Quando san Marco approdò a Venezia. Il culto dell'Evangelista ed il miracolo politico della Repubblica di Venezia di Reinhard Lebe edito da Il Veltro

Quando san Marco approdò a Venezia. Il culto dell'Evangelista ed il miracolo politico della Repubblica di Venezia

Editore:

Il Veltro

Traduttore:
Tosti L.
Data di Pubblicazione:
1981
EAN:

9788885015128

ISBN:

8885015123

Pagine:
288
Argomento:
Storia culturale e sociale
Acquistabile con la

Descrizione Quando san Marco approdò a Venezia. Il culto dell'Evangelista ed il miracolo politico della Repubblica di Venezia

L'Evangelista Marco non mise mai piede a Venezia. Ma il fatto che i suoi resti mortali fossero venuti a Venezia per esercitarvi una signoria patronale di portata nazionale, fu d'ausilio sempre più efficace ai Veneziani per attingere la loro quasi incomparabile autocoscienza di entità politica e comunitaria. Venezia intese se stessa come l'eletta comunità dell'Apostolo, e i suoi capitani di commercio avviarono una missione di San Marco di natura peculiarissima: lo fecero piantando lo stendardo di San Marco su nuovi mercati, con geniale intraprendenza, con ardito spirito pionieristico e con quella devozione da mercanti che non lasciava cadere nessuna occasione per acquisire altre reliquie e rafforzare il credito della Repubblica.

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5 di 5 su 1 recensione

RECENSIONEDi T. FRANCO-12 agosto 2008

Marco, l'Evangelista, non mise mai piede a Venezia da vivo; infatti nel primo secolo dell'era cristiana,Venezia non c'era ancora. Che dire, allora, del titolo di questo libro - edito in Germania dalla Wolfgang Krüger Verlag di Francoforte - che almeno quanto al senso letterale, Reinhard Lebe,storico e saggista tedesco, è costretto a correggere fin dalle prime righe? Non può certo giustificarlo una leggenda messa accortamente in giro dai Veneziani nel Duecento, quella secondo cui nel corso di un viaggio missionario alla volta di Aquileia l'Evangelista avrebbe messo piede nell'isola di Rialto, a quel tempo ancora deserta, ma gravida d'iavvenire. E nemmeno la famosa "Traslatio Sancti Marci" dell'828, cioè il trafugamento di una reliquia di San Marco o, se si vuole, d'uno scheletro che si ritenne o si affermò essere i resti mortali del Santo, che furono trasportati da Alessandria d'Egitto a Venezia. Tutto cominciò con questo furto di reliquie, risultato tanto fecondo politicamente, che diede al santo una postuma cittadinanza veneziana. Ma il titolo vuol intendere qualcosa di più: questo libro vuol narrare la storia del culto di San Marco a Venezia, il progressivo prender corpo di una vera e propria ideologia imperiale dello Stato di San Marco. Vuol essere un tentativo di tratteggiare la stupefacente iterazione che si produsse fra il rapido sviluppo economico-politico di Venezia e il fiorire sempre più rigoglioso del culto statale di San Marco. L'Evangelista Marco non mise mai piede a Venezia. Ma il fatto che i suoi resti mortali fossero venuti a Venezia per esercitarvi una signoria patronale di portata nazionale, fu d'ausilio sempre più efficace ai Veneziani per attingere la loro quasi incomparabile autocoscienza di entità politica e comunitaria. Venezia intese se stessa come l'eletta comunità dell'Apostolo, e i suoi capitani di commercio avviarono una missione di San Marco di natura peculiarissima: lo fecero piantando lo stendardo di San Marco su nuovi mercati, con straordinaria, geniale intraprendenza, con ardito spirito pionieristico e con quella originale devozione da mercanti che non lasciava cadere nessuna occasione per acquisire altre reliquie e rafforzare il credito della Repubblica. «Quando San Marco approdò a Venezia», quando cioè vi si radicò e vi assunse il ruolo di patrono dello Stato, la Repubblica cominciò la sua ascesa verso la posizione di signora dei mari e dei mercati, di potenza mediterranea di livello mondiale. Per i Veneziani non aveva importanza il messaggio evangelico, quel che contava per essi era il rango apostolico, storico-ecclesiale, dell'uomo i cui resti mortali ritenevano di possedere, il carisma che proveniva dal suo nome. Come Venezia abbia messo a frutto questo capitale: ecco l'argomento del libro. Ma il ruolo sorprendente che ebbe il culto politico di San Marco, nella storia della straordinaria affermazione della Serenissima, è un argomento che non è stato trattato a fondo da quasi nessuno storico di Venezia. Quello di Reinhard Lebe è dunque un contributo inteso a far comprendere quale sia stata la peculiarità di uno Stato che, grazie al «miracolo» del suo assetto politico, fu uno dei più splendidi della storia europea. Poiché il culto del patrono, da quella creazione medievale che era, è legato in particolare misura al processo storico grazie a cui Venezia assurse a grande potenza commerciale e quindi a potenza dominante nel bacino mediterraneo. La trattazione verte sulle fasi prima e media della storia veneziana, per poi tratteggiare solo sommariamente la successiva, quella della decadenza. Il culto di San Marco divenne un'ideologia dell'espansionismo, che si dissolse nell'atteggiamento difensivo assunto da Venezia agli albori dell'epoca moderna. Tuttavia un tardo strascico della devozione veneziana per San Marco può essere illustrato da questo episodio: allorché, nel 1848, mezzo secolo dopo l'estinzione dell'antico Stato, si ebbe in Venezia una sollevazione contro la dominazione austriaca, il rivoluzionario Daniele Manin tentò dapprima di mobilitare i suoi veneziani con queste parole d'ordine: «Viva la libertà» e «Viva l'Italia». Invano. Solo quando fece ricorso al millenario grido di guerra, all'antico motto di Venezia, «Viva San Marco» egli riuscì a suscitare una fervida eco nella folla. Franco Tagliarini