Storie e linguaggi
- Editore:
libreriauniversitaria.it edizioni
- Data di Pubblicazione:
- 14 febbraio 2024
- EAN:
1242173423098
- Pagine:
- 382
- Formato:
- Protezione:
- DRM Adobe
- Dimensione:
- 1.44 Mb
Contenuti
Editoriale
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Articoli
L’intervento elenca alcuni aspetti essenziali da tenere presenti per un futuro commento dell’Orlando furioso: 1) il diverso approccio di Ariosto nei confronti delle fonti e dei modelli (i romanzi antico-francesi, i classici e l’Inamoramento de Orlando di Boiardo) e 2) il loro peso all'interno del singolo episodio; infine, 3) la risemantizzazione di elementi tematici o formali della tradizione romanza rispetto a quella classica e l’uso che Boiardo ne fa.
In assenza di documenti che attestino di quali volumi fosse composta la biblioteca di Ariosto, una loro sopravvivenza o una loro effettiva riconoscibilità, l’articolo tenta di ricostruire il quadro culturale della circolazione dei libri che potrebbero essere giunti nelle mani del poeta. Si è pertanto individuato quali tipi di stampe di autori classici e moderni fossero vendute nelle botteghe dei cartolai ferraresi tra la fine del Quattrocento e il primo trentennio del Cinquecento. Inoltre, si è cercato di indicare a quali opere Ariosto potesse accedere grazie al prestito di amici come Alberto Pio da Carpi o Celio Calcagnini o attraverso la consultazione della biblioteca della corte estense e di quella della Cattedrale o, ancora, della biblioteca dei Gonzaga a Mantova. Inoltre, sono state almeno individuate le edizioni a cui Ariosto molto probabilmente ricorreva per alcuni autori (ad esempio, le aldine di Dante e Petrarca, il Mambriano, ecc.), pur senza la possibilità di identificarne gli esemplari effettivamente posseduti. Infine, l’articolo è corredato da un’appendice che riporta informazioni dettagliate su stampe e manoscritti che circolavano a Ferrara all’epoca di Ariosto o a cui il poeta avrebbe potuto accedere.
L’articolo segue le tracce di Virgilio attraverso la struttura narrativa del Furioso, rendendo conto dei meccanismi messi in atto da Ariosto per integrare la materia epica nella trama romanzesca. In particolare, l’analisi prende avvio dal racconto della battaglia di Parigi (canti XIV-XIX) e descrive l’inserimento dell’imitazione virgiliana nell’entrelacement, l’ibridazione di diverse fonti classiche e il loro adattamento all’ideologia e alla materia del poema. Nel portare poi lo sguardo sull’intera opera, viene notato un legame tra i riferimenti a Virgilio e la morte di diversi personaggi.
L’incipit del Furioso presuppone una fitta tessitura interdiscorsiva e intertestuale. Piuttosto che compilare un regesto delle possibili fonti e modelli, con il rischio di risultare al contempo incompleto e ridondante, questo contributo punta a definirne invece la sostanza tematica e retorica a partire dalla cultura letteraria soggiacente, in particolare galloromanza. L’analisi di un qualsiasi incipit solleva un numero di questioni, tre delle quali sono qui affrontate più estesamente: (1) origini e fortuna del binomio “armi e amori” nei testi galloromanzi; (2) la sua ricorrenza nelle aree liminari dei testi, autoriali, metaletterarie, del testo o del paratesto; (3) i modelli più diretti dell’Ariosto.
L’articolo indica alcune possibili direzioni di ricerca all’interno del già indagatissimo tema dell’intertestualità ariostesca in rapporto a Dante. In primo luogo, sarà possibile riflettere sulle scelte operate da Ariosto nell’ottica della ricezione dantesca in atto da parte dei contemporanei e per mezzo di Ariosto stesso. In secondo luogo, pare importante argomentare sulla funzione del riuso di Dante nel Furioso. Infine, particolari considerazioni potrebbero scaturire dall’esame delle fonti materiali dantesche su cui lavorava Ariosto: i paratesti e i testimoni, infatti, condizionano la lezione e l’interpretazione del testo.
