Trama Vite che non sono la mia
«Da sei mesi a questa parte, ogni giorno, di mia spontanea volontà, passo alcune ore davanti al computer a scrivere di ciò che mi fa più paura di qualsiasi altra cosa: la morte di un figlio per i suoi genitori, quella di una giovane madre per i suoi figli e suo marito. La vita ha fatto di me il testimone di queste due sciagure, l'una dopo l'altra, e mi ha incaricato - o almeno io ho capito così - di raccontarle...». Il caso ha infatti voluto che Emmanuel Carrère fosse in vacanza nello Sri Lanka quando lo tsunami ha devastato le coste del Pacifico, e che si trovasse ad accompagnare una giovane coppia di connazionali lungo le penosissime incombenze pratiche necessarie per ritrovare il corpo della figlia di quattro anni; e che, pochi mesi dopo, gli accadesse di seguire un'altra vicenda dolorosa, quella che porterà alla morte per cancro la sorella della sua compagna. C'è un solo modo per ricevere il dolore degli altri: farlo diventare il proprio dolore. Questo è il compito che si assume Carrère, riuscendo a scrivere, senza mai cadere nell'enfasi, ma mettendo a fuoco con la precisione ossessiva di un reporter ogni minimo particolare, uno dei suoi libri più «scandalosi» - e proprio per questo più amati dai lettori.
Recensioni degli utenti
Lezione di vita-8 maggio 2012
Con prosa rigorosa, barocca, a volte fredda ma a momenti delicata, Carrère ci parla di quanto sia doloroso perdere qualcuno improvvisamente, ma anche lasciare qualcuno che, malato, sa che se ne sta andando e prova terrore, paura e dolore che mutano in parte di te e ti costringono a guardare il mondo con altri occhi. Questo romanzo ti porta ad apprezzare, nonostante tutto, la melodia della vita, ma non è una lettura che consiglierei a chiunque, perchè raggiunge vette di empatia struggente.
Il dolore non ha voce-26 agosto 2011
Non è un libro semplice. Intanto non lo si può definire un romanzo, nè una biografia, nè un saggio. Una "riflessione" piuttosto su temi grandi come il dolore e la morte, che l'autore compie quasi per svegliare qualcosa in sè, per riportare la propria vita (piena di soddisfazioni ma disordinata, superficiale) e la propria concezione di vita su un giusto binario. Però alle volte ho letto tra le righe una sorta di autocompiacimento fuori luogo o comunque non necessario e anche i tentativi di rendersi partecipe dell'altrui dolore un esercizio inutile anche per uno scrittore.
Vite che non sono la mia-4 agosto 2011
Uno sguardo inconsueto, drastico sul significato profondo che una grande tragedia fa su di noi. Le analisi sono senz'altro impietose: non capisco tuttavia la necessita' di doversi per forza ergere a testimone dei drammi subiti da questi giovani uomini e donne. Sulla forza - anche e sopratutto emotiva - dello tsunami l'ultimo film di Eastwood va oltre; alle doglianze per la perdita di una madre non so cosa aggiungere, se non che così purtroppo la vita va per molti. Non e' ne' bello ne' piacevole, si spera sempre che la campana non suoni per noi, ma e' un sentiero che toccherà percorrere. Un libro che non avrei scritto: mi pare non aggiunga nulla.