I dirupi e le grotte primitive della Barbagia avvolgono la decrepita abitazione di una famiglia nobile sul baratro della miseria, la cui sorte sembra essere riposta nelle mani di una donna sbucata dal nulla anni addietro. Annesa, bionda e impenetrabile, imbratter\u00e0 la propria anima di sangue pur di salvare i propri benefattori, condannandosi a una vita di penitenza e di stenti. Non diversamente dal protagonista di Elias Portolu<\/i> e da Efix del celeberrimo Canne al vento<\/i>, anche Annesa rientra nella logica del delitto e castigo di dostoevskiana memoria, esplicitata gi\u00e0 dal grande Momigliano. Inoltre ne L\u2019edera<\/i>, come in Cenere<\/i>, \u00e8 una donna a caricarsi sulle spalle il peso della sofferenza e del sacrificio, a riprova del fatto che Deledda risulta lontana anni luce da quello stereotipo irrancidito che la vuole ancora rappresentare come un\u2019arcigna antifemminista. Lo stile \u00e8 luminoso anche nelle pagine pi\u00f9 buie, perch\u00e9 un pulsante grido di vita riesce a pervadere ogni sfumatura, facendo intravedere in controluce la salute, per non dire la salvezza, di una societ\u00e0 inconsapevolmente malata.<\/p>
Grazia Deledda<\/b> (Nuoro, 1871 \u2013 Roma, 1936), nota ai pi\u00f9 per essere stata l\u2019unica italiana a vincere il premio Nobel per la letteratura (1926), consacr\u00f2 la propria esistenza alla scrittura e alla famiglia. Dopo un\u2019infanzia e un\u2019adolescenza intensamente spese nelle terre selvagge della Sardegna centro-orientale \u2013 dove, nonostante le numerose tragedie famigliari che la colpirono e il peso dei velenosi pregiudizi maschilisti sulle sue velleit\u00e0 artistiche, inizi\u00f2 precocemente a comporre racconti, brevi saggi e articoli \u2013 si trasfer\u00ec con il marito Palmiro Madesani, poi divenuto suo agente, a Roma, citt\u00e0 in cui scrisse i suoi romanzi di maggior successo, pressoch\u00e9 tutti ambientati nell\u2019isola sarda: Elias Portolu<\/i> (1900); Cenere<\/i> (1903); L\u2019edera<\/i> (1908); Canne al vento<\/i> (1913); Marianna Sirca<\/i> (1915); La madre<\/i> (1920) e Cosima<\/i> (postumo: 1937). Nonostante la sua indole schiva, che la port\u00f2 a condurre sempre un m\u00e9nage ritirato e lontano dalla mondanit\u00e0 salottiera della capitale, riusc\u00ec a imporsi nel panorama letterario italiano e straniero per la straordinaria forza e originalit\u00e0 delle sue opere.<\/p>","gtin":"9788825418682","mpn":"","image":"https:\/\/img2.libreriauniversitaria.it\/EIT\/280\/868\/9788825418682.jpg","name":"Ebook L\u2019edera","offers":{"@type":"Offer","url":"https:\/\/www.libreriauniversitaria.it\/ebook\/9788825418682\/autore-grazia-deledda\/ebook-l-edera.htm","priceCurrency":"EUR","price":3.99,"itemCondition":"https:\/\/schema.org\/NewCondition","availability":"https:\/\/schema.org\/InStock","seller":{"@type":"Organization","name":"Libreria Universitaria"}}}]
Letteratura - romanzo (199 pagine) - Come la pianta che dà il titolo a questo potente romanzo di ambientazione sarda, le vicende di Annesa, eroina misteriosa, degna delle migliori tragedie classiche, e al contempo originalissima nel suo spirito tormentato, si aggraticceranno intorno al vostro spirito, costringendovi a non staccare gli occhi dalla pagina. I dirupi e le grotte primitive della Barbagia avvolgono la decrepita abitazione di una famiglia nobile sul baratro della miseria, la cui sorte sembra essere riposta nelle mani di una donna sbucata dal nulla anni addietro. Annesa, bionda e impenetrabile, imbratterà la propria anima di sangue pur di salvare i propri benefattori, condannandosi a una vita di penitenza e di stenti. Non diversamente dal protagonista di Elias Portolu e da Efix del celeberrimo Canne al vento, anche Annesa rientra nella logica del delitto e castigo di dostoevskiana memoria, esplicitata già dal grande Momigliano. Inoltre ne L’edera, come in Cenere, è una donna a caricarsi sulle spalle il peso della sofferenza e del sacrificio, a riprova del fatto che Deledda risulta lontana anni luce da quello stereotipo irrancidito che la vuole ancora rappresentare come un’arcigna antifemminista. Lo stile è luminoso anche nelle pagine più buie, perché un pulsante grido di vita riesce a pervadere ogni sfumatura, facendo intravedere in controluce la salute, per non dire la salvezza, di una società inconsapevolmente malata. Grazia Deledda (Nuoro, 1871 – Roma, 1936), nota ai più per essere stata l’unica italiana a vincere il premio Nobel per la letteratura (1926), consacrò la propria esistenza alla scrittura e alla famiglia. Dopo un’infanzia e un’adolescenza intensamente spese nelle terre selvagge della Sardegna centro-orientale – dove, nonostante le numerose tragedie famigliari che la colpirono e il peso dei velenosi pregiudizi maschilisti sulle sue velleità artistiche, iniziò precocemente a comporre racconti, brevi saggi e articoli – si trasferì con il marito Palmiro Madesani, poi divenuto suo agente, a Roma, città in cui scrisse i suoi romanzi di maggior successo, pressoché tutti ambientati nell’isola sarda: Elias Portolu (1900); Cenere (1903); L’edera (1908); Canne al vento (1913); Marianna Sirca (1915); La madre (1920) e Cosima (postumo: 1937). Nonostante la sua indole schiva, che la portò a condurre sempre un ménage ritirato e lontano dalla mondanità salottiera della capitale, riuscì a imporsi nel panorama letterario italiano e straniero per la straordinaria forza e originalità delle sue opere.