Confronti tra Italia e Giappone durante la restaurazione Meiji (1868-1912): A. Fontanesi - V. Ragusa - E. Chiossone di Federica Mafodda

Confronti tra Italia e Giappone durante la restaurazione Meiji (1868-1912): A. Fontanesi - V. Ragusa - E. Chiossone

Tipologia:

Tesi di Laurea di primo livello

Anno accademico:

2009/2010

Relatore:
Elena Di raddo
Correlatore:
Francesco Tedeschi
Facoltà:

Lettere

Corso:

Lettere moderne

Cattedra:

storia dell'arte contemporanea

Lingua:
Italiano
Pagine:
110
Formato:
Pdf
Protezione:
DRM Adobe
Dimensione:
27.18 Mb

Descrizione Confronti tra Italia e Giappone durante la restaurazione Meiji (1868-1912): A. Fontanesi - V. Ragusa - E. Chiossone

E’ noto e conosciuto il periodo di infatuazione collettiva che ha avuto l’europa per l’arte giapponese alla fine dell’ottocento: l’immaginario artistico comune riconduce il Giappone a quelle stampe in cui il mondo nipponico appare etereo, poetico, fatto di geishe e paesaggi nitidi. Tuttavia in pochi conoscono il fenomeno opposto: la sete di conoscenza e di contatti con l’europa che hanno caratterizzato il periodo della restaurazione Meiji. Ancor meno conosciuto è l’apporto fondamentale che hanno dato personalità italiane allo sviluppo artistico giapponese. E’ straordinario osservare l’esperienza di antonio fontanesi, Vincenzo Ragusa e Edoardo Chiossone e trovare in essi una tale curiosità intellettuale. Tre uomini distanti per formazione e provenienza, eppure così affini per spirito di osservazione, hanno lasciato un’impronta profonda nella storia giapponese, a loro volta toccati dalle modalità di espressione artistica nipponica. Nonostante il loro oggettivo contributo e la concretezza delle loro esperienze ho avuto difficoltà nel reperire del materiale che li riguardasse. Fontanesi è morto poco dopo l’esperienza giapponese, giudicata dalla maggior parte dei critici una parentesi sterile dal punto di vista del percorso artistico dell’ormai anziano pittore. La maggior parte delle opere di ragusa appartenenti al periodo giapponese sono state donate dalla moglie Eleonora, al secolo O’tama, all’università statale di Tō kyō. Inoltre, l’esperienza contrastata dell’istituto d’arte palermitano è stata troppo breve per avere delle testimonianze numerose e concrete. Chiossone ha trascorso molti anni in Giappone, dopo la partenza non ha più fatto ritorno in Italia e dai documenti che abbiamo, sappiamo che non ha volontariamente lasciato delle testimonianze della sua esperienza giapponese, la sua intenzione era che fossero le sue azioni a raccontarla. Purtroppo l’operato di Chiossone è rimasto per molto tempo occultato anche dagli stessi critici giapponesi, a causa del nazionalismo imperante che attraversò il paese del sol levante fino al secondo dopoguerra. Un profilo soddisfacente del periodo e dei tre artisti analizzati. La restaurazione meiji determina forti cambiamenti in Giappone. Un paese che fino a quel momento aveva fatto della chiusura e della tradizione un punto di forza, decide di entrare nella competizione economica e di supremazia con le altri grandi potenze mondiali. Per raggiungere questo obiettivo stabilisce di affrontare il tutto in maniera accademica: comprende infatti che per battere un avversario è necessario prima studiarlo da vicino. Ciò sfocia in un periodo di indagine e di confronto con le maggiori potenze straniere in ogni ambito, dalla guerra all’economia per giungere alla cultura, e in particolar modo, all’arte. Il confronto artistico avviene con la nazione considerata maggiormente rappresentativa in questo campo: l’Italia. La conoscenza dell’arte occidentale viene quindi veicolata dal nostro paese e, in particolar modo, da tre personaggi, Antonio Fontanesi, Vincenzo Ragusa e Edoardo Chiossone, i quali lasceranno un’impronta ben visibile del loro contributo. Inizialmente il Giappone affronta l’apprendimento dell’arte occidentale in maniera tecnica e quasi scientifica, considerando la conoscenza dell’arte unicamente come un mezzo per un fine: ad esempio la prospettiva per la topografia e lo studio del corpo umano per l’anatomia. La considerazione che il nuovo establishment del governo Meiji ha dell’arte tradizionale giapponese è bassa, al punto da considerarla quasi come un peso che àncora il paese al passato e non gli permette di entrare in competizione con il mondo. Ciò sfocia in un atteggiamento di abbandono del patrimonio artistico giapponese, il quale verrà nuovamente rivalutato e tutelato grazie al movimento tradizionalista capeggiato da Earnest Fenollosa, un americano che avrà nei confronti dell’arte orientale un attaccamento in controtendenza al periodo. L’approccio strettamente pragmatico imposto dagli organi di governo si scontra immediatamente con la curiosità e la volontà degli artisti nipponici di entrare in contatto con un nuovo modo di concepire l’arte. Essi dimostrano sin da subito che il terreno è abbastanza fertile da accogliere i semi sparsi con cura e devozione dai tre artisti italiani. L’esperienza di Fontanesi appare significativa nel dimostrare come anche l’animo di un artista ormai affermato e non più in giovane età, possa rivelarsi aperto nel raccogliere gli stimoli di un popolo distante, il quale ha la capacità di fornirgli nuova linfa anche al tramonto della vita. Il giovane Ragusa, pieno di vitalità e dal carattere caparbio, apprezza a tal punto l’atmosfera di scambio culturale della scuola d’arte nel quale viene chiamato ad insegnare, da volerla riprodurre nella sua amata palermo, nonostante gli ostacoli finanziari e di chiusura mentale. Egli, pur essendo stato intellettualmente astuto da comprendere le tendenze filo nipponiche che si respiravano in europa, non po

€ 16.00
Download immediato
servizio Prenota Ritiri su tesi Confronti tra Italia e Giappone durante la restaurazione Meiji (1868-1912): A. Fontanesi - V. Ragusa - E. Chiossone
Prenota e ritira
Scegli il punto di consegna e ritira quando vuoi

Recensioni degli utenti

e condividi la tua opinione con gli altri utenti