Pasquale Vitiello. Diario di segni edito da Electa Mondadori

Pasquale Vitiello. Diario di segni

a cura di

M. Bignardi

Data di Pubblicazione:
1999
EAN:

9788843587834

ISBN:

8843587838

Pagine:
96
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Ottima ed elegante monografia Di A. Marina-25 dicembre 2010

Massimo Bignardi analizza la produzione grafica di Pasquale Vitiello, che si configura come una descrizione puntuale del “desiderio [del pittore] di trascrivere la “transitorietà dell’esperienza visiva”” attraverso il “quotidiano esercizio del disegno…nell’arco di circa trentacinque anni”, un diario di segni, appunto. Segue una raccolta di circa settanta riproduzioni, di cui una decina a colori, di disegni, acquerelli, pastelli, ceretti e incisioni e infine un profilo biografico redatto da Chiara e Manuela Vitiello con riferimenti bibliografici e alcune fotografie del pittore. La veste tipografica del volume è molto buona e non tradisce l'accuratezza e l'eleganza delle opere edite da Electa Napoli (la redazione è di Roberto Spadea e la grafica è curata da Nadia Bronzuto). Bignardi ricorda che Giulio Carlo Argan nella prefazione al volume di Lea Vergine “Undici pittori napoletani d’oggi”, apparso nel maggio del 1963, annotava: “c’è voluto del tempo, ce ne vorrà dell’altro, per separare definitivamente la pittura di Napoli dal pittoresco napoletano”. "Eppure, continua Bignardi, v’era stato, già a partire dalle declinazioni in ambito della pittura del Novecento, un lungo e coraggioso confronto degli artisti napoletani contro ogni sopraffazione della retorica di regime, sostenendo (questo è sfuggito a molte analisi critiche) il “naturalismo” come vessillo di un’identità culturale….V’è stato successivamente, dal dopoguerra e nel corso degli anni Cinquanta il grande vento di rinnovamento e di apertura al confronto internazionale…[E’ in tale contesto che,] a partire dalla fine degli anni Trenta e fino al 1962, si svolge, a Torre Annunziata, la “defilata” avventura artistica di Pasquale Vitiello. La sua è una scelta etica: pur vivendo in pieno le tensioni che animano il dibattito in città, Vitiello preferisce segnare una distanza che è la cifra di un carattere inquieto, poco disponibile a farsi trascinare dalle mode, ma soprattutto non incline agli intellettualismi mondani e agli schieramenti politicizzati….La posizione che egli assumerà sembra in parte corrispondere al carattere di quell’artista che Franco Rosi tratteggia nell’articolo intitolato “Arte e tendenza” apparso nel 1945 nel primo numero della rivista “Sud”. “Si deve combattere onestamente, scrive Rosi, con la convinzione delle proprie idee, con la sincerità delle proprie possibilità, senza falsi intellettualismi e senza ostentare una faciloneria che spesso è frutto della mancanza di conoscenza dei propri limiti”. I disegni realizzati da Vitiello sul finire del decennio riassumono queste tensioni…A partire dal 1950 il disegno, come anche la sua pittura, fa registrare una nuova decisa svolta: la linea esemplifica l’intero impianto compositivo, annulla ogni insorgenza chiaroscurale, azzerando le ombre, affidando ad un segno deciso e netto il dettato espressivo. […] È attraverso il disegno, l’esercizio che lo teneva per lunghe ore inchiodato sul piccolo specchio del foglio, che l’artista scopre la quotidianità del reale, non perché l’ama, bensì perché avverte la necessità di strutturare un’intima grammatica delle forme, per poi procedere ad una “scrittura” sempre più libera, decantata da qualsiasi referente…Relativamente a questi disegni…l’artista in un appunto […] osserva: “I segni precisi si intrecciano in reticoli capricciosi intricandosi fino a dare l’ombra dei volumi che si vengono a creare con l’incrocio di essi e con l’accorgimento di un gusto deliberatamente descrittivo. A volte le ombre pigliano il sopravvento e zone intere di colore vi emergono dando all’opera robustezza pur nella sua facile voluta sinteticità…Astrazione dalla realtà pur rimanendo nel figurativo”. Quando nel maggio del 1963 esce il libro della Vergine, Vitiello è morto appena da sei mesi: quello che era stato il suo tenace lavoro di strappare la pittura dal “pittoresco napoletano” resta lettera morta, confuso (dimenticato) nell’euforico clima della cosiddetta contemporaneità”. Sarà nel 1977, Chiara e Manuela Vitiello annotano nel profilo biografico, che Paolo Ricci scriverà nella sua presentazione alla retrospettiva di Vitiello allestita da Filiberto Menna alla Galleria Il Diagramma 32 a Napoli: “Nel 1962, anno della sua morte, Vitiello raggiunse una maturità stilistica che lo distingue da tutti gli artisti napoletani della sua generazione. Egli è infatti il solo a non aver seguito pedissequamente le regole della nuova avanguardia ufficiale preservando in questo modo la freschezza e la spontaneità del suo talento naturale e, ciò che è più importante, inserendosi in qualche modo nelle vicende dell’arte moderna europea conservando intatto lo spirito della tradizione naturalistica mediterranea e campana..