Le meraviglie di St. Urbain Street di Mordecai Richler edito da Adelphi
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Le meraviglie di St. Urbain Street

Editore:

Adelphi

Collana:
Fabula
Traduttore:
Salvatorelli F.
Data di Pubblicazione:
8 ottobre 2008
EAN:

9788845923234

ISBN:

8845923231

Pagine:
154
Formato:
brossura
Disponibile anche in E-Book
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Trama Le meraviglie di St. Urbain Street

Chi ha di Mordecai Richler l'immagine di un narratore irresistibile e torrenziale (irresistibile anche perché torrenziale) deve metterla da parte. Da vero epigono di razza del cabaret yiddish, Richler sapeva perfettamente come allestire un one man show, cioè come scrivere e interpretare un breve monologo che sotto l'ombrello di una comicità viscerale e inarginabile disegnasse, attraverso le vicissitudini e i tic di un personaggio, tutto un mondo. Non è dunque un caso che nel 1969, a metà circa della sua carriera, abbia deciso di prendersi una vacanza, e raccontare daccapo le storie del suo quartiere a Montreal, solo in una forma più diretta e confidenziale, lasciando cioè che si sovrapponessero e si intrecciassero così come, in apparenza, gli venivano in mente. Ecco perché in queste pagine si mischiano, con la massima libertà possibile, una disamina delle catastrofiche ripercussioni di un pezzo di "Time" sulla vita quotidiana di St. Urbain Street, una divagazione sull'uso "privato" delle cabine telefoniche pubbliche e un manualetto sul sesso redatto da un cultore della materia assai vicino a molti lettori: Duddy Kravitz. Per capire di chi è questo libro, e cosa offra, basterebbe insomma aprirlo a caso, senza neppure guardare la copertina.

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4 di 5 su 6 recensioni

Sempre ironicoDi g. marco-29 aprile 2012

Un frammento di vita americana degli anni vicino alla guerra, che porta con se anche e soprattutto spunti familiari, privati, ambientati nel quadro di St. Urbain Street e dintorni. Questo per ciò che concerne la descrizione, come dire, oggettiva del contenuto di questo romanzo. Ma questo libro è scritto da Richler, da questo sorprendnete narratore che trasforma ogni cosa che scrive in una esperienza da vivere, e non solo da leggere, con entusiasmo e intelligenza.

Le meraviglie di St. Urbain StreetDi l. emanuela-1 aprile 2011

L'ennesima sua opera brillante e potente che viene pubblicata da Adelphi. Pubblicato nel '69, quando Richler non aveva ancora raggiunto i 40, "Le meraviglie si St. Urbain" è uno struggente compendio dei ricordi di infanzia e della prima adolescenza dello scrittore Mordecai. Dall'arrivo in Canada, Montreal, del proprio nonno, alle vicissitudini dell'errante popolo ebreo, da i primi sintomi dele benessere economico al commovente tripudio della comunità ebraica alla nascita dello Stato d'israele. Lo stile di Richler è come al solito disincantato e raffinatissimo allo stesso tempo, i suoi personaggi si ricordano non per probe virtù ma per le proprie debolezze e meschinità, e nel mezzo lui, il ragazzo Mordechai, che cresce, osserva, impara e matura la propria vita.

Le meraviglie di St. Urbain StreetDi G. Valeria-20 novembre 2010

Delizioso! Si sorride, e spesso si ride, dalla prima all'ultima riga. Ogni pagina è intrisa della stessa squisita ironia, qui ovviamente servita in abbondante salsa yiddish, che si trova anche in certi racconti autobiografici di John Fante. Bella e appropriata anche la foto scelta da Adelphi per la copertina e intitolata "Tarzan dei lampioni"

Le meraviglie di St. Urbain StreetDi B. Mark-8 novembre 2010

Spaccati di vita e cultura yiddish confezionati a mo' di romanzetto. Per raccontarci, come se non l'avesse fatto mai nessuno, di come gli ebrei siano salaci, spiritosi, e di quanto le mamme yiddish siano così...yiddish. Mordecai ha fatto di gran lunga meglio, quando non si è messo in testa di scrivere folcloristiche didascalie come questa.