Il saggio si sofferma sui principali lavori critici pubblicati dagli anni Sessanta del Novecento fino a oggi riguardo alle connessioni intertestuali tra le opere di Ariosto (e in particolare il Furioso) e la Commedia dantesca. L’attenzione dei critici si è dapprima soffermata sul riuso del lessico dantesco da parte di Ariosto (hapax, rime e serie di rime, fino a emistichi o a versi quasi interi in sequenza, perlopiù ricontestualizzati o sapientemente modifcati). Maria Cristina Cabani ha definito parodico questo adattamento, giustificandolo con la necessità, da parte di Ariosto, di scegliere un registro narrativo distinto da quello di Dante. Per approfondire l’indagine sul rapporto intertestuale tra Furioso e Commedia è necessario cercare nuovi metodi: questo lavoro getta le basi per una ricognizione sulle microstrutture del testo, basata sui principi della linguistica testuale. Viene fornito un elenco dei versi inizianti per e e ma nel campione del I canto del Furioso: la struttura è infatti largamente usata da Dante (e da Ariosto) per scopi narrativi e prosodici. Segue un’analisi automatica tra il Furioso, la Liberata e due testi secenteschi, Il mondo nuovo di Stigliani e Il conquisto di Granata di Graziani. Tali statistiche mostrano che, contrariamente all’opinione comune, i narratori in versi del Seicento non sono meri imitatori di Tasso, ma tematicamente ritornano spesso alle parole chiave di Ariosto. E in filigrana compare anche Dante.
Il saggio indaga le influenze del Mambriano del Cieco da Ferrara sull’Orlando furioso. In primo luogo, queste vengono raccolte (facendo riferimento alla bibliografia precedente: essenzialmente Rajna e Segre) in una tabella, integrata con alcuni dettagli; poi vengono discusse le principali: l’incipit del poema ariostesco, l’episodio dell’isola di Alcina e l’episodio del castello di Atlante, sovrapponendo osservazioni sul motivo, sulla retorica e sui dettagli linguistici. Si è poi indagato anche su un peculiare trattamento del tema del labirinto (e dello spazio). Il fine è stato quello di individuare alcune costanti nel modo in cui il Mambriano viene ripreso dall’Ariosto.
L'obiettivo dell'articolo è quello di valutare le possibili influenze delle novelle quattrocentesche sull'Orlando furioso di Ariosto. Dopo una panoramica sugli sviluppi di questo genere letterario nel Quattrocento, si delinea il corpus testuale preso in considerazione per questa indagine. Si tratta del Novellino di Masuccio Salernitano e delle Porretane di Sabadino degli Arienti, le due principali raccolte autoriali che circolavano alla corte estense di Ferrara. Successivamente, la discussione si sposta a riflettere su cosa si possa definire "novella" all'interno del poema ariostesco, soprattutto alla luce dei cambiamenti avvenuti in questo genere letterario dopo Boccaccio. Infine, vengono proposti diversi parallelismi narrativi e tematici tra gli episodi dell'Orlando furioso e le novelle del XV secolo, evidenziando la necessità di considerare anche questo retroterra letterario per un nuovo commento del poema.
Sono stati molti gli studi che, anche in anni recenti, hanno indagato le influenze della poesia lirica?nell’Orlando?furioso, riflettendo talora sulle dinamiche di ibridazione fra generi, in altri casi, più nello specifico, sul rapporto di Ariosto con il sistema ideologico dei Rerum vulgarium fragmenta. Meno studiato è stato invece il contributo della poesia petrarchista coeva, anche per le difficoltà nel vagliarne l’entità distinguendolo da quello del modello petrarchesco. L’articolo imposta una prima indagine sul tema e suggerisce alcune linee di ricerca, invitando a considerare la possibile influenza di schemi retorici e formule tematiche che sembrano tipiche del petrarchismo quattro-cinquecentesco,?nella sua declinazione amorosa ma anche morale. In conclusione ci si interroga su come il così aggiornato quadro delle fonti potrebbe riaprire, arricchendolo con nuovi spunti di riflessione, il dibattito critico sull’ironia ariostesca.
