La grande crisi: analogie e criticità rispetto alla crisi del 1929
- Tipologia:
Tesi di Laurea di secondo livello / magistrale
- Anno accademico:
2008/2009
- Relatore:
- Luigi Campiglio
- Università:
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
- Facoltà:
Economia
- Corso:
Economia e Finanza
- Cattedra:
Politica economica I e II
- Lingua:
- Italiano
- Pagine:
- 254
- Formato:
- Protezione:
- DRM Adobe
- Dimensione:
- 7.32 Mb
Descrizione La grande crisi: analogie e criticità rispetto alla crisi del 1929
Le caratteristiche peculiari dell'economia statunitense degli ultimi decenni del '900 risiedono nella rivoluzione microelettronica e della globalizzazione giunte a maturità negli anni '90, anticipate e spinte dalla rivoluzione liberale dei primi anni '80. Grazie alla svolta reganiana e monetarista l'economia USA fu soggetta a una rapida deregolazione e a un'accelerazione nell'apertura all'estero. Postulando un minore intervento dello stato nell'economia e affidandosi alla capacità dei mercati di autoregolamentarsi, il pensiero neoliberista si tradusse in una spinta liberalizzazione internazionale comportando l'abbattimento dei controlli dei flussi di capitali e smantellando le normative e la regolamentazione sugli strumenti e sui mercati finanziari. Brender e Pisany hanno evidenziato come la congiuntura positiva e il declino dei prezzi registrati dall'economia americana non fossero l'esito di un capitalismo 'puro' di libero mercato, ma il risultato della politica monetaria condotta da Greenspan, con particolare successo dopo il 1995. Negli ultimi decenni, in assenza di gravi tensioni inflazionistiche, le politiche monetarie erano rimaste a lungo espansive comportando una forte crescita degli aggregati monetari e creditizi e una generalizzata riduzione dei premi per il rischio. L'economia mondiale era entrata in una fase nuova, la "grande moderazione” caratterizzata da una crescita sostenuta e priva di significative oscillazioni. Nei quattro anni precedenti l'estate del 2007 le condizioni macro-finanziarie apparivano, in superficie, molto favorevoli. L'economia mondiale cresceva vigorosamente, l'inflazione era moderata, la liquidità nei mercati dei capitali era abbondante e il settore finanziario offriva rendimenti notevoli. In questo contesto l'innovazione progrediva rapidamente: si pensi alle cartolarizzazioni. Le banche riconfezionavano i prestiti, soprattutto i mutui ipotecari, per poi rivenderli, liberando così capitali da destinare a nuovi prestiti e distribuendo il rischio tra molteplici operatori. In questo quadro economico l'economia e il sistema finanziario mondiali stavano accumulando squilibri significativi a vari livelli. In particolare l'esuberanza dei prezzi degli immobili e dell'attività di cartolarizzazione aveva agevolato una crescita smisurata del credito. In aggiunta mentre alcuni paesi (Giappone e Cina) risparmiavano in misura eccessiva, altri (Usa e Europa orientale) si indebitavano per finanziare consumi e investimenti. Questi andamenti non erano sostenibili e sarebbe bastata una scintilla per innescare forti turbolenze nei mercati finanziari mondiali. Tutto era pronto per la valanga. Cosa che poi si è verificata nel mercato statunitense dei mutui ipotecari. L'aumento delle inadempienze e delle procedure esecutive immobiliari (foreclosure) ha messo in luce l'esuberanza del mercato degli immobili residenziali, causando il brusco arresto del mercato dei mutui di qualità non primaria, i cosiddetti subprime. I mercati delle cartolarizzazioni si sono paralizzati, le banche hanno dovuto ritrasferire attività dalle società veicolo ai propri bilanci e ha iniziato a sgretolarsi la fiducia nei mercati finanziari. Secondo gli economisti del FMI, i primi a fare un paragone sistematico e puntuale fra il 1929 e il 2008, le due crisi sono uniche nel loro genere e sono straordinariamente simili per cause, profondità ed effetti. Nel WEO 2009, gli economisti del FMI spiegano che le due crisi sono ambedue esplose al centro dell‟ economia mondiale, nascono da una tempesta finanziaria e hanno un impatto globale. L'innesco, nel 1929 e nel 2008, è identico: la rapida espansione del credito e la creazione di nuovi prodotti finanziari hanno portato ad un indebitamento troppo facile, che ha reso il sistema vulnerabile a improvvisi rovesci. In entrambi i casi, si è pagato un eccesso di ingegnosità degli uomini della finanza. Il 2008 è stato il boom dei mutui immobiliari e dei crediti impacchettati. Il 1929 non fu da meno: boom degli acquisti a rate, finanzieri che compravano in borsa a credito, dando come garanzia gli stessi titoli che compravano. Sia allora, che oggi, la finanza si è trovata in crisi di liquidità e di finanziamento. Dopo il 1929, la finanza sperimentò una contrazione di fondi, perché la gente corse in massa a ritirare dalle banche i depositi, su cui si reggeva la costruzione del credito. Anche questa volta, secondo gli economisti del fondo, l'assalto agli sportelli c'è stato, anche se non è avvenuto per strada, grazie all‟ assicurazione sui depositi dei correntisti, ma nell'ombra discreta degli uffici e dei terminali dei computer. Perché, oggi, il castello del credito si regge, grazie al sistema finanziario ombra, sugli investimenti in titoli e crediti degli stessi istituti. Gli effetti, raccontano gli economisti del FMI, sono identici: le banche vendono a prezzi più contenuti i titoli in cassaforte e chiedono ai debitori di restituire i prestiti, prestando a loro volta sempre meno.