Un monello alla scoperta della vitaDi M. MARA-1 gennaio 2009

« In questo agile libretto, nato nel 1969, uscito con Hoepli tre mesi fa, l'A. raccoglie, narrandole in forma confidenziale e con linguaggio immediato, le storie del quartiere di Montreal -in cui trascorse l'infanzia e la prima giovinezza- che, fino agli anni 60 del Novecento, ospitava una vivacissima comunità ebraica. Le vicende raccontate si intrecciano nella massima libertà; cosicché si può aprire il libro a caso, senza pericolo di falsarne l'anima. Con l'irresistibile spirito yiddish è ritratta una variegata umanità come vista da un ragazzino dotato, fin dai primi anni, di un forte spirito polemico e di osservazione, alle cui battutacce nulla e nessuno sfuggono. Le diverse figure di commercianti, tra le quali spicca Tansky,un comunista idealista, insomma, la cui clientela era costituita soprattutto da ambulanti ebrei. Di sua proprietà era la scassata cabina telefonica color marrone, una vera istituzione per il vicinato; infatti se ne servivano i numerosi che, allora, non avevano il telefono in casa. Detta cabina era istoriata da scarabocchi che tendevano all'esuberanza pornografica e alla vanteria. A Tansky si contrapponeva certo Myerson, suo diretto concorrente; nel locale di costui tuttavia non andava mai nessuno perché egli era scorbutico, viperino. E poi gli amici, con i quali vengono compiute fantastiche scorribande, come quella di trasformare una spiaggia, già riservata ai gentili,come recita il cartello all'ingresso, a spiaggia riservata ai lituani, come avverte il medesimo cartello, corretto alla bisogna. Nell'allegra compagnia spicca un personaggio che ritroviamo nell'universo di Richler: Duddy Kravitz, il lazzaroncello ebreo, famoso per lo spiccato senso degli affari. La guerra stessa è, per così dire, vista in seconda battuta attraverso i racconti di chi ritorna, come l'amico Benny; le narrazioni sono per lo più sintetiche, a volte quasi un botta/e risposta: Com'è stato, laggiù?; Educativo. Con il raffinato -unico- umorismo tipico degli ebrei che sanno ridere di se stessi senza cedere a soggezioni di sorta, sono descritti i personaggi che entrano in casa dell'A. come pigionanti. Il primo è certo Herr Babinger. Ometto esile, cranio lucente di calvizie, di poche parole, pare vivere nell'ansia per la sorte di moglie e figlio, lasciati in Europa, dei quali nulla più sa. Ansia che tuttavia non gl'impedisce di prendere di mira il povero Mordecai, stigmatizzandone ogni comportamento perché inadatto ad un ragazzino della sua età, al punto di esasperarlo e suscitarne giustificate reazioni. Quest'uomo, ritenuto dai genitori la quintessenza del povero perseguitato, in realtà si dimostra d'animo perfido. Altra figura colorita di ospite pagante è un giovane goy di nome Mervyn Kaplansky, aspirante scrittore. Il romanzo con cui egli vorrebbe passare alla storia si chiama Gli sporchi ebrei; tutto un programma! Ma si tratta di un titolo ironico, fa osservare la madre al padre stupefatto. Non è ben chiaro se ci troviamo di fronte ad un artista o a qualcuno ricco di aspirazioni, ma povero di talento. Ad un certo punto Mervyn, anziché un editore, incontra una ragazza di famiglia ebrea ortodossa, i Rosen, disposti ad accoglierlo nel loro grembo; ma sarà costretto a fuggire in fretta e furia a causa di una frottola inventata per coprire il proprio fallimento. E poi l'attività nel gruppo aderente a Habonim, organizzazione mondiale della gioventù socialista sionista, gli entusiasmi, per Erets Yisroel, visto come la soluzione contro l'antisemitismo; la raccolta dei fondi destinati a rinverdire il deserto o a comprare armi per la Haganah -ricavandovi, ove possibile, unacresta di pochi centesimi bastevoli per la matinée al Rialto-. Lo sciogliersi di tante amicizie, complici i fatti della vita, a cominciare dalla fine delle scuole superiori, la conclusione malinconica di sentirsi estranei, come nel quadretto finale del libro. Da consultare, leggendo le voci una ad una per la suggestione che emanano, il breve glossario dei principali termini yiddish ed ebraici, dove puoi immaginare che un Boyele, che si è fatto una scorpacciata di Latkes, sarà oggetto dei rimproveri di una Yente. Mara Marantonio Bernardini, 28 dicembre 2008»

