Il traffico di migranti. Diritti, tutele, criminalizzazione edito da Giappichelli

Il traffico di migranti. Diritti, tutele, criminalizzazione

Editore:

Giappichelli

Data di Pubblicazione:
17 Dicembre 2015
EAN:

9788892101388

ISBN:

8892101382

Pagine:
344
Formato:
brossura
Argomento:
Diritto: immigrazione
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Descrizione Il traffico di migranti. Diritti, tutele, criminalizzazione

Quando nel novembre dell’anno scorso si è svolto a Palermo il Convegno “Traffico dei migranti: Sicilia, Italia, Europa” , i cui contributi sono di seguito raccolti, i molteplici problemi connessi al flusso di sbarchi sulle coste siciliane di soggetti provenienti dall’Africa avevano già raggiunto una gravità tale da attirare una attenzione pubblica al di là dei confini nazionali, specie nei paesi di destinazione finale dei migranti che sceglievano la Sicilia, e dunque l’Italia, come porta d’accesso all’Europa. Ne ha rappresentato una non trascurabile spia il crescente numero di delegazioni di parlamentari tedeschi del Bundestag e di singoli Lander, che si sono succedute in Sicilia nell’ultimo biennio per approfondire la conoscenza del fenomeno e verificare le modalità con cui viene affrontato. Il dato strutturale più significativo emerso di recente è tuttavia il cambio di paradigma segnato da una più decisa europeizzazione nella presa in carico del problema rispetto al passato. Nei documenti europei invero la consapevolezza dell’importanza del fenomeno migratorio non può dirsi certo nuova, specie a partire dall’abolizione delle frontiere interne anche per le persone ed alla contestuale crescita di interesse per una regolamentazione comune degli accessi dall’esterno. La svolta negli atteggiamenti collettivi in materia è però ricollegabile con ogni probabilità alla tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013: l’enormità del numero delle vittime di un unico naufragio impose con la forza dei fatti l’esigenza di ripensare la strategia nella reazione al fenomeno, e ciò tan-to in sede nazionale quanto appunto a livello europeo . Hanno così assunto crescente risalto i motivi umanitari connessi alla tutela delle vi-te in gioco: subito dopo quel tragico evento, con l’operazione Mare Nostrum la marina militare italiana ha spinto le operazioni di ricerca e salvataggio sino a 120 miglia dai nostri confini marittimi e al limite delle acque territoriali dei paesi sulla costa dell’Africa settentrionale, con costi ingenti per lo stato italiano ma riuscendo così a salvare in meno di un anno oltre 200.000 migranti. Solo durante il semestre di Presidenza italiana della Commissione Europea, nella seconda metà del 2014, si avvia una concretizzazione sul versante meridionale euro-mediterraneo dell’impegno affidato all’agenzia FRONTEX, creata dall’Unione Europea sin dal 2004 “per la cooperazione operativa alle frontiere esterne degli stati membri” . Peraltro, la recente condivisione europea dei problemi connessi ai migranti sul canale di Sicilia è segnata all’origine da una significativa limitazione della sfera dell’intervento umanitario: l’operazione europea denominata Triton, che dal dicembre 2014 ha sostituito la precedente italiana di Mare nostrum, aveva inizialmente un raggio ristretto entro 30 miglia dalle acque territoriali nazionali ed un budget iniziale ben inferiore (meno di un terzo) a quanto destinato dall’Italia all’altra. Una contraddizione riconducibile ad una sorta di riserva di fondo in non pochi osservatori di Mare Nostrum: gli interventi di recupero avanzati sino a poco lontano dalle coste di partenza, ancorché fondati su motivi umanitari, non rischiano forse di trasformarsi in un incentivo per i migranti e per le organizzazioni criminali che ne gestiscono il traffico? Certo, i componenti di queste ultime possono abbandonare ben presto gli scafi stracolmi di persone confidando sul recupero delle navi e gli stessi migranti vedono diminuiti i rischi connessi alle traversate della speranza. Tuttavia, l’idea che ridurre l’area di operatività delle azioni di salvataggio possa raggiungere l’equilibrio fra esigenze di tutela delle vite umane in gioco e gli avvertiti bisogni di controllo e contenimento del fenomeno appare, più che ipocrita, anche piuttosto ingenua: non solo infatti è disposta a concedere alla tutela delle persone solo lo spazio