
Libro Ruggine americana di Philipp Meyer
Trama libro
A Buell, in Pennsylvania, il sogno americano prende la ruggine accanto alle fabbriche chiuse e alle acciaierie dimesse. Il lavoro che se ne va lascia dietro di sé una comunità in cui la fine del sogno di una nazione si ripete, ogni giorno, nei sogni infranti dei suoi abitanti. Come quelli di Isaac English: vent'anni, timido, insicuro, ha il cervello di un genio ma il college rimane un sogno da quando la madre si è suicidata e lui, qualche tempo dopo, ha tentato di imitarla. Sarebbe morto se non l'avesse salvato Billy Poe. Billy, da parte sua, non è molto sveglio, ma in compenso è grande e grosso: a scuola era un campione di football tanto da guadagnarsi una borsa di studio per l'università. Andarsene avrebbe significato stare alla larga dai guai ma ad abbandonare sua madre e la baracca in cui vivono non ce l'ha proprio fatta. Poi un giorno, dopo anni passati ad accudire il padre invalido, Isaac decide di scappare di casa e partire per la California. Appena fuori città si imbatte nell'amico Billy e quando scoppia un temporale decidono di ripararsi in un capannone abbandonato: l'incontro con tre senzatetto darà inizio a un'imprevedibile catena di eventi che segneranno per sempre le vite di Isaac, Billy e degli altri personaggi.
Recensioni degli utenti
Ottimo - 30 aprile 2012
L'ho preso, attratto da quella fascetta che diceva fosse stato scelto tra i migliori 20 romanzi dell'anno. Letto tutto d'un fiato al termine non ho potuto fare alrto che essere d'accordo con la scritta sulla fascetta. Parte benissimo, continua ottimamente nella parte centrale ma poi, verso la fine, ho avvertito un leggero calo che mi impedisce di premiarlo con le 5 stelle
Ruggine americana - 13 febbraio 2011
Il libro di Meyer è molto bello. Meyer è stato inserto nella rosa dei miglori 20 scrittori americani under 40. E questo libro è stato segnlato come miglior libro dell'anno (2009) da non so più quante testate giornalistche. Però io cinque stelle non le scucio, ecco. Perché parte bene, si adagia, decolla, diventa straordinario e poi cede; soprattutto non finisce all'altezza di se stesso e questo è un gran peccato. Questa America desolata, arrugginita, quasi post-bellica, ricorda per certi versi "Glister", un altro bellissimo romanzo su ferite, crescita, perdita e rimpianti. Non so cosa mi trattenga dal dare il voto massimo, perché questo è certamente un libro sopra la media, ma oramai ho imparato a fidarmi del mio istinto e il mio istinto mi dice che qualcosa non torna.