Prima esecuzione di Domenico Starnone edito da Feltrinelli
Alta reperibilità

Prima esecuzione

Editore:

Feltrinelli

Data di Pubblicazione:
1 Maggio 2009
EAN:

9788807721229

ISBN:

8807721228

Pagine:
142
Formato:
brossura
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Trama Prima esecuzione

Domenico Stasi è un anziano ex insegnante, uomo colto, sollecito, impegnato e di apparente pacatezza. Quando apprende che Nina, una sua antica allieva, è indagata per partecipazione a banda armata, decide di incontrarla per essere rassicurato della sua innocenza. Ma Nina si proclama colpevole e affida a Stasi un incarico delicato: dovrà recarsi in un appartamento abbandonato, cercare una copia della "Morte di Virgilio" di Hermann Broch, trascrivere una frase sottolineata a pagina 46 e farla avere a un non meglio precisato "contatto". Con leggerezza, quasi per gioco, Stasi esegue gli ordini. Non si tratta affatto di un gioco. Stasi viene convocato dalla polizia, che segue ogni sua mossa; il contatto non si accontenta del messaggio e gli fa recapitare una pistola con la quale dovrà sparare a un importante bersaglio... Un meccanismo inesorabile si è messo in moto. Ma è realmente così? Chi è, realmente, il professor Stasi? È un assassino? È una vittima? È un innocuo zimbello?

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4 di 5 su 1 recensione

Prima esecuzioneDi T. Paola-28 Luglio 2011

Sono molto ocntenta di aver potuto rileggere un libro del prof. Starnone, anche se non è quello che si dice un fuoriclasse. C'è sempre, quando si scrive, la scelta del modo di porgere dell'autore: dall'autore "assente" che racconta e si mette vicino al lettore, ignorando cosa succederà nel futuro del romanzo all'autore "onnisciente" che sa, accenna, si pone un po' al di fuori ed al di sopra, giocando con il lettore, a volte spiazzandolo, e spesso utilizzando la prima persona. E tutta la gamma che va tra i due estremi. Qui, viene utilizzata una tecnica trasversale. Si entra e si esce dal racconto romanzo. Ne si narra lo scrivere, si ritorna a volte a ritroso, facendo realmente un work-in-progress tra la lettura e la scrittura. Questo non da forma compiuta al prodotto finale "racconto", ma lo dà al prodotto "romanzo". Perché poi, più che le domande e le risposte che l'autore darebbe se si ponesse "in modo tradizionale", qui in fondo sono interessanti le domande che nascono dal tessuto della narrazione. E le risposte sono altrettanto interessanti, ma queste le lascio a chi sarà preso dalla curiosità di leggere. Detto questo "plus", c'è senza meno qualche punto meno intenso (per me) : alcune digressioni su momenti di vita, su di un alterco in autobus, che forse potrebbe avere una chiave, ma su cui ci si torna con stanca intensità. Ed altri momenti minori. Andando avanti in questa trama ondivaga, veniamo allora ai punti che più mi hanno fatto riflettere. Il protagonista del racconto è un insegnante, direi intellettualmente onesto, che ha attraversato, dalla cattedra anni intensi ('68, '77, ad altri) , ponendo il suo lavoro per far crescere generazioni e generazioni. Ad un certo punto (per una serie di combinazioni che non narriamo) si trova di fronte una sua ex-alunna forse vicina alle BR, un suo ex-alunno ispettore di polizia, un suo ex-collega forse passato in clandestinità. E sono questi gli elementi che scatenano le domande: quanto si influisce sugli altri da docenti? Fino a dove arriva la responsabilità? Giusto reprimere moti di rabbia se vanno "oltre le righe"? E quali sono queste righe? Il tutto andando su e giù per la pagina, e per il tempo, con momenti che ci fanno fare balzi indietro e sulle sedie. Quando si poteva decidere di portare una borsa a qualcuno senza sapere cosa c'era dentro. Quando qualcuno parlava di "compagni che sbagliano". E qualcuno, altrettanto onestamente, parlava dei poliziotti di Valle Giulia dalla parte anche dei poliziotti. Ecco, queste domande, più che la storia in sé, più che i risvolti, più che i colpi finali, sono quelli che più mi hanno colpito. Mi tornano sempre in mente le immagini del carcere, delle persone dentro e di quelle fuori, e di quanto labile ed a volte indecifrabile ne sia il confine. E tu che sai, tu che elargisci conoscenza, come fai ad essere distaccato? Come fai a non pensare quanto il tuo modo di dire può influenzare. Facile per gli outsider come me pensare, ora, che c'è una specie di scivolamento tra il sapere e la sua espressione. Io narro la mia realtà, e non ho interesse né a colorarla né ad imporla. Tu che la senti prendine quello che più ti serve. Ma se questo è vero tra persone "formate", cosa succede se chi ascolta è anche "affascinato" dal tuo ruolo (quando non da te come persona) ? Mi sa che qui si potrebbe aprire veramente un bel contraddittorio (meglio di discussione, no, che Moretti ci ha troppo traviato sul termine "dibattito" per poterlo usare senza sussulti) . E quindi, alla fine, bravo Domenico a farsi e farci tutte queste