La vita agra di Luciano Bianciardi edito da ExCogita

La vita agra

Editore:

ExCogita

A cura di:
A. Betani
Data di Pubblicazione:
30 maggio 2013
EAN:

9788896678558

ISBN:

8896678552

Pagine:
302
Formato:
brossura
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Trama La vita agra

A oltre cinquant'anni dalla prima uscita de "La vita agra", il romanzo più celebre di Luciano Bianciardi, ne viene proposta un'edizione annotata che intende favorire la comprensione delle ragioni intrinseche alla genesi del romanzo ("una grossa pisciata", "una storia mediana e mediocre", "la storia di una solenne incazzatura, scritta in prima persona singolare"), liberandolo da falsi miti e sottolineandone i pretesti narrativi. Un ampio apparato di note consente di esplorare il tessuto culturale e sociale sul quale il romanzo si fonda e di scoprire i collegamenti con le altre opere di Bianciardi e con quelle da lui tradotte, rivelandosi quindi indispensabile strumento didattico per l'approfondimento della lettura. Nello stesso tempo, vengono fornite notizie preziose e inedite - riguardanti il testo, l'autore e la Milano del cosiddetto "boom economico" - che restituiscono una dimensione intima e completa della narrativa bianciardiana anche a chi si avvicini a essa per la prima volta.

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4 di 5 su 6 recensioni

La vita agraDi r. Travis-2 settembre 2011

Bianciardi fu una penna straordinaria e La vita agra fu di certo il suo capolavoro, la vicenda prende origine dal disastro minerario di Ribolla nel 1954, in cui perirono 43 minatori, per negligenza, ma soprattutto per calcoli di economia del padronato in cui il valore di una vita umana non rientrava minimamente. E' così che il protagonista, nel desiderio di vendicare quegli innocenti, da buon anarchico vuole colpire il simbolo del potere che si annida in un palazzone di Milano, il torracchione, da far saltare con una giusta combinazione di aria e metano, proprio come era avvenuto per lo scoppio di grisù in miniera. Il proposito è ardito, la volontà è salda, ma la grande città è un mostro che piano piano ingloba, appiattisce, distrugge la vita e gli ideali. Nemmeno il desiderio di coinvolgere i suoi cittadini schiavi in un moto di ribellione (bellissima la descrizione delle partenze degli operai alla sera dalla stazione Centrale di Milano) può trovare sbocco, perché in quei sudditi l'appiattimento si è trasformato in apatia e l'abitudine in rassegnazione, anzi è gente che crede di poter convivere con il mostro che li asservisce. E' un'umanità impersonale, quasi i suoi componenti non avessero il volto, oppure questo è sistematicamente eguale fra le donne, una sorta di automi inaciditi e invecchiati prima del tempo, a cui al massimo è concessa la facoltà di far le scarpe agli altri, in una modesta carriera che assomiglia a uno scontro quotidiano. Solo una appare non inglobata, quella Anna di cui lui, già sposato con Mara rimasta al paese con il pargolo, si innamora perdutamente, per reazione e perché tanta è la differenza rispetto alle altre. In concomitanza con la conoscenza di questa compagna di vita iniziano le pagine più autenticamente rivoluzionarie con una visione libera totalmente della vita sessuale, con un richiamo forte a un amore fisico secondo natura, scevro dall'ossessiva pubblicità che sembra dare e invece toglie tutto, in una satira della classe dirigente come prima non si era mai scritta. Nell'attesa, sempre più disillusa, di arrivare a far saltare non solo il torracchione, ma il coperchio di potere che schiaccia la città, il protagonista, per mantenere sé, la sua compagna e la famiglia, è costretto a lavorare, a fare il traduttore di testi letterari che, nella realtà, come ebbe a dire Bianciardi, divenne poi la sua effettiva occupazione. E' un lavoro duro, non valutato adeguatamente, in cui un intellettuale preparato, impegnato ore e ore, finisce presto in preda all'amarezza, a quella vita agra che dà il titolo al libro. Sono pagine intense, anche di profonda commozione e che riescono a dare la misura del disagio esistenziale. Al riguardo mi permetto di citare due righe, non di più, ma ampiamente sufficienti per comprendere l'agro della vita: "Non è un mestiere avventuroso; le sue gioie e i suoi dolori dall'esterno si vedono assai poco. ". E' la disgregazione di un ideale, è una rassegnazione che si spegne dentro, con un finale profondamente triste: l'anarchico, in origine saldo, determinato, pieno di ardore, è stato avvinto dai tentacoli di quel sistema che lui voleva scardinare. La sua è stata solo una missione impossibile.

La vita agraDi l. alice-12 aprile 2011

Un libro capitale, fondamentale, nell'educazione intellettuale e morale dell'uomo contemporaneo. Uno degli scrittori più interessanti del secondo '900 italiano, irregolare ed atipico: morto in fretta e dimenticato ancor prima. Sul libro si è detto e scritto molto, per cui non vado ad aggiungere banalità di cui non c'è bisogno. Osservo solo che dietro la patina cinica ed anarcoide, forse anche nichilista, del racconto, stanno le straordinarie qualità analitiche dell'autore (si prenda la descrizione delle segretarie di Milano), e quasi una predizione dell'implosione successiva al boom economico dei primi anni '60; di cui, forse, stiamo ancora pagando il prezzo. A suo modo un racconto morale.

