Elogio della storia

Anche le menti meno acute avevano intuito che, nell'ultimo decennio del Novecento, la Storia era ben lungi dal correre verso il suo epilogo, ma nessuno avrebbe mai sospettato che fosse addirittura sul punto di materializzarsi. E invece l'inimmaginabile è accaduto. All'alba del nuovo secolo, essa si è d'un tratto incarnata in una fascinosa etera ed ha, per così dire, mostrato la lingua. Parodiando misuratamente la Follia cui Erasmo da Rotterdam diede voce or sono quasi cinquecento anni, ha tessuto le lodi di se stessa. Lo ha fatto sbalordendo una variegata platea davanti alla quale illustri ma rissosi pensatori avevano, fino a quel momento, dissertato convulsamente sul quesito “What is History?”. Quali che possano essere, al riguardo, le opinioni del professor Hayden White e del suo detrattore Geoffrey R. Elton, si tratta, senza ombra di dubbio, del più sensazionale evento metastorico di tutti i tempi. Mai, infatti, prima che un simile prodigio si verificasse, univoche considerazioni sulla Storia erano scaturite, come per una sorta di partenogenesi, dal loro stesso oggetto, né gli innumerevoli argomenti che depongono a favore di essa si erano combinati nella forma intrigante dell'autoelogio anziché in quella dottrinale e ormai stucchevole dell'apologia. Ma il dato rilevante è ben altro. Un vorticoso immaginario collettivo che la circuiva è imploso, conferendole una incoercibile materialità e lasciandosi letteralmente fagocitare da essa. La Storia da noi tutti immaginata ha catturato infatti, a sua volta, il nostro potere immaginifico; entità straordinaria, ben più di quanto non abbia saputo esserlo l'angelo dipinto da Paul Klee nell'interpretazione che ne dava Gerhard Scholem, significa quel che è, ma è anche, nondimeno, tutto quel che significa. Ciò si desume con evidenza dal discorso che essa ha pronunciato e che noi qui fedelmente riproduciamo, corredato di note critico-bibliografiche che attestano la fondatezza di ogni sua parte.