Il castello di Otranto di Horace Walpole edito da Rizzoli
Alta reperibilità

Il castello di Otranto

Editore:

Rizzoli

Traduttore:
Praz M.
Data di Pubblicazione:
7 febbraio 2007
EAN:

9788817015592

ISBN:

8817015598

Pagine:
167
Formato:
brossura
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Trama Il castello di Otranto

Si suppone che gli avvenimenti si svolgano nel Duecento. Manfredo, signore di Otranto, nipote dell'usurpatore del regno che ha avvelenato Alfonso, il lettimo sovrano, vive sotto l'incubo di una profezia, secondo cui la stirpe dell'usurpatore continuerà a regnare, finché il legittimo sovrano non sia divenuto troppo grosso per abitare il castello e finché discendenti maschi dell'usurpatore lo occupino. Quando la profezia sembra avverarsi, Manfredo atterrito confessa il modo dell'usurpazione e si ritira in un monastero con la moglie. Il romanzo fu pubblicato nel 1764 e, nella prima edizione, era descritto come una versione dall'italiano.

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2 di 5 su 6 recensioni

Totalmente delusoDi C. Giovanni-29 gennaio 2017

Il mio punto di vista finisce inevitabilmente con l'uniformarsi a quello di tutti coloro che l'hanno letto senza pensare alla realtà del tempo, cosa peraltro difficile da realizzarsi, se non impossibile. Non riesco a dare una stellina solo perché si tratta del capostipite del genere gotico, definizione che mi lascia non poco perplesso e che mi ha anche ingannato, avendomi indotto a riporre in questo romanzo aspettative deluse completamente. Ho cercato di forzare volontariamente la mia angoscia durante la lettura, immaginandomi nel buio di quell'umido castello; ho provato a parlarne bene con le persone con cui sono a contatto, senza sentirmi totalmente convinto di quel che dicevo; ho tentato di tener dietro agli intrecci familiari, che evidentemente non mi andranno mai a genio. E quando l'ho finito, prima di riprendere in mano un libro con l'intenzione di leggerlo, è trascorso più di un mese. Ripensandoci, penso che una stellina la meriti tutta.

Il castello di OtrantoDi L. Giuseppe-26 settembre 2011

Gotico demodè, se ha un merito è quello di prezioso reperto storico di un epoca, il romanticismo, che larga influenza ha avuto sulla narrativa moderna. Si rilevano infatti quelle caratteristiche di mistero, di passioni occulte, di incombenza della morte, del realizzarsi di antiche profezie, di personaggi del tutto straordinari e immaginari, che uniti a un'atmosfera cupa, di tensione psicologica, costituiscono gli elementi basilari per opere successive, senz'altro di maggior pregio, quali, una per tutte, Frankenstein di Mary Shelley. Non è che allora il romanzo di Walpole meriti di essere letto solo in considerazione delle sue caratteristiche innovative? Purtroppo devo rispondere che l'opera non presenta altri particolari elementi di valore, perché i personaggi appaiono degli stereotipi, tutti buoni o tutti cattivi, per non parlare della trama in cui i dialoghi sono avulsi dalla tensione che è invece presente, anche se assai contenuta. C'è da considerare peraltro l'epoca, il modo elaborato di scrivere e di parlare, che toglie quell'indispensabile senso di immediatezza e di logicità di comportamento in protagonisti sottoposti a prove naturali e sovrannaturali tali da impedire loro qualsiasi forma di reazione calma e ponderata. Di questo se n'era accorto anche Walter Scott, che nell'introduzione al Castello d'Otranto del 1826 prende un po' le difese di Walpole, attribuendogli finalità che, probabilmente l'autore, già deceduto, non si era mai posto. Scrive, fra l'altro, Scott " Il suo scopo era quello di raffigurare la vita e i costumi dell'epoca feudale com'erano veramente e di dipingerli nel tumulto e nelle fortunose vicende messe in atto dalla macchina del sovrannaturale, un sovrannaturale che la superstizione del tempo accoglieva con passiva credulità. ". Il discorso non fa una grinza, ma il medioevo di Walpole risente troppo dei canoni della letteratura inglese del settecento, con i personaggi che, ancorché passionali, si esprimono in modo lezioso in qualsiasi circostanza, con una ricchezza di vocaboli che non era tipica nel Medioevo anche nelle classi più abbienti e pertanto maggiormente istruite; di conseguenza non mi sento di avallare questa ipotesi. Secondo me, invece, più aderente alla realtà è il giudizio espresso nel 1919 da Virginia Woolf, che, sulla scorta della passione di Horace per gingilli, anticaglie, per quel piccolo castello in stile gotico che si era fatto costruire, parla di un libero sfogo dell'immaginazione, in cui le visioni e le passioni lo affascinavano, tributando così di fatto alla sua opera quell'importanza dovuta più alla fantasia, del tutto fuori dalla norma dell'epoca, e che giustamente farà ricordare lo scrittore inglese come il capostipite del genere gotico. Eppure, nonostante gli evidenti difetti che ho evidenziato, sono proprio gli stessi a costituire motivo di interesse, perché comunicano l'aroma di un mondo passato, in cui il formalismo si anteponeva a tutto, e il fatto che questo comportamento si riflettesse anche in campo letterario rappresenta per l'uomo più pragmatico del XXI secolo una preziose fonte di archeoletteratura per aiutare a comprendere un'epoca, in cui, non dimentichiamolo, nacque anche il romanzo d'avventura, con quel Robinson Crusoè, di Daniel Defoe, che tanto ha alimentato i nostri sogni giovanili.

