La marcia di Radetzky. Ediz. integrale

L'intreccio non è granchè, tuttavia è un opera fondamentale per il modo in cui lo scrittore scolpisce nella mente di chi legge le sensazioni dei personaggi, le ambientazioni e ogni piccolo contorno è magistrale: viene decritta la piccola foglia che cade dall'albero ed il frusciare di essa, il rumore leggero della pioggia sui vetri, le nostalgie nel mirare un quadro ecc... Leggendo ho respirato l'aria di quei tempi e di quei luoghi. Consigliato a chi vuole "nutrirsi" di carta stampata e non solo leggere. Il voto alto è soprattutto per ciò che lo scrittore mi ha saputo suscitare.

Ottima l'edizione economica proposta dalla casa editrice. Nitido e sofferente, sofferto e lucido nella sua disamina questo romanzo di Roth mi ha avvinto per l'inesausta congerie di aneddoti che dispensa disu quella irripetibile, mirabile, eroica, barocca eppur fragilissima architettura che fu l'Impero Absburgco nei suoi ultimi lustri. A mio avviso però l'accelerazione centrifuga che investe la seconda e specialmente la terza parte dell'opera ne guasta l'esito. I personaggi sfuggono di mano: dalla loro dinastica immobilità e ossessiva fissità il cammino che li conduce al silenzio insieme al loro mondo è forse sin troppo brusco per un decorso comunque pluriennale. Ad ongi modo qualsiasi scrittore mitteleuropeo s'innalza splendido sulla dozzinale produzione dei nostri autori di grido.

La storia narra levicende della famiglia Trotta, che ripercorre le fasi importanti della vita di Joseph, in particolar modo, la sua esistenza si intreccia con l'esistenza del principe Francesco Giuseppe, al quale salverà la vita, divenendo il cosiddetto "eroe di Solferino". Successivamente, Roth introduce la storia del figlio di Joseph, Franz, i9l quale riuscirà a divenire un valido funzionario dell'Impero, riuscendo a tener testa alla fama del padre. Infine, l'attenzione dell'autore si sposta verso il figlio di Franz, che deluderà le aspettative riposte in lui, divenendo l'iperbole discendente della famiglia. Il romanzo, sostanzialmente, è una metafora della decadenza progressiva dell'Impero Austro-ungarico, vissuta dall'autore in prima persona.