I sogni di un digiunatore e altre instabili visioni

L’italiano Giovanni Succi è uno di quei digiunatori di mestiere, che hanno fatto del digiuno una professione, uno spettacolo da portare in giro nelle fiere e nei circhi. Il personaggio è realmente esistito. Nel novembre del 1886 a Parigi, Succi, incentivato dal fatto che ci sono 15.000 franchi in palio, digiuna per trenta giorni. Ma il suo record viene oscurato da un altro giovane italiano “artista della fame” al quale Franz Kafka sembra si sia ispirato per scrivere il suo racconto “Un artista del digiuno”. Anche tutte le altre storie di cui si narra in questo libro sono in apparenza bislacche, improbabili, visionarie: quella della guerra tra i seguaci di Darwin e quelli di Lamarck, durante la quale viene distrutta una fabbrica di giraffe di peluche; Sigmund Freud che finisce sul lettino dello psicanalista; in altre Albani ipotizza che un polpo con tre cuori e con velleità letterarie possa scrivere storie romantiche strappalacrime, o racconta di quel giovane che sta per sposarsi con un’extraterrestre e intraprende un viaggio low cost per Marte o del tale che per tutta la vita è stato perseguitato dal successo… Storie di una comicità surreale, a volte involontaria, brevi, brevissime, acidule, sulfuree, che in realtà, a modo loro, riflettono le paure, le contraddizioni, le aspettative della nostra incerta quotidianità; è il motivo per cui abbiamo l’impressione che questi scorci, reali e paradossali allo stesso tempo, riguardino ognuno di noi molto da vicino. I diversi punti di vista che raccontano le storie appaiono come riflessi di una visione instabile, fugace. Alludono forse alla precarietà del nostro percepire il mondo, un mondo dove tutto cambia di continuo e in fretta mentre noi abbiamo, sempre più confusamente, l’impressione di essere sempre gli stessi.