L'inizio della letteratua goticaDi C. Alessandro-21 marzo 2011

Il castello di Otranto di Walpole rappresenta il capostipite della fortunata stagione gotica che avrebbe trionfato per tutto il secolo successivo. Il castello, i passaggi segreti, i misteri, i fantasmi sono caratteristiche che poi diventeranno tipiche del genenere, la storia tuttavia è in gran parte incentrata sulla storia "cavalleresca" delle vicende del principato di Otranto. Libro di veloce lettura, classico da leggere assolutamente.

L'esordio del GoticoDi c. francesca-28 settembre 2010

Quando ho deciso di avvicinarmi al gotico ho pensato di cominciare dal primo romanzo di questo genere narrativo. Purtroppo l'ho trovato deludente, niente a che vedere con Bram Stoker. L'ambientazione del castello rappresentava un ottimo spunto, tuttavia è stato sfruttato male. Storia banale. Spessore psicologico dei personaggi inesistente. Un 2.

All'alba del goticoDi O. Paolo-22 settembre 2010

Walpole è l’inconsapevole e fortunato inventore di un genere letterario che riscontrerà notevole successo nei decenni a venire: il romanzo gotico. Vicenda che sembra partire come una qualsiasi fiaba per bambini, “Il castello di Otranto” presenta un intreccio elaborato, e può, a ben vedere, definirsi un romanzo d’azione, piuttosto che gotico. La storia di Manfredo, principe di Otranto, scorre veloce, senza un attimo di tregua, quasi si trattasse di una tragedia in un unico atto; si mescolano intrighi, elementi sovrannaturali e tematiche – tipo del Romanticismo nero, ovattate tuttavia, immerse in un’atmosfera fantastica: l’incesto, il tiranno crudele, i sentimentalismi e la fede incondizionata nella Provvidenza… Nonostante il romanzo non abbia molta profondità ed appaia piuttosto semplicistico, non risulta difficile immaginare come abbia potuto amplificare gli atteggiamenti medievaleggianti del Romanticismo, trasformando gli stereotipi che presenta in veri drammi psicologici della produzione successiva.