Le scoperte di un monelloDi M. MARA-1 gennaio 2009

In questo agile libretto, nato nel 1969, uscito con Hoepli tre mesi fa, l'A. raccoglie, narrandole in forma confidenziale e con linguaggio immediato, le storie del quartiere di Montreal -in cui trascorse l'infanzia e la prima giovinezza- che, fino agli anni 60 del Novecento, ospitava una vivacissima comunità ebraica. Le vicende raccontate si intrecciano nella massima libertà; cosicché si può aprire il libro a caso, senza pericolo di falsarne l'anima. Con l'irresistibile spirito yiddish è ritratta una variegata umanità come vista da un ragazzino dotato, fin dai primi anni, di un forte spirito polemico e di osservazione, alle cui battutacce nulla e nessuno sfuggono. Le diverse figure di commercianti, tra le quali spicca Tansky,un comunista idealista, insomma, la cui clientela era costituita soprattutto da ambulanti ebrei. Di sua proprietà era la scassata cabina telefonica color marrone, una vera istituzione per il vicinato; infatti se ne servivano i numerosi che, allora, non avevano il telefono in casa. Detta cabina era istoriata da scarabocchi che tendevano all'esuberanza pornografica e alla vanteria. A Tansky si contrapponeva certo Myerson, suo diretto concorrente; nel locale di costui tuttavia non andava mai nessuno perché egli era scorbutico, viperino. E poi gli amici, con i quali vengono compiute fantastiche scorribande, come quella di trasformare una spiaggia, già riservata ai gentili,come recita il cartello all'ingresso, a spiaggia riservata ai lituani, come avverte il medesimo cartello, corretto alla bisogna. Nell'allegra compagnia spicca un personaggio che ritroviamo nell'universo di Richler: Duddy Kravitz, il lazzaroncello ebreo, famoso per lo spiccato senso degli affari. La guerra stessa è, per così dire, vista in seconda battuta attraverso i racconti di chi ritorna, come l’amico Benny; le narrazioni sono per lo più sintetiche, a volte quasi un botta/e risposta: “Com'è stato, laggiù; Educativo. Con il raffinato -unico- umorismo tipico degli ebrei che sanno ridere di se stessi senza cedere a soggezioni di sorta, sono descritti i personaggi che entrano in casa dell'A. come pigionanti. Il primo è certo Herr Babinger. Ometto esile, cranio lucente di calvizie, di poche parole, caratteristico intercalare teutonico pare vivere nell'ansia per la sorte di moglie e figlio, lasciati in Europa, dei quali nulla più sa. Ansia che tuttavia non gl'impedisce di prendere di mira il povero Mordecai, stigmatizzandone ogni comportamento perché inadatto ad un ragazzino della sua età, al punto di esasperarlo e suscitarne giustificate reazioni. Quest'uomo, ritenuto dai genitori la quintessenza del povero perseguitato, in realtà si dimostra d'animo perfido. Altra figura colorita di ospite pagante è un giovane goy di nome Mervyn Kaplansky, aspirante scrittore. Il romanzo con cui egli vorrebbe passare alla storia si chiama Gli sporchi ebrei; tutto un programma! Ma si tratta di un titolo ironico, fa osservare la madre al padre stupefatto. Non è ben chiaro se ci troviamo di fronte ad un artista o a qualcuno ricco di aspirazioni, ma povero di talento. Ad un certo punto Mervyn, anziché un editore, incontra una ragazza di famiglia ebrea ortodossa, i Rosen, disposti ad accoglierlo nel loro grembo; ma sarà costretto a fuggire in fretta e furia a causa di una frottola inventata per coprire il proprio fallimento. E poi l’attività nel gruppo aderente a Habonim, organizzazione mondiale della gioventù socialista sionista, gli entusiasmi, per Erets Yisroel, visto come la soluzione contro l'antisemitismo; la raccolta dei fondi destinati a rinverdire il deserto o a comprare armi per la Haganah -ricavandovi, ove possibile, unacresta di pochi centesimi bastevoli per la matinée al Rialto-. Lo sciogliersi di tante amicizie, complici i fatti della vita, a cominciare dalla fine delle scuole superiori, la conclusione malinconica di sentirsi estranei, come nel quadretto finale del libro. Da consultare, leggendo le voci una ad una per la suggestione che emanano, il breve glossario dei principali termini yiddish ed ebraici, dove puoi immaginare che un Boyele, che si è fatto una scorpacciata di Latkes, sarà oggetto dei rimproveri di una Yente. Mara Marantonio Bernardini, 28 dicembre 2008