Ultimo parallelo di Filippo Tuena edito da Rizzoli

Ultimo parallelo

Editore:

Rizzoli

Data di Pubblicazione:
2007
EAN:

9788817015813

ISBN:

8817015814

Pagine:
352
Formato:
rilegato
Acquistabile con la

Descrizione Ultimo parallelo

Gli esploratori vogliono essere i primi a raggiungere il Polo Sud. Hanno la nave carica di tutto quello che occorre per un'impresa temeraria in un clima impossibile: pellicce, racchette, cani, slitte, pony, provviste, macchine fotografiche, cineprese, quaderni su cui annotare ogni particolare, e persino un pallone per giocare a calcio sul ghiaccio. Solo in cinque raggiungeranno la meta, ma scopriranno che qualcuno li ha preceduti di 33 giorni, e la sfortuna non finirà qui. Il nuovo romanzo di Filippo Tuena è l'appassionata ricostruzione del viaggio eroico e tragico compiuto tra il 1911 e il 1912 dagli inglesi guidati da Robert Scott. Nelle disumane distese di ghiaccio dell'Antartide, un romanzo profondamente umano.

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4 di 5 su 2 recensioni

Ultimo paralleloDi r. Travis-2 settembre 2011

Ispirato ad un evento che ha fatto storia, la conquista del polo nord da parte di Amundson, però non solo non se ne era scritto mai in modo così dettagliato ed esauriente, ma addirittura nessuno aveva pensato di ricavarne un romanzo. Sappiamo dalla storia che il primo a raggiungere il Polo Sud fu il grande esploratore norvegese Roald Amundsen, ma, benché il suo nome appaia in questo libro, non ci è mai dato di vederlo, anzi l'autore lo circonda di un alone da divinità vichinga, sì che ci pare di vedere la sua slitta, trainata dai cani, correre sul ghiaccio veloce come un fulmine e dritta alla meta. Lui è il vincitore, è l'uomo che ha sconfitto la natura, ma lo scopo di Filippo Tuena non è di parlare di eroi trionfanti, bensì di ipotetici eroi ritornati nei ranghi della debolezza umana di fronte a fatti e a circostanze che, nonostante l'insuccesso, hanno destinato i lori nomi all'eternità. Ecco, allora, perchè in questo libro si narra solo della infausta spedizione inglese guidata da Robert Falcon Scott, il cui esito è a tutti noto, ma che nelle parole dello scrittore assurge a dimensioni titaniche, a una sorta di sacrificio umano, quasi il destino degli uomini che perdono la sfida con gli dei. E' stata una lettura sofferta, perché Tuena ha la rara capacità di coinvolgere chi si sofferma sulle sue parole, e così mi sono immerso in immense distese ghiacciate, ho visto uomini stremati che a braccia trainavano le slitte, ho avvertito il gelo entrarmi nelle ossa, mi sono amareggiato con la delusione di essere arrivato al polo non per primo, ho sofferto pene intense lungo la via di un ritorno che non ci sarà, mi sono rinchiuso in una fragile tenda convinto di essere senza futuro, mi sono accorto della presenza ossessiva, giorno dopo giorno, di un uomo in più. E questa sensazione dell'uomo in più, che in effetti hanno provato diversi esploratori nei momenti in cui la fatica sembrava insormontabile, tale da esaurire ogni energia residua, ed espressa in una sorta di visione incerta di un altro incappucciato e avvolto in un mantello bruno, è stata abilmente sfruttata da Tuena.

SfideDi M. Renzo-17 dicembre 2008

La vicenda trattata è abbastanza conosciuta ed è la tragica spedizione del 1911, condotta dal britannico Robert Falcon Scott nell'Antartide, per la conquista del Polo Sud. Però, non solo non se ne era scritto mai in modo così dettagliato ed esauriente, ma addirittura nessuno aveva pensato di ricavarne un romanzo. Sappiamo dalla storia che il primo a raggiungere il Polo Sud fu il grande esploratore norvegese Roald Amundsen, ma, benché il suo nome appaia in questo libro, non ci è mai dato di vederlo, anzi l'autore lo circonda di un alone da divinità vichinga, sì che ci pare di vedere la sua slitta, trainata dai cani, correre sul ghiaccio veloce come un fulmine e dritta alla meta. Lui è il vincitore, è l'uomo che ha sconfitto la natura, ma lo scopo di Filippo Tuena non è di parlare di eroi trionfanti, bensì di ipotetici eroi ritornati nei ranghi della debolezza umana di fronte a fatti e a circostanze che, nonostante l'insuccesso, hanno destinato i lori nomi all'eternità. Ecco, allora, perchè in questo libro si narra solo della infausta spedizione inglese guidata da Robert Falcon Scott, il cui esito è a tutti noto, ma che nelle parole dello scrittore assurge a dimensioni titaniche, a una sorta di sacrificio umano, quasi il destino degli uomini che perdono la sfida con gli dei. E' stata una lettura sofferta, perché Tuena ha la rara capacità di coinvolgere chi si sofferma sulle sue parole, e così mi sono immerso in immense distese ghiacciate, ho visto uomini stremati che a braccia trainavano le slitte, ho avvertito il gelo entrarmi nelle ossa, mi sono amareggiato con la delusione di essere arrivato al polo non per primo, ho sofferto pene intense lungo la via di un ritorno che non ci sarà, mi sono rinchiuso in una fragile tenda convinto di essere senza futuro, mi sono accorto della presenza ossessiva, giorno dopo giorno, di un uomo in più. E questa sensazione dell'uomo in più, che in effetti hanno provato diversi esploratori nei momenti in cui la fatica sembrava insormontabile, tale da esaurire ogni energia residua, ed espressa in una sorta di visione incerta di un altro incappucciato e avvolto in un mantello bruno, è stata abilmente sfruttata da Tuena. Infatti, Scott non parla in prima persona, e nemmeno l'autore, ma a rendere estremamente coinvolgente il testo ci pensa l'uomo in più, una specie di divinità antartica, e così è attraverso i suoi occhi che seguiamo l'intera vicenda. Demoralizzati per non essere arrivati primi, esausti, sfibrati da mesi di marcia, Scott e i suoi quattro compagni prendono la via per l'eternità, un calvario senza testimoni, ma in parte ritrovato in due diari e in una macchina fotografica, una sorta di epitaffio mancante solo dell'evento finale, di quel trapasso, per stenti e freddo, ormai quasi desiderato come la soluzione migliore per chi ha fallito e sta soffrendo le pene dell'inferno. Se nella fase preparatoria della spedizione e nell'avvicinamento alla meta la mano felice di Tuena non solo ha evitato di annoiare il lettore, ma anzi lo ha progressivamente reso partecipe, è proprio nel dramma finale che lo stile, la misurata pacatezza coinvolgono oltre ogni misura, in un lento, crescente, angoscioso stillicidio di eventi, di riflessioni, di tormenti interiori. Non scrivo altro, perché Ultimo parallelo, come tutti i capolavori, ha bisogno di essere meditato, assimilato a gradi, con il trascorrere del tempo, per scoprire ogni volta qualche nuova traccia preziosa.