa come in Italia, il morto "importante" diviene santo, come dice Benedetta Tobagi nel suo bel libro alla ricerca del padre, e con questa "assunzione in cielo" gli atti e le parole di quella persona vengono svuotati di forza e significato, l'incisività si perde e più facilmente quella persona può essere dimenticata. Chissà se è successo così anche a questa giornalista. Nel corso della lettura alcune cose mi hanno particolarmente colpito. La prima è che la Politkovskaja ha una consocenza dettagliatissiam del territorio, della geografia della Russia e di tutte le repubbliche più o meno indipendenti che la circonda e che una volta facevano parte dell'Unione. Una consocenza geografica non scolastica dicevo, ma profonda che le consente di parlare di quei luoghi con cognizione di causa, conscendo quasi intimamente anche le genti che quei luoghi vivono. Altra cosa che mi ha colpito è la altrettanto profonda conoscenza che lei ha della storia e della politica russa, della loro evoluzione e trasformazione attraverso il tempo, le è chiarissimo il concatenarsi degli eventi e delle scelte e cosa queste hanno determinato. Tutto ciò le consente una scrittura lucida, un'analisi precisa e puntuale anche in articoli molto brevi, o anche in quegli articoli in cui sarebbe facile cadere nel pietismo. No anche in questi scritti, in cui c'è umanità e condivisione, c'è sempre lucidità perché la parola sia sostenuta dai fatti circostanziati. E allora mi sono chiesta: e se in Italia si facesse questo giornalismo? Se i giornalisti italiani smettessero ad esempio di informarci che Berlusca ha mandato per San Valentino una mail di auguri a tutte le sue donne, se smettessero di informarci di ogni più piccolo pettegolezzo e su focalizzassero invece sulle notizie e sulla realtà di queste ultime, se dimostrassero nei loro articoli (a volte inutilmente lunghi) il concatenarsi degli eventi, se insomma facessero i giornalisti, stimolassero i lettori alla riflessione e alla critica, non potrebbe essere l'Italia almeno un po' migliore di quello che è?