Il primo romanzo di genere goticoDi M. Renzo-29 agosto 2009

Strano tipo Horace Walpole, che nella prefazione alla prima edizione del 1765 del Castello d'Otranto, dice che l'opera altri non è se un libro stampato a Napoli nel 1529, trovato nella biblioteca di un'antica famiglia inglese e da lui tradotto. In ciò si comporta né più ne meno come James Macpherson che pubblica nel 1760 i Canti di Ossian, attribuendoli a un leggendario bardo di nome appunto Ossian. Un altro elemento di curiosità è dato dal fatto che Walpole tesse smisurate lodi dell'autore dell'opera, sconosciuto, ma che, ipotesi nell'ipotesi, potrebbe essere un astuto sacerdote cattolico. Il castello d'Otranto, opera preromantica, ha un notevole successo e allora Walpole nella prefazione alla seconda edizione si rivela, peraltro ricevendo più di un biasimo. Al di là della vicenda della paternità questo romanzo, che non potrà mai essere ricordato come un capolavoro della letteratura, presenta tuttavia caratteristiche peculiari tali che ne decretano la doverosa memoria, trattandosi del primo libro di genere gotico. Si rilevano infatti quelle caratteristiche di mistero, di passioni occulte, di incombenza della morte, del realizzarsi di antiche profezie, di personaggi del tutto straordinari e immaginari, che uniti a un'atmosfera cupa, di tensione psicologica, costituiscono gli elementi basilari per opere successive, senz'altro di maggior pregio, quali, una per tutte, Frankenstein di Mary Shelley. Non è che allora il romanzo di Walpole meriti di essere letto solo in considerazione delle sue caratteristiche innovative? Purtroppo devo rispondere che l'opera non presenta altri particolari elementi di valore, perché i personaggi appaiono degli stereotipi, tutti buoni o tutti cattivi, per non parlare della trama in cui i dialoghi sono avulsi dalla tensione che è invece presente, anche se assai contenuta. C'è da considerare peraltro l'epoca, il modo elaborato di scrivere e di parlare, che toglie quell'indispensabile senso di immediatezza e di logicità di comportamento in protagonisti sottoposti a prove naturali e sovrannaturali tali da impedire loro qualsiasi forma di reazione calma e ponderata. Di questo se n'era accorto anche Walter Scott, che nell'introduzione al Castello d'Otranto del 1826 prende un po' le difese di Walpole, attribuendogli finalità che, probabilmente l'autore, già deceduto, non si era mai posto. Scrive, fra l'altro, Scott " Il suo scopo era quello di raffigurare la vita e i costumi dell'epoca feudale com'erano veramente e di dipingerli nel tumulto e nelle fortunose vicende messe in atto dalla macchina del sovrannaturale, un sovrannaturale che la superstizione del tempo accoglieva con passiva credulità.". Il discorso non fa una grinza, ma il medioevo di Walpole risente troppo dei canoni della letteratura inglese del settecento, con i personaggi che, ancorché passionali, si esprimono in modo lezioso in qualsiasi circostanza, con una ricchezza di vocaboli che non era tipica nel Medioevo anche nelle classi più abbienti e pertanto maggiormente istruite; di conseguenza non mi sento di avallare questa ipotesi. Secondo me, invece, più aderente alla realtà è il giudizio espresso nel 1919 da Virginia Woolf, che, sulla scorta della passione di Horace per gingilli, anticaglie, per quel piccolo castello in stile gotico che si era fatto costruire, parla di un libero sfogo dell'immaginazione, in cui le visioni e le passioni lo affascinavano, tributando così di fatto alla sua opera quell'importanza dovuta più alla fantasia, del tutto fuori dalla norma dell'epoca, e che giustamente farà ricordare lo scrittore inglese come il capostipite del genere gotico. Eppure, nonostante gli evidenti difetti che ho evidenziato, sono proprio gli stessi a costituire motivo di interesse, perché comunicano l'aroma di un mondo passato, in cui il formalismo si anteponeva a tutto, e il fatto che questo comportamento si riflettesse anche in campo letterario rappresenta per l'uomo più pragmatico del XXI secolo una preziose fonte di archeoletteratura per aiutare a comprendere un'epoca, in cui, non dimentichiamolo, nacque anche il romanzo d'avventura, con quel Robinson Crusoè, di Daniel Defoe, che tanto ha alimentato i nostri sogni giovanili. Sono in ogni caso dell'idea, che, pur con i suoi limiti stilistici, ancor oggi possa costituire una gradevole lettura per gli appassionati degli amori impossibili e delle storie a lieto fine, dove a trionfare è sempre il bene, anche e soprattutto grazie all'elemento soprannaturale.