L'integrazione dei cittadini di Paesi terzi nell'Unione Europea di Ana-maria Veres

L'integrazione dei cittadini di Paesi terzi nell'Unione Europea

Tipologia:

Diploma di laurea

Anno accademico:

2010/2011

Relatore:
Fabio Raspadori
Corso:

Scienze e Tecniche dell'Interculturalità

Cattedra:

Diritto europeo

Lingua:
Italiano
Pagine:
74
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
1.10 Mb

Descrizione L'integrazione dei cittadini di Paesi terzi nell'Unione Europea

Obiettivo del lavoro è descrivere l’evoluzione della politica dell’Unione Europea, atta a favorire processi di valorizzazione e integrazione dei cittadini dei Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio dell’Unione Europea. Tale analisi prende spunto dall’intensa crescita dei flussi migratori verso gli Stati europei con la conseguente partecipazione, sempre più rilevante, degli stranieri di provenienza non europea allo sviluppo economico e sociale dell’Europa. Il tema dell’integrazione si inserisce in quello più ampio relativo alla graduale realizzazione di una politica comune in materia di immigrazione. Nel capitolo 1 si illustrerà l’evoluzione della politica d’immigrazione nell’ambito del diritto dell’UE. I Trattati istitutivi non contenevano specifiche disposizioni relative alla gestione dei flussi migratori verso l’Europa e in generale disciplinavano in modo generico la relativa politica sociale. Nell’ambito di quest’ultimo settore è stata ricondotta la materia migratoria, nella quale si è venuta affermando nel tempo una specifica competenza comunitaria. Si inizierà pertanto ad affrontare l’argomento della progressiva comunitarizzazione della materia oggetto del presente lavoro, accendendo quindi i riflettori sul regime della libera circolazione delle persone nell’Europa, che iniziò a instaurarsi con gli Accordi di Schengen. La relativa Convenzione di applicazione aveva fornito una definizione del termine “straniero”, secondo cui veniva considerato come tale chi non poteva dirsi cittadino di uno Stato membro dell'allora Comunità europea. Tutte le categorie di non-cittadini hanno una propria situazione giuridica, regolata da una specifica normativa. Nell’ordinamento italiano esistono due categorie di stranieri: gli 'altri' “cittadini dell’Unione Europea” e i “cittadini di Paesi terzi”. Come confermato anche dalla Direttiva del Consiglio 2000/43/CE, vi è un'insostenibilità scientifica della divisione dell'umanità in razze etniche; il divieto della discriminazione diretta e indiretta, esteso alle autorità pubbliche e alle persone private, si traduce in misure specifiche che a volte non si trovano nelle Costituzioni nazionali, che si rinvengono invece negli atti adottati dall'UE e nella giurisprudenza. Ecco perché si dedicherà tanta attenzione alle politiche di immigrazione nell'ambito del diritto primario e del diritto derivato dell'UE e alla loro giurisprudenza. Si percorrerà poi il periodo del c.d. Trattato di Maastricht del 1992; appurato il carattere concorrente della competenza settoriale (divisa tra gli Stati membri e l’UE), si arriverà poi al c.d. Trattato di Amsterdam del 1997, quindi al punto cruciale della comunitarizzazione della materia dell'immigrazione e asilo. Ci si soffermerà poi sul Consiglio europeo di Tampere del 1999, monitorando lo stato dell’arte in riferimento alle politiche europee comuni in materia di asilo e immigrazione e analizzandone i progressi a cavallo del millennio, per arrivare al Consiglio europeo di Lisbona del 2000, dove si individueranno alcuni criteri comuni circa l’ammissione e il trattamento dei cittadini di Paesi terzi (d’ora in poi “c.p.t.”). Verrà considerata anche l’attuazione del c.d. Programma dell’Aja; quest’ultimo, insieme al relativo Piano, costituisce il quadro di riferimento essenziale per capire la politica di immigrazione e di asilo dell’UE, della quale più avanti si dispiegherà uno dei suoi più rilevanti aspetti: l’approccio globale in materia di immigrazione. Formeranno oggetto di indagine anche le innovazioni apportate in materia dal Trattato di Lisbona, nonché il c.d. “Programma di Stoccolma” e le novità da questo introdotte circa “lo spazio unico europeo di giustizia e sicurezza”. Infine, la materia in esame è stata riorganizzata nell'ambito del nuovo titolo V del TFUE denominato, appunto, “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia” che l'Unione è chiamata a realizzare “nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti e tradizioni giuridiche degli Stati membri”: precisazione importante questa, data la delicatezza della materia e la sua capacità di incidere sui diritti dell'uomo. In conclusione del primo capitolo si tenterà di cogliere il nesso tra il concetto di integrazione e una nozione, assai innovativa, del fenomeno migratorio ai sensi del diritto dell’Unione Europea. Il riferimento è qui operato alla c.d. “migrazione circolare” che, già a partire dagli anni Novanta, ha riguardato la “dimensione esterna” della politica europea dell’immigrazione. Dopo aver evidenziato un risultato importante della politica comunitaria, l'ampliamento della sfera dei beneficiari della libertà di circolazione nell'UE, si vedrà come le Istituzioni europee hanno effettivamente provveduto a lanciare programmi di finanziamento dedicati specificamente all’integrazione. In tale settore, la dottrina sembra non aver finora approfondito tutti gli aspetti utili a un’analisi specifica di tali programmi.

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