L’attenzione e il successo immediato che il Furioso registrò presso i lettori e i critici è testimoniato anche dai commenti dei suoi contemporanei.
Oggetto privilegiato dell’analisi e dell’osservazioni di tali commentatori furono quelle che con un termine ottocentesco chiameremmo ‘fonti del Furioso’ e che erano rubricate, invece, sotto il termine eloquente di imitationi. Secondo il principio aureo dell’imitatio, la grandezza di Ariosto e della sua opera sarebbe stata attestata dalla raffinata ripresa di modelli classici (Virgilio e Ovidio, in primo luogo).
In un panorama ricco ma per tanti versi omogeneo, spiccano le Osservationi del signor Alberto Lavezuola sopra il Furioso, che accompagnano l’edizione del poema impressa da Francesco de Franceschi nel 1584. Il commento di Lavezola si allontana da quelli dei suoi predecessori e riserva particolare attenzione all’Ariosto lettore ed estimatore dei classici volgari (Dante e Boccaccio, in primis).
L’intervento intende dunque offrire un’analisi della prassi di commento del Lavezola, concentrandosi su quella che egli stesso definisce l’«imitatione del Boccaccio». Molti dei rimandi intertestuali suggeriti dal Lavezola contribuiscono, infatti, a mettere a fuoco un’ulteriore tessera della variegata memoria poetica di Ariosto e aggiungono nuovi elementi per comprendere le sue straordinarie doti di lettore e ‘imitatore’ di antichi e moderni.
Il contributo analizza la presenza dell'Orlando furioso di Ariosto nel primo dizionario dei simboli del Rinascimento, i Commentaria Symbolica di Antonio Ricciardi (Venezia, 1591). Ricciardi attinge a un gran numero di fonti, ma l'Orlando furioso di Ariosto è il poema in volgare in assoluto più citato: si ritiene pertanto che l'Orlando furioso di Ariosto fosse particolarmente adatto a essere incluso tra le fonti di Ricciardi sui simboli proprio per l’allegorizzazione abituale a cui era sottoposto nelle edizioni a stampa di fine del Cinquecento. Infatti, Ricciardi fa spesso riferimento alle allegorie di Valvassori, e occasionalmente anche a quelle di Dolce. Infine, i riferimenti espliciti all'Ariosto in un'opera così enciclopedica indicano la sua autorità e il suo prestigio come classico moderno da tempo canonizzato
Il presente lavoro è incentrato sull'esame dei commenti all'"Orlando furioso" (1532) di Ariosto, pubblicati negli ultimi centocinquant'anni. Si sofferma sullo sviluppo delle note di commento, in rapporto con la critica letteraria dalla fine dell'Ottocento a tutto il Novecento. Analizza dapprima le edizioni di fine Ottocento e poi considera l'effetto del pensiero di Benedetto Croce su quelle dell'inizio del Novecento. Infine, concentra l'attenzione sui commenti della seconda metà del secolo scorso, evidenziando le caratteristiche più importanti delle principali edizioni, come quelle di Caretti (1954), Ceserani (1962), Segre (1964) ed Emilio Bigi (1982), in modo da definire gli orientamenti esegetici di questi importanti studi.
Tra i numerosi manoscritti della collezione Fry, conservati nella biblioteca dell'Università del Wisconsin a Madison, c'è un "Libro Mastro" di mano di ser Costantino da Castelnuovo di Garfagnana. Il libro registra le entrate e le uscite del dominio degli Este in Garfagnana e copre un periodo di oltre sei anni (dall'ultimo trimestre del 1524 all'ultimo trimestre, compreso, del 1530). Tre sono i commissari generali coinvolti il cui governo è trattato nel volume: Ludovico Ariosto, Cesare Cattani e Agostino Bellencino. Il libro mastro è quindi un documento estremamente importante, non solo perché rappresenta un pezzo di storia della Garfagnana, ma anche e soprattutto perché tocca gli ultimi otto mesi del commissariato di Ludovico Ariosto.