Mio caro pitone di Romain Gary edito da Neri Pozza

Mio caro pitone

Editore:

Neri Pozza

Collana:
Biblioteca
A cura di:
J. Hangouët
Traduttore:
Fedriga R.
Data di Pubblicazione:
6 maggio 2010
EAN:

9788854503137

ISBN:

8854503134

Pagine:
225
Formato:
brossura
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Trama Mio caro pitone

Cousin porta il cappello, un cravattino a farfalla giallo a pallini blu, sciarpa e soprabito. E vestito, insomma, come si conviene a uno che fa di mestiere lo statistico e passa la giornata a contare senza sosta. In ufficio, spasima per la signorina Dreyfus, una nera che viene dalla Guyana francese, bella con la sua minigonna e gli stivali di pelle a mezza coscia. Cousin, però, non ha mai tentato approcci diretti per una forma di delicatezza. Ogni tanto frequenta Marlyse, Iphigenie o Loretta, puttane di buon cuore che gli si appolipano addosso, lo guardano negli occhi e gli dicono: "Mio povero tesoro". Per non sentirsi, però, "un uomo con nessuno dentro", come dice il suo capufficio, Cousin ha escogitato qualcosa di meglio di fuggevoli abbracci a pagamento. Di ritorno da un viaggio organizzato in Africa si è portato a casa Gros-Câlin, un gigantesco pitone. Così, quando rientra inaridito dall'ufficio, trova finalmente sul letto, arrotolata, una creatura che dipende interamente da lui e per la quale lui rappresenta tutto. Ha acquistato anche una piccola topolina bianca per scaraventarla nelle fauci di Gros-Câlin. Poi quelle orecchie rosa, quel musino fresco hanno fatto breccia nel suo cuore. Biondina, così ha battezzato il piccolo animale, trascorre ora felice il suo tempo nel cavo della sua mano. Certo vi è un contrattempo di non poco conto nel convivere con Gros-Câlin. Quale donna si aggirerebbe in una casa con un pitone di due metri e venti?

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Recensioni degli utenti

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4 di 5 su 5 recensioni

A tratti molto ironico e divertenteDi c. lello-17 maggio 2012

Dolcissimo, romantico, surreale e molto altro ancora. Un bel romanzo, un libro diverso, che si sottrae un po' dai soliti schemi. Un romanzo ben composto, ben strutturato, tratteggiato con mano raffinata e con una profonda sensibilità. Un percorso nella psiche, una panoramica fantastica, una vicenda d'amore ed anche qualcos'altro.

Mio caro pitoneDi C. Lia-30 luglio 2011

Molto bello, poi è scritto benissimo e non risulta ostico nemmeno per il lettore alle prime armi. Cousin è uno statistico sempre ben vesitito, preseguitato da una solitudine che affronta con ironia e dall'amore per una collega, la signorina Deyfus, che proviene dalla Guyana francese e che gli fa battere il cuore quando indossa stivali di pelle e la minigonna. Per consolarsi Cousin frequenta assiduamente delle prostitute e ospita in casa un enorme pitone di nome Gors-Calin che gli dà molto affetto arrotolandosi al suo corpo dalla testa ai piedi. Se il pitone gli tiene compagnia, lo allontana, purtroppo, da tutte le altre possibili frequentazioni, compresa la donna delle pulizie, e lo condanna nuovamente alla solitudine. Per nutrire il pitone compra una topolina bianca a cui si affeziona a tal punto da non poterla dare in pasto all'amico e, quindi, anch'essa diventa conforto per Cousin, che ama stringerla nel cavo della mano. Il romanzo termina con un doppio finale, il primo, quello dell'editore, è più enigmatico, quasi sospeso, lascia spazio all'interpretazione. Mentre quello scelto dall'autore, definito finale ecologico, culmina in una fusione surreale tra l'uomo e il pitone.

