Racconto dalla spiaggia del tempo

Henning Mankell ci ha lasciato un altro libro che segna la sua doppia identità: quella svedese e quella africana. Dalla spiaggia del tempo arriva postumo alla sua morte, dopo una quantità infinita di libri, storie teatrali, romanzi per bambini e la fortunata serie del commissario Wallander. Qui però non ci sono casi da risolvere o il freddo nord di Stoccolma in cui spesso Mankell ha ambientato le sue storie, ma c’è l’origine e il perché del mondo che, per lo scrittore, risiedono in Africa, nella sua bellezza, nel suo mistero e nella sua assoluta naturalezza. Un uomo africano estremamente vecchio siede vicino ad una sedia e racconta la storia della sua vita e della sua famiglia, il perché le cose accadono e come, a lui, sono accadute. Dalla spiaggia del tempo è una storia di libertà e schiavitù perché sono due caratteristiche che legano indissolubilmente il continente Africa e lo denotano in tutte le sue forme più variabili. L’uomo vecchio ci racconta della sua infanzia, della madre e della sua famiglia composta da tantissime persone, dell’arrivo dei bianchi che giunsero a togliere la libertà e, in un certo senso, a negarla per sempre. Sullo sfondo di questa storia c’è un vecchio pianoforte abbandonato in un porto che fa da colonna sonora senza note e senza voce a questa storia straordinaria che è soprattutto il ritratto di un popolo e di un’anima pura, forte, vorace e silenziosa come quella africana. Dalla spiaggia del tempo di Mankell riporta a galla invece la radice dello scrittore trapiantata in Mozambico e che lo segnò per sempre.