Le origini della Francia contemporanea. L'antico regime di Hippolyte Taine edito da Adelphi

Le origini della Francia contemporanea. L'antico regime

Editore:

Adelphi

Collana:
Classici
A cura di:
P. Bertolucci
Data di Pubblicazione:
17 novembre 1986
EAN:

9788845902215

ISBN:

8845902218

Pagine:
764
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5 di 5 su 1 recensione

Le origini della Francia contemporaneaDi r. andrea-5 aprile 2011

Ottimo scritto di un maestro insuperato della storiografia moderna. Taine, grande scrittore oltre che storico, pone sul vetrino del suo microscopio gli esserini aggraziati, delicati, incipriati, fini e cortesi del Grand Siècle, li mette a fuoco, ce li ingrandisce affinché noi possiamo vedere quello che erano in realtà: parassiti intestinali che si nutrivano a spese dell'organismo che li ospitava, mostri di egoismo, frivolezza, apparenza, superficialità, sconsideratezza, dissipazione... Però che bel mondo! Légant, soigné, gracieux, parfumé, enjoué... Affascinante e repulsivo allo stesso tempo. Chi non è vissuto prima del 1789 non conosce la dolcezza del vivere, dirà più tardi Talleyrand. Ma avrebbe dovuto aggiungere, per amor di verità e di giustizia, che in base ai dati del censimento del 1790 su 26 milioni di francesi solo 140. 000 erano nobili, lo 0, 5 della popolazione. Quindi non vi erano solo salotti e letterati, cortigiane e femmes savantes (che spesso coincidevano) . Eppure, sostiene Taine, "al di fuori della buona compagnia che chiacchiera, la Francia pare vuota". Pare, perché "alla fine il gregge scorticato scoprirà quel che si fa della sua lana". Comunque per questi privilegiati la vita doveva essere non solo dolce, ma anche faticosa se Federico II di Prussia, dopo essersi fatto spiegare l'etichetta che vigeva alla corte di Versailles, disse che se fosse stato re di Francia il suo primo editto sarebbe stato quello di far incoronare un altro re che tenesse occupata la corte al suo posto (e chi ha visitato il castello di Sanssouci ne comprende le ragioni) . Perché, poverini, sotto cento candele dovevano recitare, con il terrore di sbagliare una battuta e di vedersi respingere nell'oscurità. E dovevano indossare maschere che non potevano mai essere tolte neppure nell'intimità, neppure davanti al boia, neppure di fronte alla morte fino a quando le maschere diventavano tutt'uno con il volto. Inseparabili. Maschere di ferro foderate di sete e velluti preziosi, di ottima fattura e di gran gusto. "Non si è mai visto un gentiluomo arrestato a casa sua rompere la testa al giacobino che l'arresta. Si lasceranno prendere, andranno docilmente in prigione; fare strepito sarebbe un segno di cattivo gusto", fa notare ad un certo punto Taine. Atto supremo del saper-vivere o indifferenza del cuore? I personaggi di de Laclos avranno pur avuto i loro originali.