
Volevo tacere
- Editore:
Adelphi
- Collana:
- Biblioteca Adelphi
- Traduttore:
- Sgarioto L.
- Data di Pubblicazione:
- 9 maggio 2017
- EAN:
9788845931604
- ISBN:
8845931609
- Pagine:
- 147
- Formato:
- brossura
Libro Volevo tacere di Sándor Márai
Trama libro
L’autore del capolavoro "Le braci", Sandor Marai, scrive "Volevo tacere", un romanzo d’amore, morte e politica in cui l’arte di tacere è paradossalmente l’arte della parola. Il primo grado della saggezza è saper tacere, il secondo è saper parlare poco e moderarsi nel discorso. Questo accade ai protagonisti del libro di Marai, intenti ad occupare le loro vite con le parole quando avrebbero dovuto semplicemente scegliere il silenzio per raccontare e per raccontarsi. Uno scrittore o una donna qualunque differiscono davvero per l’uso della parola che uno sa fare sapientemente e l’altro malamente? Per lo scrittore ungherese sì, ma forse sono proprio le parole ad allontanare gli uomini. In uno sguardo invece è contenuto il senso del romanzo, il fine stesso della vita ovvero andare avanti e amarsi, sostenersi, aiutarsi. In amore avrebbe voluto tacere il protagonista per portare con se nella vita la sua innamorata, ma avrebbe dovuto farlo anche in politica per non finire dietro le sbarre e continuare ad avere la sua libertà. E’ più importante, infine, l’espressione, o avere un amore e una libertà da conservare? La domanda amletica trova risposta nelle pagine magistrali di Volevo tacere di Sandor Marai
Descrizione
«Volevo tacere. Ma il tempo mi ha chiamato e ho capito che non si poteva tacere. In seguito ho anche capito che il silenzio è una risposta, tanto quanto la parola e la scrittura. A volte non è neppure la meno rischiosa. Niente istiga alla violenza quanto un tacito dissenso»: sono le parole che Márai incide sulla soglia di questo libro bruciante. Un libro di cui nel suo diario dice: «Non voglio che questa triste confessione, questo atto d'accusa nei confronti della nazione ungherese, venga letto anche da stranieri». Tant'è che si era deciso a pubblicarne solo una parte (la seconda: Terra, terra!...), e solo nel 1972. Un «testamento tradito», dunque? Non c'è dubbio. Come non c'è dubbio che (non diversamente che in altri, notevolissimi casi) ne sia valsa la pena: perché qui - in uno stile asciutto ed efficace, che non cela tuttavia l'amarezza di fondo - Márai racconta gli anni che vanno dall'Anschluss (quando lui era ancora un autore e un giornalista famoso) al giorno in cui i carrarmati tedeschi varcarono i confini ungheresi nel marzo 1944, e spinge lo sguardo fino ad altri giorni ferali: l'arrivo dei sovietici nel 1945, la scelta dell'esilio nel 1948. In quegli anni «una sorta di nebbia gialla era calata sugli occhi di una società in preda all'amok», una società che continuava a cullarsi in una «speranza autoingannatoria» senza rendersi conto di vivere «su un pantano ribollente sotto cui gorgogliava un vulcano». Il grande romanziere delle Braci ci consegna in queste pagine una appassionante testimonianza, che abbaglia per il modo in cui unisce la malinconia del ricordo alla precisione e all'acutezza delle analisi storiche.