La nuova vita delle Alpi di Enrico Camanni edito da Bollati Boringhieri

La nuova vita delle Alpi

Collana:
Temi
Data di Pubblicazione:
24 maggio 2002
EAN:

9788833914022

ISBN:

883391402X

Pagine:
225
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Descrizione La nuova vita delle Alpi

Esistono prove di umanizzazione delle Alpi a partire da 15000-10000 anni fa. L'uomo cominciò a frequentare le alte quote prima come cacciatore occasionale, poi come pastore e contadino stanziale, il montanaro ha sviluppato in migliaia di anni quella raffinata civiltà alpina che, in forme mutevoli, è sopravvissuta fino alla prima metà del Novecento, a anche più tardi nelle valli isolate. Ma quando la civiltà ha scoperto la montagna, la civiltà alpina è stata insidiata dalla salita della civiltà urbana. Il libro propone una nuova trasformazione non regressiva.

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2 di 5 su 1 recensione

La terza via nel rapporto col mondo alpinoDi P. Cristiana-7 maggio 2011

Letto in allegato a "Le Alpi" di Marco Cuaz, mi ha affascinata ed interessata molto meno. Anche Camanni ricostruisce l'evoluzione, nel corso della storia, del rapporto tra l'uomo e l'ambiente alpino, risalendo ben più indietro di Cuaz, sino all'uomo del Similaun. La sua attenzione, però, si concentra maggiormente su altri aspetti, quali le eternamente insolute dicotomie del tipo: montagna incontaminata alla Ruskin o playground alla Stephen? Due visioni opposte, che convivono oggi nella contrapposizione tra immagine letteraria-pubblicitaria e realtà del mondo alpino. Oppure, è più importante rendere la montagna accessibile a tutti o difendere e preservare il paesaggio, riservandolo ad una ristretta élite? O ancora, sicurezza o avventura? Alpinismo come sport senza rischi o come esperienza estrema, ai limiti della follia? L'autore propone, inoltre, quella che chiama "la terza via", senza cadere negli eccessi opposti di "museificazione" delle Alpi, né di urbanizzazione selvaggia. Da un lato, è sbagliato voler cristallizzare il mondo alpino, continuando a reintrodurre riti, feste, tradizioni dimenticate, oppure costruendo persino i McDonald's in "simil-antico", quasi fossero casette di montanari. Dall'altro, è insensato rendere la montagna uguale alla città: che attrattiva avrebbe poi? La cosa più bella e importante ed unica della montagna sono proprio i paesaggi: è controproducente distruggerli per fare quattro soldi sul momento. In conclusione, è necessario, dunque, che le Alpi preservino le proprie culture e tradizioni, senza però chiudersi ed isolarsi, senza temere scambi con la città che possono essere reciprocamente utili e senza tentare un impossibile ritorno al passato. L'autore propone alcuni esempi: la promozione di un turismo più "dolce", come lo sci di fondo e l'escursionismo, che non danneggino il paesaggio; l'incentivazione dei prodotti e delle attività locali, volta anche a rilanciare l'economia alpina; la chiusura di molte aree alle automobili... E suggerisce anche al viaggiatore alcune regole, come la lentezza, la contemplazione del paesaggio, l'immedesimazione all'interno delle tradizioni locali, la scoperta di un mondo nuovo, la ricerca della peculiarità della montagna, non dei punti in comune con la città, il dialogo con i locali ecc. Si tratta certamente di un testo molto utile per comprendere i problemi odierni della montagna, sfatando anche molti stereotipi. Ritengo, tuttavia, che risenta di un'idealizzazione eccessiva della montagna: quest'idea del turista che arriva sui monti per ascoltare il suono del vento, per contemplare la sublimità dei paesaggi innevati, per respirare un po' di aria buona ed assaporare suoni, colori, sapori locali, ricercando un piacevole dialogo con il pastore o il venditore di formaggio o il falegname di paese mi sembra tanto suggestiva quando idilliaca, un po' alla Heidi. Offre comunque interessanti spunti di riflessione.