Pulce. La vita di Lionel Messi

È solo un bambino gracile e con seri problemi di salute, quando sale su un aereo che scavalca l’oceano. Dall’Argentina alla Spagna, a Barcellona, dove ha sede una delle più prestigiose squadre di calcio del mondo: il Barça, il Barcellona. Lo chiamano “la pulce”, “il nano” e non sempre con rispetto. Così gracile – ha senso che un grande club ci perda tempo, fatiche e soldi? Suo padre Jorge crede di sì. Un dirigente della squadra crede di sì. Al punto da siglare un accordo su un tovagliolo di carta, al ristorante. È il 2001. L’inizio di notti passate a piangere. Lontano dalla madre e dal resto della famiglia, che ha riposto tutte le speranze in lui. La partenza per un viaggio che molti intraprendono, ma ben pochi portano a destinazione. Una sfida contro se stesso, cominciata quando palleggiava centinaia di volte senza sbagliare. Quando dormiva con il pallone accanto. Leo, passa! Ma Leo non passa. E dribbla uno dopo l’altro gli avversari. Ieri i talentosi ragazzi di Rosario, in Argentina. Oggi i più grandi campioni del mondo, gli assi del Real Madrid, del Manchester, della Juventus, che sfilano in tutta la loro gloria in queste pagine. Perché il bambino che non passava ha stretto i denti, si è asciugato le lacrime ed è arrivato. Incurante di strappi e fratture, forte nonostante invidie e gelosie. Il bambino che non passava ha alzato al cielo, primo nel mondo, quattro Palloni d’Oro. E sta lottando per passare definitivamente alla storia alla testa della Nazionale argentina.
Come nasce una leggenda? Seguendo il cuore. Non arrendendosi mai. È questo che ci insegna la storia di Lionel “Leo” Messi. Ieri un bambino che piangeva. Oggi un gigante del calcio mondiale.