Un vivo che passa. Auscwitz 1943 - Theresienstadt 1944 di Claude Lanzmann edito da Cronopio

Un vivo che passa. Auscwitz 1943 - Theresienstadt 1944

Editore:

Cronopio

Collana:
Rasoi
A cura di:
F. Sossi
Data di Pubblicazione:
1 ottobre 2002
EAN:

9788885414792

ISBN:

8885414796

Pagine:
95
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Descrizione Un vivo che passa. Auscwitz 1943 - Theresienstadt 1944

Essere soprattutto due occhi e vedere, cercare di vedere al di là di ciò che gli veniva mostrato: questo era il compito di Maurice Rossel, delegato della Croce Rossa Internazionale cui fu concesso di visitare il campo di Auschwitz nel 1943 e, qualche mese dopo, il ghetto di Theresienstadt. Eppure questa intervista che egli ha rilasciato a Claude Lanzmann nel 1979 diventata un film autonomo, parla solo della sua cecità, del suo aver visto senza vedere.

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3 di 5 su 1 recensione

Un cieco che passaDi c. monica-11 febbraio 2011

Rossel era giovane e stanco di far parte dell'esercito svizzero di frontiera, si arruola nella Croce Rossa Internazionale per svolgere quel lavoro che ormai tutti si rifiutavano di fare perché pericoloso: ispezionare i campi di prigionia in mano ai tedeschi. Le informazioni sullo sterminio di massa stavano ormai facendo il giro del mondo, si sapeva che gli ebrei una volta entrati nel Lager di Auschwitz sarebbero morti tutti e Rossel parte per ispezionare questo Lager con la raccomandazione della Croce Rossa Internazionale di vedere e guardare al di là di quello che realmente gli viene proposto di vedere, insomma di leggere tra le righe. Arriva a Berlino e non incontra cittadini tedeschi che lo evitano perché pericoloso parlare con un delegato della Croce Rossa Internazionale, potevano trapelare quelle informazioni che ormai erano un dato di fatto anche per i tedeschi e Rossel non si pone domande in merito. Rossel non è autorizzato a vedere nessun prigioniero civile, non ha l'autorità per farlo perché essi sono di esclusiva proprietà dell'esercito tedesco. Entra nel campo di Auschwitz consapevole delle atrocità che ne venivano commesse e non vede la scritta all'ingresso "Il lavoro rende liberi". Entra nel campo di Auschwitz senza aver dato nessun preavviaso al Comando del campo, una visita improvvisata quindi nessuna opera di abbellimento del campo da parte dei nazisti e Rossel non vede i Krematori, parla con qualcuno che forse è il comandante del campo del più e del meno per meno di una ora. Vede una colonna di scheletri in pigiama a righe scrivendo poi nel suo rapporto, che in quegli uomini l'unica cosa ancora viva erano gli occhi, occhi vuoti incuriositi nel vedere un uomo non in divisa, giustifica la loro magrezza dicendo: "In fondo nei campi di prigionia tutti erano magri". E' in Lager e non vede i bagliori delle fiamme dei Krematori ne sente gli odori (colpa del vento che aveva cambiato direzione). E poi si reca a Theresienstadt, il ghetto per anziani, la città che Hitler ha regalato agli ebrei, il ghetto di transito. Il suo arrivo era stato annunciato da tempo, i nazisti ebbero tutto il tempo per abbellire a dovere quel posto di annientamento. Rossel parla soltanto con il sindaco della città di Theresienstadt, la gente lo evita impaurita e lui nota solo gli abbigliamenti dei prigionieri che mostrano, come disse, la realtà di una cittadina normale dove c'è chi è più abbiente e chi è meno abbiente, però tutti portano il segno distintivo degli ebrei: la stella gialla. Scrive nel suo rapporto che la città modello è troppo affollata e lo giustifica dicendo che in fondo era popolata da anziani e, anche se le famiglie vivevano separate, non potevano soffrire in quanto non avevano più istinti carnali. Il sindaco parla del campo finale e Rossel interpreta questa affermazione come una cittadina che accoglie persone che da lì non saranno mai deportate. Rossel definisce i prigionieri del ghetto modello dei privilegiati, persone ricche che si possono comperare la salvezza, definisce Theresienstadt la citta' comunista comandata da Stalin. Lui ha conosciuto le atrocità di quel ghetto modello solo dopo la fine della guerra e incolpa della sua totale cecità, cioè il non vedere nulla nonostante le informazioni e i dettagli evidenti, i prigionieri, che non gli fecero mai l'occhiolino o che non gli infilarono di nascosto bigliettini in tasca. Rossel non ha visto nulla perché non ha voluto vedere e sentirte nulla.