Fuori c'è l'aurora boreale
- Editore:
Salani
- A cura di:
- J. E. Vold
- Traduttore:
- D'Avino M. V.
- Data di Pubblicazione:
- 21 gennaio 2010
- EAN:
9788862560146
- ISBN:
8862560141
- Pagine:
- 484
- Formato:
- brossura
- Argomenti:
- DIARI E LETTERE, Olocausto
Descrizione Fuori c'è l'aurora boreale
Ruth è nata nel 1920 in una famiglia ebrea: è una ragazza attenta, vivace, che ama la poesia, la musica, la letteratura; la sua vita è piena di speranze e di sogni per il futuro. Presto, però, il confronto con la realtà della persecuzione, della guerra e della deportazione entra a far parte della sua vita. Dalla famigerata "Notte dei Cristalli" in poi, la vita di Ruth diviene una specie di corsa contro il tempo. Fuggita in Norvegia, dal 1939 al 1942 terminerà gli studi superiori, lavorerà, conoscerà persone nuove e interessanti: intellettuali, poeti, artisti. Già da giovanissima, Ruth mostra di possedere una rara capacità di comprendere in quale direzione si muovono le forze politiche che agitano l'Europa, e un'altrettanto straordinaria capacità di prevedere cosa sarebbe successo. È ancora adolescente quando, attorno ai dodici anni, inizia a scrivere un diario. Gli appunti che prenderà, i suoi racconti, le confessioni, le emozioni che convoglia sulla carta la accompagneranno per tutto il corso della sua breve esistenza.
Recensioni degli utenti
Aurora boreale-14 luglio 2011
Romanzo di grande qualità, mi venne consigliato da un esperto di letteratura angloamericana. Il ricorso a nomi evocativi della Grande Tradizione (Samsa in primis) , a pure allegorie nominali quali il protagonista stesso (Erdman, il tedesco uomo della terra) o alcuni dei comprimari (il compositore wagneriano Tondichter che richiama il vocabolo tedesco per poeta, Dichter, ed il Ton, il suono della classica definizione Ton-Wort-Drama) non nobilita uno scritto che appare nel suo pretestuoso canovaccio un trito dejavu dei più eccelsi topoi letterari cui si richiama. Jancar risente di Hrabal nella descrizione dei sordidi bassifondi di Maribor, sua città natale, e di Kafka e Musil su tutti per la abiezione spirituale che avvertita e presente incombe sul protagonista e sul mondo in cui "si lascia vivere" un mondo che s'incammina incosciente lungo i crinali dell'abisso della II Guerra Mondiale. Un abisso che, collettivo ed individuale al contempo, si avventa con i funesti presagi dell'aurora boreale realmente manifestatasi il 25 gennaio 1938 sull'Europa Centrale a colorare di fosche striature di fiamma il già vacillante ordine originatosi dalla disgregazione dell'Impero bicipite. In questo nucleo tematico, la Storia che vichianamente sempre si compie, è da ravvisarsi il plusvalore del libro. Risuona forte la connotazione autobiografica di chi, come l'autore, si scopre accusato di crimini mai compiuti ma di cui l'establishment abbisogna per giustificare e mondare ciclicamente la propria società ed il proprio sonnolento apparato. Trapelano in alcuni icastici passaggi le acute considerazioni dell'autore sulle così poco conciliabili caratterisitche etniconazionali dei popoli (il croato, il serbo, il bosniaco, lo sloveno) che solo la Ragion di Stato di uno stato autoritario poteva ritenere essere una unica grande nazione per tutti gli Slavi del Sud.