Mio caro pitoneDi T. Elisa-25 febbraio 2011

Cousin è un tipo davvero strano. Vive a Parigi e lavora alla stiatistica. Veste in modo originale ma non è uno stravagante, anzi è piuttosto introverso e solitario. Nutre una profonda passione - peraltro mai esternata né corrisposta - per la collega Dreyfus, una "bonona" nera originaria della Guyana. Sempre bisognoso di abbracci, frequenta abitualmente delle prostitute. Di ritorno da una vacanza in Africa si porta a casa un pitone di due metri e venti con il quale instaura un vero e proprio rapporto affettivo, dopo aver sistemato alcuni aspetti, anche di carattere condominiale, che quella strana convivenza presuppone. Non ultimo il problema del cibo. La felicità per Cousin è restare dolcemente avvolto dalle spire del pitone. Intanto continua a vivere la sua platonica storia d'amore con la Dreyfus che un giorno gli fa visita con tre colleghi, spinti dalla curiosità di vedere l'animale. Il finale è di tipo psicologico. Deluso in amore e respinto dalla società, un individuo simile non può sfuggire a uno sdoppiamento della personalità: consegna il rettilese stesso a uno zoo e inizia a comportarsi come il suo amato pitone. Sorvolando su alcune volgarità e gli inevitabili doppi sensi - d'altra parte funzionali alla storia - è un romanzo triste e divertente insieme. Scrittore dalla personalità complessa e con una produzione letteraria sterminata, Romain Gary lo aveva pubblicato nel 1974 con il titolo Gros-Calin (è il nome che dà al pitone) e lo pseudonimo di Emile Ajar. Solo quest'anno è stato pubblicato da Neri Pozza che meritoriamente, seppur con venti anni di ritardo, continua a far conoscere lo scrittore in Italia.

Mio caro pitoneDi M. Alessia-4 novembre 2010

Il più bello scritto sulla solitudine, l'incomunicabilità, l'incapacità di superare le barriere culturali che abbia letto finora. Un protagonista che passa le sue giornate a costruire alibi e gallerie di specchi per sè e per coloro che lo circondano.

Un abbraccio lungo due metri e ventiDi T. Sara-26 agosto 2010

E' insieme di una tenerezza e di uno sconforto disarmanti. Cousin cerca una vita autentica, completamente diversa da quella massificata che vede tutti i giorni nella gente e per sfuggire alla solitudine angosciosa dell'individuo solo in mezzo a mille arriva persino a pensarsi animale. Pitone, come il suo amato rettile col quale ha convissuto quasi un anno. E' difficile stabilire rapporti umani di qualità e seppure lui si sforzi enormemente nel cercare l'affetto e la vicinanza altrui (ad esempio immagina di mangiare patatine fritte dal piatto del vicino, così, per poter attaccare bottone o si siede vicino stretto a qualcuno in uno scompartimento completamente vuoto), l'amore vero che dà senso a tutto non lo trova. Non gli bastano i settanta secondi di ascensore con la signorina Dreyfus e neppure l'abbraccio confortante del suo rettilone. Cousin vuole "esistere" e non soltanto "vivere", sentirsi utile, essere considerato, anche in negativo - non importa. Il romanzo è stato scritto nei primi anni settanta, quando forse di "spersonificazione" era ancora presto parlare, ma racconta di sentimenti che oggi appaiono assolutamente all'ordine del giorno. E di un'ossessione per i numeri, l'1 in particolare, nel quale Cousin si identifica e che trova assolutamente imperfetto - assillato dallo zero a davanti ad una folla infinita di numeri plurimi, accompagnati. Il passaggio più tenero (ma ce ne sono davvero tantissimi) è per me quello del letto: non l'ha scelto singolo perchè fa 1 e sarebbe una resa di fronte alla possibilità di trovare qualcuno, ma allo stesso tempo il doppio abitato da uno è desolante - se fosse singolo almeno ti darebbe la scusa per essere solo. Da qui il dilemma, sempre scorbutico. E lui, mi pare, il letto ce l'ha a una piazza e mezza.