Qualcosa in cui credere. Ritrovare la fiducia e superare l'angoscia del tempo presente di Carlo M. Martini edito da Piemme

Qualcosa in cui credere. Ritrovare la fiducia e superare l'angoscia del tempo presente

Editore:

Piemme

Data di Pubblicazione:
28 settembre 2010
EAN:

9788856615463

ISBN:

8856615460

Pagine:
160
Formato:
rilegato
Argomenti:
Letture bibliche, selezioni e meditazioni, Bibbia
Disponibile anche in E-Book
Acquistabile con la

Descrizione Qualcosa in cui credere. Ritrovare la fiducia e superare l'angoscia del tempo presente

Se si guarda con disincanto alle sfide dell'età contemporanea, ci si rende conto di come l'uomo si trovi di fronte a un mosaico fatto di inquietanti interrogativi sul futuro, sul senso della vita, sul destino del mondo. In questo scenario, è difficile non cadere in preda all'angoscia, all'incertezza e allo smarrimento. In questo scenario si muove il cardinal Martini, con la consueta saggezza che gli viene dalla profonda conoscenza del testo biblico. Ecco il suo insegnamento: occorre riandare alle parole del Gesù dei Vangeli, riscoprendo la Verità che rende l'uomo libero e realizzato, sapendo che attraverso la croce di ogni giorno si giunge alla resurrezione e alla serenità già su questa terra. In queste pagine, capaci di emozionare e coinvolgere, si snoda un itinerario spirituale che permette all'uomo contemporaneo di trovare la forza inferiore per andare oltre il muro dell'angoscia.

Fuori catalogo - Non ordinabile
€ 15.00

Recensioni degli utenti

e condividi la tua opinione con gli altri utenti
4 di 5 su 2 recensioni

Qualcosa in cui credere.Di F. Maria-6 luglio 2011

Brevi apologhi sparsi senza un filo ocnduttore, ma l'autore ha una scrittura chiara, ha l'animo del divulgatore e ha una conoscenza dell'antico e del nuovo testamento come pochi altri al mondo. Memorabile la critica spietata che un paio d'anni fa fece al libro di Ratzinger di cui rilevò l'infondatezza delle tesi rispetto ai testi biblici. Ne nacque una polemica che costrinse alcuni studiosi cattolici ad arrampicarsi sui vetri per rendere compatibili le posizioni dell'uno e dell'altro. Non dimenticherò mai una serata divertentissima (per il satanasso che alberga in me) alla Ambrosiana a Milano dove "seguaci" del papa e dell'arcivescovo venivano pascolati dal prefetto della veneranda istituzione affinché cogliessero gli inesistenti punti di contatto tra le loro divergenti affermazioni. Martini fornisce una dotta ed esaustiva dissertazione sulla attendibilità dei vangeli, ma le spiegazioni non risolvono il dubbio se gli evangelisti abbiano alla fine sfruttato tutti la stessa fonte e se questa fosse realmente oggettiva, credibile. Bisognerebbe spostare il focus della ricerca dall'archeologia alla psicologia sociale o alle scienze cognitive: quanto e come una notizia si propaga, quali distorsioni subisce, quale credito ha sulla base del percorso che segue, ecc. Insomma, i miei dubbi sul fatto che i vangeli si possano prendere per buoni rimangono tutti. Molto più interessante l'ultima parte del libro che rivolge domande direttamente al lettore sulla fede o la non fede, sull'interrogarsi sul proprio esistere forse col proposito di voler mettere più in crisi il credente dell'ateo. Martini non è molto indulgente verso la fede senza domande, senza percorso interiore, la fede per abitudine, l'abitudine che si è formata col catechismo in giovane età. Con buona pace del papa tedesco o polacco che sia.

Qualcosa in cui credereDi r. Giuseppe-15 febbraio 2011

Questo libro l'ho preso in prestito in biblioteca. Si tratta della riedizione di un libro pubblicato nel 1993. E' diviso in brevi sezioni e non c'è continuità tra esse se non nell'argomento generale. In alcuni casi sono riflessioni dell'ex arcivescovo di Milano, in altri i suoi interventi alla cattedra dei non credenti. Martini ha una scrittura chiara, ha l'animo del divulgatore e ha una conoscenza dell'antico e del nuovo testamento come pochi altri al mondo. Memorabile la critica spietata che un paio d'anni fa fece al libro di Ratzinger di cui rilevò l'infondatezza delle tesi rispetto ai testi biblici. Ne nacque una polemica che costrinse alcuni studiosi cattolici ad arrampicarsi sui vetri per rendere compatibili le posizioni dell'uno e dell'altro. Non dimenticherò mai una serata divertentissima (per il satanasso che alberga in me) alla Ambrosiana a Milano dove "seguaci" del papa e dell'arcivescovo venivano pascolati dal prefetto della veneranda istituzione affinché cogliessero gli inesistenti punti di contatto tra le loro divergenti affermazioni. Martini fornisce una dotta ed esaustiva dissertazione sulla attendibilità dei vangeli, ma le spiegazioni non risolvono il dubbio se gli evangelisti abbiano alla fine sfruttato tutti la stessa fonte e se questa fosse realmente oggettiva, credibile. Bisognerebbe spostare il focus della ricerca dall'archeologia alla psicologia sociale o alle scienze cognitive: quanto e come una notizia si propaga, quali distorsioni subisce, quale credito ha sulla base del percorso che segue, ecc. Insomma, i miei dubbi sul fatto che i vangeli si possano prendere per buoni rimangono tutti. Molto più interessante l'ultima parte del libro che rivolge domande direttamente al lettore sulla fede o la non fede, sull'interrogarsi sul proprio esistere forse col proposito di voler mettere più in crisi il credente dell'ateo. Martini non è molto indulgente verso la fede senza domande, senza percorso interiore, la fede per abitudine, l'abitudine che si è formata col catechismo in giovane età. Con buona pace del papa tedesco o polacco che sia.