La vita agraDi V. Osvaldo-3 aprile 2011

Scrittura lucida, tagliente, con uno stile inconfondibile. Anche se abbiamo gusti antitetici, mio fratello minore mi consigliò di leggere quest'opera. Contenuto di una lucidità sociologica e psicologica inquietante e profetica. Critico, forte, ma anche sconsolato e arreso. Da leggere.

Storie metropolitane dagli anni '60Di M. Calogero-16 marzo 2011

Questo libro è, per forma e svolgimento narrativo, forse l'esempio di romanzo italiano maggiormente accostabile a "Tropico del Cancro" di Henry Miller. Romanzo di cui Luciano Bianciardi, puta caso, fu il traduttore. Non ci sono parole che bastino, a parer mio, a rendere il mondo de "La vita agra", un mondo che non si ferma alla descrizione dell'urbanità milanese (magistrale la parte riguardante l'uomo e il traffico stradale), ma che è contenuto nei concetti espressi, nello stile unico, fatto di neologismi di matrice estera o toscana. Un romanzo straordinario dal quale Lizzani ha tratto il bel film con Ugo Tognazzi.

La vita agraDi G. Giovanni-22 febbraio 2011

Ci vuole un briciolo di attenzione in più per questo romanzo, ma ne vale la pena. Una scrittura forte e spigolosa per questo corto romanzo che parla del lato oscuro del boom economico degli anni 60. Bello, secco, incazzato ma allo stesso tempo rassegnato, lucido ma estemporaneo. Va letto.

Missione impossibileDi M. Renzo-27 novembre 2008

Questo romanzo, in larga parte autobiografico, si sarebbe potuto anche intitolare Missione impossibile e il perché lo comprenderete con le righe che seguono. La vicenda prende origine dal disastro minerario di Ribolla nel 1954, in cui perirono 43 minatori, per negligenza, ma soprattutto per calcoli di economia del padronato in cui il valore di una vita umana non rientrava minimamente. E' così che il protagonista, nel desiderio di vendicare quegli innocenti, da buon anarchico vuole colpire il simbolo del potere che si annida in un palazzone di Milano, il torracchione, da far saltare con una giusta combinazione di aria e metano, proprio come era avvenuto per lo scoppio di grisù in miniera. Il proposito è ardito, la volontà è salda, ma la grande città è un mostro che piano piano ingloba, appiattisce, distrugge la vita e gli ideali. Nemmeno il desiderio di coinvolgere i suoi cittadini schiavi in un moto di ribellione (bellissima la descrizione delle partenze degli operai alla sera dalla stazione Centrale di Milano) può trovare sbocco, perché in quei sudditi l'appiattimento si è trasformato in apatia e l'abitudine in rassegnazione, anzi è gente che crede di poter convivere con il mostro che li asservisce. E' un'umanità impersonale, quasi i suoi componenti non avessero il volto, oppure questo è sistematicamente eguale fra le donne, una sorta di automi inaciditi e invecchiati prima del tempo, a cui al massimo è concessa la facoltà di far le scarpe agli altri, in una modesta carriera che assomiglia a uno scontro quotidiano. Solo una appare non inglobata, quella Anna di cui lui, già sposato con Mara rimasta al paese con il pargolo, si innamora perdutamente, per reazione e perché tanta è la differenza rispetto alle altre. In concomitanza con la conoscenza di questa compagna di vita iniziano le pagine più autenticamente rivoluzionarie con una visione libera totalmente della vita sessuale, con un richiamo forte a un amore fisico secondo natura, scevro dall'ossessiva pubblicità che sembra dare e invece toglie tutto, in una satira della classe dirigente come prima non si era mai scritta. Nell'attesa, sempre più disillusa, di arrivare a far saltare non solo il torracchione, ma il coperchio di potere che schiaccia la città, il protagonista, per mantenere sé, la sua compagna e la famiglia, è costretto a lavorare, a fare il traduttore di testi letterari che, nella realtà, come ebbe a dire Bianciardi, divenne poi la sua effettiva occupazione. E' un lavoro duro, non valutato adeguatamente, in cui un intellettuale preparato, impegnato ore e ore, finisce presto in preda all'amarezza, a quella vita agra che dà il titolo al libro. Sono pagine intense, anche di profonda commozione e che riescono a dare la misura del disagio esistenziale. Al riguardo mi permetto di citare due righe, non di più, ma ampiamente sufficienti per comprendere l'agro della vita: "Non è un mestiere avventuroso; le sue gioie e i suoi dolori dall'esterno si vedono assai poco.". E' la disgregazione di un ideale, è una rassegnazione che si spegne dentro, con un finale profondamente triste: l'anarchico, in origine saldo, determinato, pieno di ardore, è stato avvinto dai tentacoli di quel sistema che lui voleva scardinare. La sua è stata solo una missione impossibile.