Delitto a Via del Traditore, sgozzato alla befana: una lama per Alessandro I Duca di Firenze di Sabato Cuttrera, Arturo Bascetta edito da ABE

Delitto a Via del Traditore, sgozzato alla befana: una lama per Alessandro I Duca di Firenze

Editore:

ABE

Data di Pubblicazione:
8 maggio 2024
EAN:

9788872974360

ISBN:

8872974364

Pagine:
164
Formato:
rilegato
Argomento:
Storia moderna dal 1450-1500 al 1700
Acquistabile con o la

Descrizione Delitto a Via del Traditore, sgozzato alla befana: una lama per Alessandro I Duca di Firenze

Solo chi ama non bada alle minacce dell'amico del cuore o dell'amato. E Alessandro De' Medici e i suoi cugini, figliocci dello zio Papa, a sentire i cronisti, pare amassero tutto e tutti: gli amici e le donne, il danaro e il potere, Firenze e la famiglia. A reggere le redini era il Papa. A chi aveva dato la bacchetta ducale, a chi l'onore dell'ambasceria a chi del segretariato, ma a tutti quello di essere inconsapevoli spie nelle sue mani. Lui decise la pace fasulla con i Francesi: al futuro cristianissimo Re diede in sposa Caterina e al di lei fratello affidò la fede di Margherita d'Austria, figlia di Carlo V ancora in fasce. La bambola imperiale non crebbe all'improvviso, ma nel mentre visitò il futuro sposo a Firenze, lo Zio acquisito in Vaticano, e la bella Napoli, capitale di quel Regno, dove restò a studiare e a fare propri i modi gentili della corte dove si 'allevavano' tutti i principini d'Italia. Alessandro, già cresciuto, fra amicizie particolari e avventure amorose, impiegò il suo tempo a fortificare la città, allontanando da essa fuorusciti, condannati e avversari politici che si rifacevano al partito di Strozzi. Il Duca si fidava solo di Cosimo, e di Lorenzaccio, con i quali andava a spassarsela, passando da un letto all'altro, fra un consiglio dell'uno e il filosofare dell'altro. Poi Carlo V tornò vincitore dall'Africa e accelerò i tempi per incontrare tutti a Napoli, dove diede decine di feste durate decine di giorni in quei lunghi mesi di vacanza-lavoro a cavallo fra il 1535 e il 1536. Sembrò talmente motivato alla pace che, fra donativi e donazioni, condannò i dissapori e facilitò le unioni a ogni costo. Gli risultò però difficile dirimere la causa fra fuoriusciti fiorentini e il loro Signore, beffeggiato finanche a Partenope, tagliando corto con i suoi avversari e annunciando le nozze napoletane, seduta stante, fra la figlia e il Duca. E come da contratto, la cerimonia continuò a Firenze, dove il ritorno restò proibito agli esclusi i nemici, e dove gli sposi dispensarono baci e abbracci ai cardinali e agli artisti che ne dipinsero le lodi e forse le necessarie dosi di veleno almeno per il Cardinale Ippolito. Da quest'altro caso irrisolto nacque forse il risentimento del congiunto Lorenzaccio che iniziò a pensare, e a volte dire, di voler uccidere il cugino, padre e padrone di Firenze. L'odio divenne di dominio pubblico, ma il Duca diede poco retta a quelle dicerie di Cosimo e del Vettori, continuando a dare e a ricevere amore, più che fraterno, da Lorenzo, nel suo stesso letto di casa. Ma il cugino davvero premeditava il peggio, con la complicità di Scoronconcolo e di Freccia, che aveva tirato fuori dai guai, disposti perciò a tutto, perfino ad ammazzare il Duca. La qual cosa presto gli fu richiesta, dopo il consueto ballo in maschera della Befana, quando il Duca, un po' stanco e un po' invaghito di un amore inesistente, attese la morte nel letto del palazzo vuoto, di poi abbattuto dal successore, facendo nascere giustappunto la famosa via del traditore. Ma dalla spada alle chiacchiere passarono troppi giorni, quelli utilizzati da Cardinale Cybo per far credere ai Fiorentini che il Duca fosse vivo, in attesa che i militari prendessero tutte le fortezze. E mentre l'abile prelato nascondeva il cadavere, il senato ratificava la successione sul petto di Cosimo e la giovane moglie versava le sue prime lacrime. Si era consumato a Firenze un omicidio di stato, commesso da un congiunto, che era anche l'amico più caro e amato dalla vittima. La cabala del « 6 » sbizzarrì i Fiorentini più dei Napoletani, ma ormai Alessandro era morto, e del suo assassino non restò che una lettera di giustifica al parentato. Troppo tardi: gli ottimati e il senato avevano già scelto Cosimo.

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