disegnato dai bisogni di controllo, ma anche trascura le reali cause strutturali del fenomeno migratorio, i divari strutturali nella qualità della vita e nelle prospettive di reddito fra i diversi popoli, le quali permangono indifferenti alla linea di intervento delle operazioni di search and rescue. La contraddizione iniziale alla base di Triton non tarda a deflagrare: a fronte dello stillicidio di corpi senza vita di migranti che si continuano a recuperare, occorre un nuovo naufragio eclatante – avvenuto poco fuori dalle acque territoriali libiche nell’aprile di quest’anno e con vittime stimate in numero doppio rispetto all’evento di Lampedusa – per dare una scossa all’impegno europeo, che convoca d’urgenza il 23 aprile un Consiglio Europeo straordinario sulle migrazioni nel Mediterraneo . Nelle sue conclusioni si riconosce apertamente “la tragedia” in atto, ci si impegna a rafforzare i mezzi a disposizione dell’operazione Triton e ad estendere la portata di intervento del-le connesse azioni di pattugliamento e salvataggio. La prioritaria esigenza di tutela del-le vite dei migranti viene strettamente collegata all’intervento contro gli smugglers, i trafficanti e le loro organizzazioni e per confiscare i connessi profitti illeciti; a tal fine, si chiamano le autorità degli stati membri ad interagire non solo con FRONTEX, ma anche con altre agenzie europee di cooperazione giudiziaria rafforzata, quali Europol ed Eurojust. Un approccio dunque sorretto sempre dai motivi umanitari, ma in un quadro integrato di azioni di contrasto delle attività criminali che prosperano intorno al bisogno di mobilità delle genti meno fortunate ed al sistema di ingressi controllati in Europa. Certo, l’ulteriore obiettivo di contrastare le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei migranti, o comunque ne favoriscono l’ingresso irregolare, appare indispensabile per non condannare l’intervento umanitario nei confronti dei naufraghi ad una fatica di Sisifo. L’approccio prospettato dal Consiglio Europeo sulle migrazioni segna però una trasformazione – non si sa quanto consapevole – dell’azione europea di contrasto alle organizzazioni criminali, che passa dal suo ambito tradizionale, da sempre costituito da Giustizia ed affari interni, alla politica di sicurezza esterna, che è ora chiamata ad intervenire per obiettivi comuni all’intervento penale. La precedente distinzione netta fra questi due ambiti dell’azione europea – configurati come il secondo e il terzo pilastro nell’architettura pre-Trattato di Lisbona – non è certo del tutto scomparsa nel testo attuale: tra gli obiettivi dell’Unione si delinea la comprensiva visione di uno spazio comune europeo di sicurezza libertà e giustizia affiancato da misure di controllo delle frontiere esterne e di contrasto della criminalità (art. 3, comma 2, TUE). Per la Azione esterna dell’Unione e la politica estera e di sicurezza comune si mantengono tuttavia disposizioni ad hoc, per di più distinte in un titolo a sé stante (il V), che delineano uno statuto speciale, ad es. in tema di fonti e di controllo giurisdizionale (in particolare, con l’esclusione delle fonti legislative e limitando la competenza della Corte di Giustizia: art. 21, n. 1, comma 2, TUE). Ed è in tale ambito specifico che, a partire dalle conclusioni del Consiglio europeo straordinario sulle migrazioni e in linea con quanto esplicitato nella di poco successi-va Agenda Europea sulle migrazioni , le istituzioni UE hanno da ultimo interpretato il contrasto al traffico dei migranti come un compito di tipo militare. In specie, un’azione sistematica tanto per “identificare, catturare e distruggere i natanti prima che siano usati dai trafficanti” quanto per salvare vite umane è stata affidata ad una operazione militare comune dell’Unione europea nel Mediterraneo centro-meridionale, in cui unità navali delle marine nazionali degli Stati membri sono chiamate ad operare sotto comando italiano (EUNAV for MED). Sin da giugno si è avviato il monitoraggio e la valutazione delle reti di traffico di migranti, ma il programma di interventi prevede due fasi ulteriori, che richiedono anche una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o il consenso dello Stato costiero per abbordare e sequestrare gli scafi sospettati di traffico di migranti .

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