Una giornata per Giuseppe Dessì. Atti di Seminario (Firenze, 11 novembre 2003)

È sufficiente evocare, tra i tanti possibili temi e motivi della narrativa di Dessí, il nome di un personaggio (Giacomo Scarbo) e la genetica incompiutezza implicita nel suo necessario ritorno, rifarsi poi, anche indipendentemente da quello, alla sottile allusione meta-testuale sottesa alla sua prima comparsa, notare il forte legame tra arte e schermata biografia e il singolare rapporto tra una raffinata cultura europea e la memoria dei miti di una terra “diversa e arida come la luna”, essere intrigati dallo sfondo filosofico (Leibniz e Spinoza soprattutto) di cui si possono trovare tracce in più libri, per pensare a Giuseppe Dessí come a uno degli autori più significativi e ingiustamente dimenticati del nostro Novecento. Un Novecento che non riusciremmo facilmente a definire, per quanto lo riguarda, come primo o secondo (in questo senso gli autori delle generazioni precedenti o successive hanno trovato più agevole collocazione); piuttosto ambedue le cose insieme, vista la singolare presenza in lui di una prosa che in qualche caso potremmo perfino definire ‘ritmica' nella ricerca di una scrittura non del tutto dimentica della grande ed epica lezione di Tostoj. In uno scrittore poi che amava inscriversi nel solco di Flaubert e di Proust, e che avrebbe confessato nei suoi ultimi anni che le letture dei filosofi erano state ed erano per lui tra le più significative. A venticinque anni dalla sua scomparsa, il Dipartimento di Italianistica dell'Università di Firenze ha voluto richiamare l'attenzione sulla sua opera, coinvolgendo in una giornata di studio, progettata e curata da Anna Dolfi, oltre ai fedeli lettori di sempre (Anna Dolfi, Carlo Alberto Madrignani, Riccardo Scrivano), anche un nutrito gruppo di giovani, che con competenza e passione si sono mossi nel gioco dell'intertestualità, interna e esterna, facendo tesoro di quanto si può ormai ricostruire grazie alle corrispondenze inedite e a preziosi documenti d'archivio. Per questo le riflessioni, gli studi su temi e scrittura, si sono intrecciate con testimonianze inedite che hanno riportato al Dessì degli anni universitari e agli appunti sulle sue ricerche da parte di uno dei suoi maestri (Luigi Russo), o hanno restituito la voce dell'autore tramite i giovanili progetti e abbozzi di romanzo, i diari, le lettere sue e degli amici. A chiudere la giornata, come adesso il volume, la testimonianza di un'artista, Maria Lai, che ha tradotto in linguaggio artistico-figurativo la Leggenda del sardus pater e ha saputo, con poche affettuose parole e con qualche aneddoto, ricordare la forte personalità, l'eccezionalità umana, oltre che artistica, dello uno scrittore.