"Noi, figli della strada” testimonianze e avventure di viaggio di Ibn Faḍlān, Ibn Battūta e Fāris Šidyāq  di lucia palianti

"Noi, figli della strada” testimonianze e avventure di viaggio di Ibn Faḍlān, Ibn Battūta e Fāris Šidyāq

Tipologia:

Diploma di laurea

Anno accademico:

2008/2009

Relatore:
Mario Casari
Corso:

Lingue e Civiltà Orientali

Cattedra:

Letteratura araba

Lingua:
Italiano
Pagine:
36
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
1.14 Mb

Descrizione "Noi, figli della strada” testimonianze e avventure di viaggio di Ibn Faḍlān, Ibn Battūta e Fāris Šidyāq

Il viaggio ha sempre rappresentato per gli Arabi una priorità e una necessità: l'arabo è nomade e l'uomo è nomade sulla terra, in passaggio verso l'aldilà. I primi viaggiatori, precursori di quelli di epoca islamica, sono i poeti pagani e cristiani dell'Arabia che oltrepassano i confini del deserto. Poi le carovane della Mecca accolgono tra i viaggiatori Maometto stesso, l'Impero islamico si espande e diventa uno Stato internazionale a lingua e cultura araba. Diverse motivazioni al viaggio portano l'Arabo in ogni angolo della dār al-Islām prima e poi anche nella dār al-Harb. Il motivo principale dei numerosi viaggi è sicuramente l'hağğ alla Mecca, uno dei cinque pilastri dell'Islām; grossa influenza hanno, poi, i viaggi per la raccolta delle tradizioni coraniche all'interno della terra dell'Islām e l'attività commerciale che apre all'Arabo i mercati al di fuori dei confini della sua fede e lo pone in contatto con fedi e lingue diverse che ne stimolano la mentalità cosmopolita. C'è, poi, chi viaggia per propaganda politica, travestito da pellegrino o studioso di scienze religiose o chi si muove per conto del suo sovrano per missioni politiche o diplomatiche, come Ibn Faḍlān. Altro è il viaggio come strumento di acquisizione del sapere, di una buona educazione e di conoscenze altolocate che possano influire sulla futura vita del giovane viaggiatore: Ibn Battūṭa ha ventun anni quando parte e mette fine alle sue avventure quando ne ha quasi cinquanta e si ritira a vita privata dopo aver lasciato i suoi ricordi nella Riḥlah. Dopo una pausa di tre secoli di oscurantismo culturale, l'anima del viaggiatore arabo si risveglia e si volge al mondo occidentale, di cui subisce la superiorità, per trasformarsi e aprirsi al nuovo e per poter competere con esso. Scopre nuovi concetti di libertà e uguaglianza sanciti dalla Rivoluzione francese e si sforza di definirli, perché sono basati su principi sociali e politici alieni agli Arabi. Fāris Šidyāq, Arabo cristiano, è convinto che per uscire dall'oscurità l'Oriente debba avere leggi che si adattano a tempi mutevoli e che non siano strettamente legate al credo religioso. Lo Šidyāq musulmano è conscio che i mali della libertà potrebbero superarne le virtù e che il concetto di uguaglianza potrebbe portare ad anarchia e oppressione. Questi tre "figli della strada” partono in tre secoli diversi e lontani tra loro e sono rappresentativi di tre tendenze di viaggio. Ma, una volta superate le formalità della partenza ed entrati in contatto con l'"altro”, le loro esperienze emotive si assimilano, emerge la vulnerabilità di straniero in Paesi sconosciuti, che accompagna ogni viaggiatore di ogni tempo. Il viaggiatore si trova in un quotidiano che non ha nulla in comune con quello a lui famigliare, la sua storia individuale è assimilata dalla storia generale. Allora tutti gli atteggiamenti individuali sono concepibili: la fuga, la paura ma anche l'intensità dell'esperienza o la rivolta contro i valori stabiliti. Ibn Faḍlān mantiene il rigore e l'obiettività del relatore pur partecipando con curiosità agli avvenimenti ed esprimendo i suoi sentimenti; Ibn Battūṭa ama il contatto con gli uomini anche se la sfera delle sue conoscenze si limita alle relazioni tra musulmani: è la sua autodifesa come reazione all'"altro”. L'irriverente e talvolta scandaloso Fāris Šidyāq, conscio del disprezzo dell'Occidente verso gli Arabi, reagisce a volte con rabbia, a volte con humor e sarcasmo. Ma, al di là delle intrinseche esperienze dei viaggiatori, le tre testimonianze di viaggio rivelano usi, costumi e pensieri dell'"altro” sia a chi non è "figlio della strada” sia a chi, viandante lui stesso, si ritrova a condividere le emozioni delle loro avventure.

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