Approccio al migrante con disagio psichico: il nursing culturalmente competente studio epidemiologico sugli accessi dei migranti in alcuni ambulatori di medicina generale della provincia di Modena
- Tipologia:
Tesi di Laurea di primo livello
- Anno accademico:
2008/2009
- Relatore:
- Silvia Ferrari
- Correlatore:
- Niccolò Colombini
- Facoltà:
Medicina e Chirurgia
- Corso:
Infermieristica
- Cattedra:
Psichiatria
- Lingua:
- Italiano
- Pagine:
- 97
- Formato:
- Protezione:
- DRM Adobe
- Dimensione:
- 1.43 Mb
Descrizione Approccio al migrante con disagio psichico: il nursing culturalmente competente studio epidemiologico sugli accessi dei migranti in alcuni ambulatori di medicina generale della provincia di Modena
La tesi che ho sviluppato ha come argomento il disagio psichico del migrante e l'approccio infermieristico a questa tipologia di paziente. La prima parte della tesi (cap. 1) è dedicata alla descrizione della condizione del migrante: si sono messi in relazione migrazione e disagio psichico e di quest'ultimo sono state analizzate alcune tra le sue diverse manifestazioni, come i disturbi psicosomatici e il disturbo post-traumatico da stress. Il corpo centrale della tesi è costituito dalla parte relativa all'infermieristica transculturale (cap. 2), in cui nella prima parte vengono presentate le principali teoriche dell'infermieristica generale e nella seconda quelle, invece, più specifiche riguardanti l'etnonursing, con particolare riferimento alla competenza culturale e alla mediazione culturale quali strumenti che l'infermiere deve utilizzare nel suo lavoro con il paziente straniero. Il rapporto dei migranti con il sistema sanitario nazionale italiano è analizzato nel capitolo 3, nel quale ci si concentra sulla legislazione che regola l'accesso degli stranieri ai servizi sanitari e sulla relazione tra medico – e operatori sanitari in generale – e paziente migrante. I capitoli 4 e 5 sono relativi alla ricerca che è stata condotta sull'accesso dei migranti agli ambulatori di medicina generale: il primo capitolo descrive la ricerca nelle sue componenti, mentre il secondo riporta i risultati ottenuti dall'analisi dei dati ricavati dai questionari. La migrazione è un fenomeno vario e ricco di sfaccettature che lo rendono estremamente complesso ma, al contempo, unico e di grande interesse. Il suo incremento negli ultimi anni ha fatto sì che essa sia diventata argomento di discussioni e dibattiti che spesso l'hanno portata all'attenzione dei media e dell'opinione pubblica, non sempre con note positive. La nostra società sta andando verso una direzione di multietnicità, intendendo con questo termine la presenza di più culture ed etnie in uno stesso Paese o in una stessa città: le persone si muovono, si spostano e viaggiano da un Paese all'altro con estrema facilità, superando confini che metaforicamente, ormai, non hanno più limiti definiti e che rappresentano solo punti di riferimento geografici e legislativi. La migrazione costituisce un forte trauma per chi la vive: la persona che la intraprende si trova a dover lasciare il Paese d'origine, con le sue sicurezze, per avventurarsi in un altro Paese di cui non conosce nulla; tutto questo comporta uno stress psicologico con conseguenti senso d'impotenza, perdita dell'autostima e della fiducia ed emozioni forti che si manifestano come sensazioni somatiche e reazioni comportamentali. Il fattore più rilevante e che racchiude in sé l'essenza del problema è la riuscita del progetto migratorio: si parla, infatti, di "goal striving stress”, condizione di disagio legata allo sforzo per raggiungere un obiettivo e determinata dalla discrepanza tra aspirazioni e situazione reale. Il trauma migratorio è, dunque, un "trauma multidimensionale”, poiché non è limitato soltanto al disagio dell'arrivo nel Paese ospite ma ha inizio nel Paese d'origine del migrante per le diverse difficoltà che questi deve affrontare e per la decisione e la pianificazione del progetto migratorio. Questo trauma si può manifestare attraverso il disagio mentale – con depressione, ansia e la cosiddetta sindrome di Ulisse – i disturbi psicosomatici, più precisamente i disturbi di somatizzazione e con il PTSD, il Post Traumatic Stress Disorder, conseguente all'esperienza di un evento fortemente traumatico. Di fondamentale importanza, quando si parla di trauma migratorio, è considerare quattro importanti variabili: la cultura d'origine della persona, la sua storia personale, il contesto di vita e il percorso migratorio effettuato. Di difficile interpretazione è il tema della salute del migrante, argomento affascinante ma anche critico, complesso e di grande attualità. La salute per il migrante è un valore assolutamente necessario per poter partire e realizzare il progetto migratorio, in quanto essa permette di lavorare, spesso motivazione principale del viaggio. Si parla, quindi, di "effetto migrante sano” per sottolineare il fatto che la persona che decide di partire è giovane e ha una buona salute psicofisica. Occorre, quindi, sfatare il mito delle "malattie da importazione”, secondo cui il migrante è portatore di malattie esotiche per le quali gli autoctoni del Paese ospite non sono immunizzati. Accade il contrario. Il patrimonio di salute del migrante tende a peggiorare col passare del tempo: si definisce "intervallo di benessere” il periodo di tempo che intercorre tra l'arrivo nel Paese e il primo utilizzo dei servizi sanitari. Il migrante è, infatti, soggetto alle cosiddette "malattie da disagio o degrado”, che si manifestano con patologie a carico degli apparati respiratorio, gastrointestinale e osteoarticolare, i cui fattori di rischio principali sono rappresentati dalle precarie condizioni lavorative.