Le discriminazioni fondante sull'orientamento sessuale nel contesto europeo ed italiano di Nicola Bettoni

Le discriminazioni fondante sull'orientamento sessuale nel contesto europeo ed italiano

Tipologia:

Tesi vecchio ordinamento

Anno accademico:

2009/2010

Relatore:
Cristina Alessi
Correlatore:
Fabio Ravelli
Facoltà:

Economia

Corso:

Economia e Commercio

Cattedra:

Diritto internazionale e comunitario del lavoro

Lingua:
Italiano
Pagine:
697
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
4.33 Mb

Descrizione Le discriminazioni fondante sull'orientamento sessuale nel contesto europeo ed italiano

Il presente lavoro vuole fornire un quadro il più possibile organico e completo con specifico riferimento ad una questione che assume rilevanza e attualità sempre maggiori, vale a dire le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Tali discriminazioni presentano una particolarità rispetto a quelle basate sui fattori di rischio più “tradizionali”, e cioè, la non visibilità di tale fattore di discriminazione. Infatti, con riferimento all’orientamento sessuale va osservato come alcuni lo considerino non canonico perché non condiviso dalle regole sociali, altri affermino che si tratti di una questione di buon gusto, altri ancora citano le norme morali, bibliche o di un qualsiasi mondo religioso, che vieta le pratiche sessuali “contro natura”. Tuttavia, è evidente che simili argomenti sono privi di un qualsiasi senso logico e sono esclusivamente frutto di ignoranza e di paura della “diversità”. E’ profondamente ingiusto, oltre che contrario a qualsiasi principio democratico codificato dalla società contemporanea, consentire ad omofobi, integralisti e superficiali di discriminare uomini e donne in relazione al loro orientamento sessuale. Chiunque potrebbe comprendere il trauma continuo di chi deve rinnegare il proprio autentico sentire per omologarsi alle aspettative altrui; chiunque dovrebbe rendersi conto delle sofferenze di chi si sente estraneo alla propria famiglia, giudicato sul lavoro o osservato in pubblico. Questo, però, può avvenire esclusivamente se quel chiunque è in grado di liberarsi dall’ipocrisia o dalla prigione salvifica di una qualsiasi morale; inoltre se quel chiunque cominciasse a pensare a quanti sopportano il segreto di un’assurda vergogna, a quanti possono prospettare solo parziali progetti di coppia e, più in genere, alle frustrazioni che devono sopportare le persone glbti, allora dovrebbe veramente agire e fare di tutto affinché la legge adempia al suo compito di cercare di eliminare le differenze, di rispettare l’identità di ciascuno e di creare, dunque, un ordine sociale. Per quanto riguarda l’ambito del lavoro, è certo che il 28 agosto 2003 resta un giorno significativo per la storia legislativa del nostro paese, infatti, per la prima volta il d. Lgs. 216, attuativo della direttiva 2000/78/ce, ha introdotto nel nostro ordinamento delle previsioni giuridiche che vietano espressamente la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale. Deve, comunque, far riflettere il fatto che soltanto l’adempimento ad un obbligo comunitario ha indotto il nostro legislatore a introdurre una protezione che già da molto tempo faceva pare del corpus giuridico di diversi paesi europei ed occidentali, e ancora sul fatto che il riconoscimento dei diritti di cittadinanza non sia stato avvertito come un dovere etico di uno stato libero, laico e democratico, come dovrebbe essere il nostro, che non può né consentire né tanto meno tollerare disparità di trattamento nei confronti dei suoi cittadini basate su un retaggio culturale e sociale derivante dal pregiudizio e dal moralismo bigotto. In Italia, la condizione delle persone omosessuali attraversa fasi alterne e – pur non costituendo più un tabù, un tema di cui discutere con sdegno e imbarazzo – è ancora troppo spesso coperta da silenzi, pregiudizi e stereotipi, che fanno sì che le persone glbti continuino a vivere e affrontare situazioni di discriminazione. Situazioni che la nostra costituzione apparentemente nega come possibili, ma che in concreto il diritto legittima; addirittura, a volte, è la stessa legge a rappresentare lo strumento discriminatorio. Pertanto, se da un lato non si considera più l’omosessualità come una malattia e non si discute più se sia “naturale” o meno, dall’altro la nostra legge fatica a tutelare la “minoranza” non eterosessuale. Ciò comporta che gli omosessuali devono ancora subire oggi norme codificate che rendono difficile e complessa la loro integrazione nella società; leggi fortemente stratificate che condizionano la loro vita nei luoghi di lavoro e nelle loro case. E questo perché? Perché il nostro paese, per quanto costituzionalmente laico, è saldamente ancorato ai fortissimi e tradizionali valori cattolici, i quali fanno si che siano proprio gli omosessuali – una volta condannati con severità dalla chiesa cattolica – a risentire di tali condizionamenti. A ciò va poi aggiunto l’atteggiamento oscurantista e populista di buona parte delle forze politiche, sia di destra che di sinistra, che vedono nella diversità un pericolo anziché una risorsa, che preferiscono lo stato ideologico a quello laico, e che conseguentemente considerano la libertà nelle scelte di vita, e in particolar modo nelle scelte sessuali, un pericolo ad un’idea del tutto tradizionale di società e dei suoi valori. Considerazioni che nascono, dunque, dalla grettezza di chi non li apprezza come persone, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.

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